La premier riunisce un gabinetto di crisi. Nella nota non cita il diritto di Israele a difendersi, ma punta sulla soluzione diplomatica. Così la crisi cambia l’agenda del G7
Israele ha diritto a difendersi, ma va evitata un’escalation del conflitto. Gli italiani in Iran al momento non corrono rischi, i soldati italiani impegnati in Libano e in Iraq per ora non si muovono. È la linea del governo al termine di una giornata lunga e convulsa. Giorgia Meloni, prima di partire per il G7 in Canada, riunisce in remoto i vice Antonio Tajani e Matteo Salvini, i ministri della Difesa Guido Crosetto, dell’Interno Matteo Piantedosi, dell’Economia Giancarlo Giorgetti, i sottosegretari Alfredo Mantovano e Giovanbattista Fazzolari e i vertici dell’intelligence. Le dichiarazioni di Donald Trump sull’iniziativa di Tel Aviv nei confronti dell’Iran spingono l’Italia a una scelta. La premier ancora una volta si trova in mezzo tra gli Usa e l’Europa. Non a caso dopo la riunione di governo sente al telefono il presidente americano, il cancelliere tedesco Merz e la presidente della commissione Ue Ursula von der Leyen.
Prima che Meloni riunisca il gabinetto di crisi attivo ormai in maniera permanente, i venti di guerra piombano e travolgono la politica italiana. Tajani ammette che l’Italia non era stata informata dell’attacco e che “pensavo che Israele desse un’altra possibilità all’Iran”. I nostri servizi segreti esterni avevano messo in conto questo scenario.
Oggi Tajani parlerà davanti alle commissioni Esteri, Camera e Senato, riunite. Intanto la stampa di Teheran fa circolare una telefonata del ministro degli Esteri con il suo omologo iraniano Araqchi da cui emergerebbe una “forte disapprovazione dell’offensiva”. Le opposizioni polemizzano anche sulla mancata chiamata dell’Italia nel vertice Francia-Germania-Gran Bretagna, ma la risposta è semplice: Roma da anni, se non da decenni, è fuori dai formati diplomatici che riguardano l’Iran e il nucleare. Ecco perché la premier si muove in maniera diretta, attiva una serie di bilaterali al telefono in attesa fra un giorno di incontrare Trump e Merz, ma anche Macron in Canada. Un vertice destinato a cambiare radicalmente, mettendo in secondo piano la crisi di Gaza e ancora di più la guerra in Ucraina.
La nota ufficiale del vertice italiano è piena di interessanti sfumature che raccontano la complessità della posizione di Meloni. Nel comunicato ufficiale non viene mai citato Israele, ma al contrario si fa un appello “al pieno sostegno ai negoziati tra Stati Uniti e Iran per un accordo sul programma nucleare iraniano, come testimoniato dalle due tornate negoziali ospitate a Roma, e sottolineato come una soluzione diplomatica debba restare l’obiettivo prioritario”.
Certo la nota, che fa fede nella diplomazia, mette in evidenza “i rapporti dell’Aiea che hanno trovato l’Iran in violazione dei suoi obblighi secondo il trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari”. Tuttavia la premier durante la riunione, con al suo fianco Fazzolari, ripete che non bisogna “esasperare” i rapporti con l’Iran. Il vertice ha anche un altro punto di caduta: riguarda la situazione in Libia e i possibili scenari in movimento, come spiega il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Il titolare del Viminale dice che al momento non ci sono allarmi particolari in Italia, tuttavia l’Antiterrorismo è più che attivato. Intanto il Viminale fa sapere che è stata rafforzata la sicurezza al ghetto di Roma e in tutti gli obiettivi sensibili. Ancora una volta la nettezza delle parole di Salvini sull’Iran sbattono con la cautela della premier. Tajani invece pensa che Israele abbia scelto la finestra di opportunità per colpire il programma nucleare iraniano mentre Hamas è in crisi, Hezbollah è in ginocchio, la Siria non è più una provincia iranaina. Scenario in movimento.