In partenza una missione spaziale Italia-Cina. I rischi delle ambiguità

Nonostante le tensioni tra Cina e occidente, l’Italia partecipa al lancio del satellite Cses-Limadou, frutto di una controversa collaborazione scientifica con Pechino, tra ambizioni sismologiche, tecnologie sensibili e sospetti strategici. Vantaggi per Roma? Quasi zero

Mentre lo Spazio diventa sempre più una priorità strategica dei paesi occidentali – Unione europea compresa – e cresce l’attenzione alla Difesa spaziale e a nuovi piani per arginare la pressione geopolitica esercitata da Cina, Russia e Iran, dopodomani, quando in Italia saranno circa le 9 del mattino, dal centro spaziale cinese di Jiuquan, nel deserto del Gobi, verrà lanciato il secondo satellite della missione Cses-Limadou, frutto di una controversa e ancora attiva collaborazione spaziale fra Repubblica popolare cinese e Italia. Il satellite per l’osservazione terrestre China Seismo-Electromagnetic Satellite (Cses) è realizzato dall’Agenzia spaziale cinese (Cnsa).



Ma sin dal 2018 gode della “collaborazione LiMadou”, dal nome in mandarino del missionario italiano Matteo Ricci, composta dall’Agenzia spaziale italiana (Asi) attraverso un team di ricerca ad hoc formato da scienziati di alcune università italiane, dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, dell’Istituto nazionale di astrofisica e dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. L’obiettivo della missione già di per sé è particolarmente ambizioso: il satellite che verrà lanciato dopodomani, insieme a quello già lanciato nel 2018, è pensato per monitorare il campo magnetico terrestre, il plasma e i flussi di particelle presenti nell’orbita terrestre bassa, “potenzialmente correlati all’attività sismica”. E’ per questo che Cses-Limadou è stata spesso definita sui media come la missione “caccia terremoti”. Eppure, già nel 2018 era stata oggetto di un attento monitoraggio dell’intelligence internazionale e criticata da alcuni comitati scientifici italiani: fonti della ricerca spaziale di altissimo livello hanno spiegato al Foglio che “come era prevedibile” finora i risultati scientifici sono stati molto scarsi. “Da nessuna parte storicamente è stato dimostrato che effettivamente in caso di terremoti si produce una variazione della ionizzazione delle particelle intorno alla Terra”, dice una fonte che preferisce restare anonima per la delicatezza dell’argomento, il che rende di fatto la missione un azzardo statistico, anche per via del limitato accesso in tempo reale di un singolo satellite ai movimenti tellurici terrestri. Se dal punto di vista scientifico ci sono scarse possibilità di risultati, la missione diventa ancora più problematica: perché Pechino dovrebbe investire su un esperimento destinato a cercare qualcosa che forse non esiste?

Secondo alcuni funzionari a conoscenza della missione si tratta di uno dei molti modi con cui la Cina ottiene tecnologia ed esperienza nei protocolli occidentali. “Questa è una missione approvata da lungo tempo”, dice al Foglio Antonio Zoccoli, presidente dell’Infn, “quindi già finanziata, e in fase avanzata di realizzazione, e non è stata toccata in maniera particolare dalle restrizioni degli ultimi anni. In generale adesso facciamo molta attenzione alla collaborazione con la Cina su alcuni campi con tecnologie sensibili”. Zoccoli spiega che le tecnologie che l’Italia ha fornito alla Cina per Cses-Limadou non sono particolarmente a rischio: si tratta soprattutto di due strumenti, l’Hepd-02 (High Energy Particle Detector) e l’Efd-02 (Electric Field Detector). Al contrario, sulla stazione orbitale cinese avrebbe dovuto essere istallato nel breve periodo un esperimento italiano denominato Herd per fare osservazioni del cosmo, considerato non particolarmente sensibile in sé, “ma vista la tecnologia coinvolta, alla fine il progetto è in stand by e non sappiamo come andrà avanti. Magari collaboreremo con loro nella fase di analisi dati ma non fornendo tecnologia. E’ una discussione portata avanti a livello ministeriale e anche dall’Asi che poi è l’ente finanziatore”. Anche nell’indirizzo su materia spaziale e aerospaziale del governo Meloni, documento del 2023, si legge che per garantire “la sovranità tecnologica nel settore spaziale, l’Europa affronta significative sfide nel competere con le capacità avanzate di nazioni quali Usa, Cina, Russia, India e Giappone”, e poi che “dovrebbe essere data priorità alla cooperazione rafforzata con paesi extra europei di particolare interesse politico”, oltre agli Stati Uniti anche “ Giappone, India, paesi del Golfo”. Anche il governo Meloni predilige alcune collaborazioni sicure. Nel dl Sicurezza c’è una parte che riguarda le nuove regole per collaborazioni scientifiche “sicure, adattate al nuovo mondo”, dice una fonte.

Zoccoli conferma al Foglio che dopodomani non sarà presente al lancio del satellite. Da alcune conversazioni informali fatte dal Foglio con chi è a diretta conoscenza della missione, all’evento al centro spaziale cinese di Jiuquan – il sito spaziale più importante della Repubblica popolare, perché è da lì che partono i lanciatori classe Lunga Marcia – erano stati invitati dalla parte cinese diversi rappresentanti delle istituzioni, tra cui il presidente dell’Asi Teodoro Valente, che però avrebbe preferito evitare la pubblicità a una missione già da anni considerata controversa. A rappresentare la parte italiana saranno alcuni scienziati e ricercatori del team e soprattutto l’ex presidente Asi, Roberto Battiston, considerato il deus ex machina di quasi tutte le collaborazioni con Pechino. Premiato nel 2020 dalle mani del leader cinese Xi Jinping, Battiston nel 2018, cioè subito prima di lasciare la presidenza dell’Agenzia, aveva facilitato anche un altro controverso progetto italiano con la Cina – poi bloccato – ovvero la fornitura di parte della stazione orbitante cinese Tiangong con tecnologia italiana e segreta secondo gli standard di sicurezza Nato.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: “Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l’Asia”, “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.

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