Che infinito sentimento di vergogna dovremmo provare, noi svergognati spettatori dell’offensiva contro l’atomica iraniana. Dovremmo aiutare e affiancare gli israeliani. E invece siamo impudenti, lenti, esitanti, pacifisti accucciati nel benessere
Quindi Israele deve fare tutto da solo. Il governo, i riservisti, l’opposizione, i cittadini, gli allarmi, l’intelligence, gli aviatori: europei e americani per adesso stanno a guardare, magari danno una mano nella difesa, vorrei vedere, ma non si spingono oltre. Vedi mai che una coalizione di willing riesca ad abbattere i mullah di Teheran, a distruggere definitivamente la minaccia nucleare che al di là di Israele ci riguarda tutti. Meglio preoccuparsi del prezzo del petrolio in rialzo, dell’inflazione, meglio predicare la necessità della via diplomatica, ma quale?, meglio che la parata, la grande parata, si faccia nella porta delle economie abbondanti. A colpire il regime del terrore ci pensino gli israeliani. Noi conviviamo da quasi mezzo secolo con gli autocrati che arrestano, bastonano, torturano e impiccano quelli del loro popolo che hanno deciso, donne sopra tutto, ma anche giovani e gente del bazar, di resistergli. Noi mettiamo le sanzioni che aggiriamo, facciamo accordi eleganti, harvardiani, destinati da Obama in poi a essere disattesi, come ha certificato perfino una agenzia delle oscene Nazioni Unite. Per il resto deleghiamo eroismo e sovranità a un piccolo paese di pochi milioni di ebrei che ci riserviamo di qualificare come genocida e terrorista, a seconda della volubile sensibilità della folla che freme per le vittime civili di una guerra di difesa nazionale provocata dai mullah e dai loro proxy, ma guai a mollare la linea del cessate il fuoco, anche prima che gli ostaggi siano rilasciati dai loro aguzzini.
Che infinito sentimento di vergogna dovremmo provare, noi svergognati spettatori dell’offensiva contro l’atomica iraniana e per il regime change a Teheran. Invece siamo impudenti, lenti, esitanti, accucciati nel benessere e in una presunta lontananza dallo scenario di guerra, siamo pacifisti e siamo gente di buona coscienza umanitaria, informiamo blandamente le opinioni pubbliche, ma sarebbe incendiario prendersela davvero con quelli che arricchiscono o arricchivano l’uranio per costruire la bomba da sganciare su Israele e per riequilibrare a vantaggio del fanatismo islamista, e contro le democrazie occidentali, la bilancia del terrore. La solitudine di Israele è il rivolto del suo isolamento, ma è un atto di autoaccusa dei pigri, degli ignavi, dei lestofanti, noi, noi tutti, che cercano di dipingere uno stato-guarnigione coraggioso e un popolo che non ha altra prospettiva che l’annegamento in mare, spinto dal trionfo auspicato della causa palestinese in veste Hamas, o il gas nucleare e la contaminazione procurata dai maestri del terrore, al di fuori di una eroica autodifesa. Sono quelli che bombardano, che spiano, che si infiltrano, che rischiano, che fanno la guerra alla guerra, e dovrebbero essere riconosciuti come i portabandiera delle libertà in Medio Oriente mentre vengono spacciati per genocidi e mentre la linea divisoria, morale e storica, della Shoah viene ogni giorno cancellata da diplomazie e opinioni pubbliche che meriterebbero una cura nucleare iraniana diretta, incisiva. Se questa cura non ci sarà, sarà dovuto agli israeliani, all’unico paese minacciato di genocidio, che ne ha già subito uno nell’indifferenza dei molti, e ora dice mai più. Dovremmo aiutarli, armarli più di quanto non facciamo, affiancarli e distruggere quel loro nemico che è anche il nostro nemico. E se non ora, quando?