Ma incombono anche le elezioni nelle Marche, l’allargamento al centro e la crisi in Medio Oriente
Ripartire, ripartire bene dopo aver raccolto i cocci del bicchiere mezzo pieno dei “14 milioni di voti” presi al referendum che intanto ha fatto flop — più dei voti ottenuti da Giorgia Meloni nel 2022, così diceva Elly Schlein. Ripartire a sinistra, da segretaria del Pd in carica, mentre si moltiplicano le voci sotterranee di congresso anticipato e i movimenti al centro, quelli auscultati dal guru dem Goffredo Bettini (che su Facebook sottolineava la necessità di creare un soggetto politico capace di “raccogliere le forze liberali”). Ripartire da Elly Schlein, ma al quadrato, anzi al cubo, facendosi una e trina: ed ecco che, ieri, la segretaria dem, al congresso dei Giovani industriali in quel di Rapallo, a domanda del conduttore David Parenzo sulle magnifiche sorti e progressive dell’opposizione, rispondeva che, per unire il centrosinistra, “non ci vuole l’intelligenza artificiale, ma la pazienza umana e la testardaggine unitaria, e quella la possiamo garantire”. E, in un momento in cui il problema è allargare (altro che 14 milioni di voti), Schlein rassicurava gli astanti con toni da terza via: “Potete fare conto su un rapporto di confronto franco con il Pd. Noi siamo all’opposizione di questo governo, vogliamo costruire un’alternativa e quando riusciremo a tornare al governo non ci metteremo a piazzare bandierine ideologiche solo per cambiare i nomi delle misure e dire che sono le nostre, come è successo con Industria 4.0. Se torneremo noi, sapremo cogliere ciò che di buono ha fatto il governo precedente”. Non solo: Schlein prometteva di convocare i ceti produttivi non “dopo che le scelte sono state fatte”, ma di voler provare “a costruire insieme prima, tenendo conto del punto di vista delle imprese”. E dunque la Elly Schlein numero uno della fase di ripartenza parlava di investimenti comuni europei, politica industriale e addirittura di un piano di difesa comune: “I padri fondatori hanno creduto che l’Europa debba integrarsi anche sulla difesa”, diceva: “Non ci convince il riarmo nazionale dell’armatevi e partite. Serve un esercito comune europeo. Quello che mi preoccupa è la mancanza di ambizione dell’Europa. Noi vogliamo che il coraggio avuto nella scorsa legislatura con il Next Generation Ue ci sia anche oggi. Vedremo che cosa faranno il governo tedesco e quello francese. Avanti con chi ci sta”. E insomma, per paradosso, se uno avesse ascoltato con gli occhi bendati il discorso fatto ai giovani industriali sulla concordia preventiva in caso di ritorno al governo, quasi quasi non avrebbe riconosciuto, nel lessico, la segretaria del Pd (che sui temi del lavoro, soltanto una settimana fa, era più simile che mai al segretario della Cgil Maurizio Landini). E però la Schlein versione numero due della fase di ripartenza deve occuparsi anche di mobilia, sotto forma di elezioni regionali nelle Marche. Elezioni imminenti (dopo l’estate). E dunque eccola rassicurare il candidato, europarlamentare ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: “Caro Matteo”, scriveva Schlein, “un grande in bocca al lupo da parte mia e di tutto il Partito democratico per l’apertura del tuo comitato elettorale ad Ancona, e per l’inizio della tua campagna elettorale. Le Marche hanno bisogno di un cambiamento: e tu, come nostro candidato, puoi rappresentare quel cambio di passo che i marchigiani attendono”. C’era spazio anche per il campo largo, possibilmente larghissimo, con ricorso al cavallo di battaglia della Schlein prima maniera, la sanità: “Insieme ai nostri alleati di coalizione”, diceva la segretaria, “sono certa che riusciremo a battere Francesco Acquaroli, il principale responsabile del pessimo stato in cui versa la sanità marchigiana, sanità pubblica che, invece, è una priorità per il nostro partito. I cittadini meritano di meglio: una Regione che finalmente rimetta al centro i diritti delle persone, lo sviluppo del territorio e un nuovo patto sociale”. Ma era anche il giorno dell’attacco di Benjamin Netanyahu all’Iran, e per questo serviva, in diretta al Tg3, la terza Schlein della versione “ripartenza”, quella che mandava a dire alla premier “di non schiacciarsi su Trump. “L’attacco di Netanyahu”, diceva Schlein, “rischia di portare il conflitto a delle conseguenze devastanti e globali e di far saltare completamente il negoziato sul nucleare. Quindi abbiamo già chiesto che il governo venga a riferire in aula e faccia qualcosa di concreto per fermare questa escalation”. Calava la sera, e Schlein si faceva persino in quattro per tornare nella sua Bologna, destinazione “la Repubblica delle idee”, festa del quotidiano diretto da Mario Orfeo.