Nei lanci di Aldegheri c’è il sogno olimpico

Ventiquattro anni il prossimo settembre, ma è già entrato nella storia dello sport italiano diventando il primo lanciatore nato e cresciuto in Italia a debuttare nella Mlb, il maggior campionato di baseball statunitense

Ci sono quelle domeniche passate nel cortile sotto casa. Lui e Mattia, suo fratello maggiore, a lanciare la pallina dalle cuciture rosse mentre papà cercava di fare il ricevitore. Sorride Samuel, ventiquattro anni il prossimo settembre, mentre ripensa ai suoi primissimi momenti con il baseball: “È il ricordo a cui sono più affezionato. Ci penso ancora spesso, anche perché accadeva di frequente. Lanciavamo per ore. Poi, crescendo, diciamo che la velocità della pallina era diventata un po’ pericolosa per lo spazio del cortile”. Da quei pomeriggi con papà e Mattia, la pallina ha raggiunto i 145 km/h, il cortile di casa ha lasciato spazio ai vari diamanti, come è chiamato il campo da gioco di baseball, degli Stati Uniti, e Samuel Aldegheri è entrato nella storia dello sport italiano diventando il primo lanciatore nato e cresciuto in Italia a debuttare nella Mlb, il maggior campionato di baseball statunitense.

Come succede spesso, l’incontro con questo sport nacque un po’ per caso. Il fratello maggiore aveva iniziato a giocare con il figlio di un’amica di famiglia, e il piccolissimo Samuel li seguiva: “I miei primi ricordi sono di quando accompagnavo Mattia agli allenamenti. Io tiravo la palla contro il muro, ma mi divertivo proprio”. L’idea iniziale era quella di diventare un calciatore, come papà, ma all’età di circa quattro anni un allenatore di San Martino Buon Albergo, paese alle porte di Verona, lo guardò e gli disse “Perché non provi il baseball?”. Da lì l’inizio di un percorso fatto di tanti tasselli e lavoro duro. Gli albori proprio nelle giovanili del San Martino, squadra che gli ha permesso di crescere e di portarlo poi in Serie B con la Dynos Verona B.S e successivamente con il Verona Baseball e il Parma in Serie A. Lo sguardo però era sempre rivolto oltre l’oceano atlantico: “Ci ho sempre creduto. Dicevo a mamma, che magari all’inizio mi spingeva anche a pensare a altro, che tanto io avrei giocato a baseball”. E non era il solo: “L’unico che veramente mi ha sempre sostenuto e ha creduto in me è stato mio fratello Mattia”. La conferma arrivò nel 2019 con la firma del primo contratto con i Philadelphia Phillies. Soggiorno americano che non durò molto a causa della pandemia e alcuni infortuni al gomito: “Non giocai fino al 2023. All’inizio ero un po’ spaventato, non sai mai come si esce da un periodo di stop. Invece partii molto bene e continuai così per l’intera stagione”. È proprio in quel momento che la mente di Samuel torna alle tre lettere più importanti del baseball americano, Mlb, la lega più alta in assoluto: “Non so come, non so quando, però sono sicuro che un giorno ci arriverò. Dicevo questo a tutti. Era diventata una vera e propria ossessione”.

Ci sono giornate che cambiano il corso della vita di una persona. A volte anche solo in modo simbolico. Giornate che vedono i sogni e gli obiettivi per i quali si è lavorato tanto farsi sempre più vicini. Tangibili. È il 29 agosto 2024, Samuel si trova in Alabama, dove gioca con i Rocket City Trash Pandas, squadra della lega minore di baseball, affiliata al club di Major dei Los Angeles Angels.

La mattina ecco la chiamata del coach: “Corsi subito al campo perché pensavo di essere nei guai. Invece quando entrai nel suo ufficio mi disse: “Ho due notizie, la prima è che lanci domani; la seconda è che lo fai a Los Angeles”. In quel momento panico totale”. Due ore dopo è già sull’aereo che lo porta nella città californiana, in attesa della partita più importante della sua vita fino a quel momento. “Andai al campo abbastanza presto, anche per conoscere i compagni e l’allenatore, era la prima volta che ci giocavo insieme”. Ed era la prima volta che vedeva l’Angel Stadium of Anaheim: “Uno stadio enorme, c’erano più di trentamila persone, mai vista una cosa del genere da giocatore”. Un errore difensivo durante la prima parte della partita gli costa un paio di punti: “Ero parecchio agitato, anche perché non me lo aspettavo proprio di essere chiamato così presto in prima squadra. Al di là di come sia finita la partita sono contento di quel debutto perché dopo poco sono riuscito comunque a tirare bene”. E anche perché, come le prime parole che disse alla famiglia che lo raggiunse da quasi diecimila chilometri di distanza: “Ce l’ho fatta!”.

Punti di arrivo e di partenza che spesso si sovrappongono: “Ora l’obiettivo maggiore è essere fisso in prima squadra”. E indossare la casacca azzurra: “A marzo 2026 ci sarà il Mondiale e poi, se ci fosse la possibilità per i professionisti, il baseball è diventato sport olimpico a Los Angeles 2028…”. Senza mai dimenticare da dove è partito. Perché in fondo, di quel bimbo che lanciava al campo di San Martino Buon Albergo insieme al fratello: “È rimasto tutto”.

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