Pinotti: “Il riarmo è necessario. Anche la sinistra se vuole governare deve essere chiara”

L’ex ministro della Difesa fa i calcoli: per salire al 3,5 per cento di spesa in dieci anni, serviranno 4 miliardi per ognugna delle prossime 10 manovre. Nel 2014, per arrivare al 2 entro dieci anni ne “bastavano” 1,3. E al Pd ricorda: “Il secondo governo Prodi cadde anche sulla politica di difesa, sulla quale nel programma elettorale si era tenuti toni vaghi per tenere dentro tutti”.

“Non c’è dubbio che purtroppo il contesto nel quale si svolgerà il prossimo vertice Nato tra dieci giorni sia questo: l’aumento delle spese militari sarà necessario. Spero lo capiscano sia i partiti di governo, sia quelli di opposizione”. Roberta Pinotti, ex ministro della Difesa del Pd, guarda a quello che succede a pochi passi dall’Europa con grande preoccupazione. “Non c’è – dice – solo la guerra in Ucraina che continua, ma anche la situazione in medio oriente che precipita. Arrivando alla Casa Bianca, Donald Trump aveva promesso la pace ovunque. Purtroppo la sensazione è che le cose, in Ucraina come a Gaza e in medio oriente, siano invece peggiorate: non esiste più un luogo dove i conflitti possano trovare una compensazione, la voce delle Nazioni unite è sempre più debole”. E più la situazione si fa critica e più la necessità di un riarmo europeo diventa concreta.


Era proprio Pinotti, ormai più di dieci anni fa, a guidare il ministero della Difesa quando, nel 2014, fu firmato a Cardiff, in Galles, l’impegno di tutti i paesi Nato ad arrivare entro dieci anni al 2 per cento del pil in spesa per la difesa. In Ucraina era scoppiata la rivolta di piazza Maidan, la Russia aveva appena occupato e annesso la Crimea, in Donbass erano cominciati gli scontri tra separatisti filorussi e ucraini. Insomma, si preparava lo scenario che, otto anni più tardi, avrebbe portato all’invasione di Vladimir Putin e alla guerra. Nonostante tutto questo, l’obiettivo del 2 per cento di spesa l’Italia lo ha raggiunto, con un anno di ritardo, solo poche settimane fa. E solo grazie a un trucco contabile. Eppure, calcoliamo insieme all’ex ministra, per mettere quello 0,8 per cento in più, permettendo all’Italia di passare dall’1,17 al 2 per cento, spalmando questo aumento su dieci anni, al nostro paese sarebbe bastato aggiungere ogni anno in legge di bilancio 1,3 miliardi. Dice Pinotti: “Eravamo all’1,2 per cento, e il bilancio era di 20 miliardi, dunque significava aumentare la spesa di circa 13 miliardi in dieci anni, che significa circa 1,3 miliardi l’anno”.

Adesso per arrivare all’obiettivo che sarà fissato al vertice Nato dell’Aia, il 3,5 per cento (più un 1,5 per investimenti dual use) in dieci anni – il tempo desiderato dall’Italia e richiesto anche due giorni fa da Giorgia Meloni al segretario dell’Alleanza atlantica Mark Rutte, mentre i paesi dell’est spingono per soli cinque anni – di miliardi ne serviranno 4 in ognuna delle prossime dieci leggi di bilancio. Un’impresa davvero complessa. “E’ molto, molto complicato”, riconosce l’ex ministro. “Il problema – prosegue confermando quanto gli americani rinfacciano all’Europa – è che negli anni passati la Difesa veniva considerata una sorta di bancomat per finanziare tutte le altre voci di spesa. Era come se il tema della sicurezza e della difesa non esistesse”. E adesso dunque come fare? “La condizione del nostro bilancio pubblico e il grande debito che ci portiamo dietro non consentono grandi spazi di manovra e ci sono tante altre esigenze. Su tutto la questione sanitaria. Non sarà semplice”.

Anche per questo l’ex ministra riserva una critica ai piani che stanno emergendo: “Purtroppo con il piano di riarmo europeo si rischia di privilegiare i piani nazionali. Sarebbe stato più intelligente e meno pericoloso per i nostri conti pubblici sostenere la strada che era stata indicata anche dal rapporto Draghi: finanziare un riarmo comune attraverso l’emissione di eurobond”. Non è accaduto. Il suo ex partito, il Pd, cosa dovrebbe fare? “Premesso che non do consigli a nessuno, capisco che l’idea di spendere di più per la difesa sia molto impopolare. E però con gli Stati Uniti che promettono in modo ultimativo di non pagare più per la nostra sicurezza è chiaro che investire maggiori risorse sia necessario. E da questo punto di vista, sarebbe importante che tutte le forze politiche fossero consapevoli che anche le spese per la difesa sono necessarie per lo stato, trasmettendo in modo condiviso questa idea aiuterebbero anche la maturazione dell’opinione pubblica. Ma sia a sinistra, sia a destra purtroppo non sento toni unitari su questo”.

Pensa che dopo il vertice i partiti lo capiranno? “Non lo so”, risponde Pinotti. “Credo che l’interesse dell’Italia sia continuare a provare a spingere sull’ipotesi di Eurobond, ma in caso di accordi internazionali dovremmo rispettarli. Quando si ambisce a governare occorre sempre ricordarsi che nei momenti di campagna elettorale le politiche internazionali sembrano sullo sfondo, ma quando poi si arriva al governo diventano subito centrali e senza chiarezza non si va avanti. Ricordo che la fine del secondo governo Prodi ha tra le sue cause anche la questione dell’Afghanistan. Ricordo anche altrettanto bene che, nel programma elettorale, si scelse di mantenere sulle politiche di difesa una formulazione vaga che consentisse di tenere tutti insieme. Non andò bene”.

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