L’accordo che ha permesso all’Unione europea di liberarsi dai controlli alle frontiere è in crisi, mentre la presidente della Commissione europea von der Leyen chiude gli occhi. Il caso tedesco e non solo
Bruxelles. I ministri dell’Interno dell’Unione europea, a bordo di un battello che porta il nome della principessa lussemburghese Marie Astrid, ieri sera hanno festeggiato i 40 anni dalla firma del trattato di Schengen, che ha permesso a gran parte d’Europa di liberarsi dai controlli alle frontiere interne, facilitando la libera circolazione di persone e merci. E’ uno dei grandi successi dell’Ue, di quelli che si percepiscono nella vita quotidiana dei cittadini, almeno di quelli che sono sufficientemente anziani da ricordarsi le code ai valichi di frontiera tra gli stati membri. Eppure le celebrazioni sono state sottotono. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, contrariamente al suo predecessore Jean-Claude Juncker dieci anni fa, non ha ritenuto di compiere il viaggio nella piccola località lussemburghese di Schengen. Al suo posto c’erano la vicepresidente, Henna Virkkunen, e il commissario agli Affari interni, Magnus Brunner. Non è solo la nazionalità di Juncker (ex premier del Lussemburgo) a spiegare l’assenza di von der Leyen (ex ministra tedesca). In dieci anni, dalla crisi dei rifugiati siriani del 2015, a causa dell’ossessione migratoria di opinioni pubbliche e governi, l’Europa senza frontiere di Schengen è entrata in crisi. Sempre più paesi membri reintroducono i controlli ai loro confini, rendendo la vita più difficile a lavoratori transfrontalieri e camionisti e moltiplicando gli scontri politici con i vicini. La Commissione ha chiuso gli occhi e lasciato fare, scegliendo di non usare i suoi poteri per ripristinare Schengen.
Gli ultimi conflitti attorno a Schengen sono legati alla decisione del governo di Friederich Merz in Germania di reintrodurre i controlli a tutte le frontiere interne. Nei Paesi Bassi lo scorso fine settimana sono comparse ronde di vigilantes che volevano controllare alla ricerca di migranti le automobili che attraversano il confine con la Germania nella località di Ter Apel. Il promotore dell’iniziativa, un uomo con precedenti per diffamazione e incitamento all’odio, ha spiegato ai media locali che era una reazione alle operazioni della polizia tedesca che riporta i migranti presi in Germania nei Paesi Bassi. Il governo Merz ha chiesto alle autorità olandesi di prevenire nuovi incidenti. Politicamente più esplosivo è il conflitto con la Polonia, dove il governo di Donald Tusk ha condannato ripetutamente i respingimenti da parte della Germania di richiedenti asilo che attraversano la frontiera polacco-tedesca. Il tema è stato strumentalizzato in campagna elettorale dal candidato ultra nazionalista Karol Navrocki, che ha vinto di misura le presidenziali del primo giugno. L’ex cancelliera Angela Merkel ha pubblicamente criticato Merz per la decisione di reintrodurre i controlli alle frontiere. La Germania non è un caso isolato. I Paesi Bassi hanno reintrodotto i controlli alle frontiere con il Belgio e la Germania. La Danimarca con la Germania. La Svezia con la Danimarca. La Francia con Belgio, Germania, Lussemburgo, Spagna e Italia. L’Austria con Slovacchia, Repubblica ceca, Slovenia e Ungheria. L’Italia con la Slovenia. La Slovenia con Croazia e Ungheria. La Bulgaria con la Romania. La sospensione di Schengen dovrebbe avere durata limitata, i controlli dovrebbero restare in vigore al massimo sei mesi, prorogabili fino a due anni. Alcuni dei paesi che negli ultimi dieci anni hanno deciso di introdurli, non li hanno mai tolti. Dal settembre del 2015, quando la crisi dei rifugiati siriani ha travolto l’Ue, gli stati membri hanno inviato 434 notifiche di deroghe a Schengen, invocando il più delle volte flussi migratori, traffico di esseri umani o minacce alla sicurezza associate all’immigrazione. In teoria la Commissione dovrebbe valutare se la decisione è proporzionata, redigere un rapporto e aprire procedure di infrazione: von der Leyen ha scelto di non farlo, in nome del dialogo con i governi. I risultati si riflettono nella celebrazione sottotono sul battello Marie Astrid. Quanto ai flussi migratori interni all’Ue, gli esperti e le istituzioni indipendenti – come i servizi di audit del governo olandese – concordano che i controlli ai valichi di frontiera non hanno quasi nessun impatto nella riduzione delle domande di asilo.