Le truppe a Los Angeles: un altro colpo alla democrazia americana

I raid anti immigrazione, le proteste, lo scontro fra Trump e Newsom. Così la retorica del presidente è diventata in poche ore apocalittica

Il governatore della California, Gavin Newsom, ha deciso di portare l’Amministrazione Trump in tribunale in seguito alla decisione di inviare la Guardia nazionale a Los Angeles senza che ci fosse una richiesta da parte delle autorità statali. Al quarto giorno di proteste contro le operazioni dell’Ice, l’agenzia federale che ha preso grande potere nella caccia agli immigrati (centinaia di arresti ogni giorno), Los Angeles resta l’epicentro della crisi, ma manifestazioni e scontri si stanno diffondendo in tutta la California. Il presidente, Donald Trump, ha chiesto al Pentagono di inviare la Guardia nazionale anche se non c’è stata una richiesta da parte dello stato della California – è questo che contesta Newsom – e il segretario alla Difesa, il solerte Pete Hegseth, ha detto che ci sono anche 500 marine pronti a entrare in azione. Così ora c’è un terribile equivoco di competenze tra la polizia locale, in particolare quella di Los Angeles, e la Guardia nazionale. Jim McDonnel, che guida la polizia di Los Angeles, ha dichiarato illegali le proteste, ha detto di aver assistito a episodi di violenza “disgustosi” da parte dei manifestanti nei confronti delle forze dell’ordine, ma si ritrova anche sotto la pressione diretta del presidente Trump che gli ha detto di richiedere formalmente la Guardia nazionale, ne ha bisogno. La retorica trumpiana è diventata in poche ore apocalittica.

Los Angeles “è invasa e occupata” da “un’orda di rivoltosi violenti”, è necessario liberare la città “dall’invasione di immigrati” e per questo “ci saranno soldati ovunque”. Il principale collaboratore di Trump sull’immigrazione, il vicecapo dello staff Stephen Miller, ha detto che questa “è una battaglia per salvare la civiltà”. Il governatore Newsom – che è soprannominato da Trump “Newscum”, scum vuol dire feccia – ha detto ai giornalisti che la California era pronta per queste proteste, perché l’Ice aveva detto che avrebbe dato la caccia agli immigrati clandestini in modo capillare, ma che l’Amministrazione Trump non vuole che le Forze dell’ordine dell’odiata California riescano a fare il loro lavoro e a contenere le proteste. Molti commentatori ricordano l’acrimonia di Trump nei confronti dei governatori democratici e in particolare di Newsom, che è anche uno dei nomi che si fanno per la travagliata scelta di un candidato presidenziale del Partito democratico, ma se si guarda il breve memorandum presidenziale che Trump ha inviato la sera del 7 giugno al Pentagono, al dipartimento della Sicurezza nazionale e a quello della Giustizia, si vede che la California non è nemmeno citata.



Non c’è alcun vincolo di tempo o di luogo in questo documento, con il quale il governo federale americano si dà il potere di dispiegare le proprie forze nel momento in cui ritiene di dover difendere il paese da un’invasione o da una ribellione. I più allarmati sono i conservatori contro Trump: Bill Kristol dice che è stato superato il Rubicone, e che le “deportazioni di massa” sono una scusa per imporre un accentramento di potere che porta verso l’autoritarismo. David Frum dice che siamo di fronte a “una prova costume” prima delle prossime elezioni: l’Amministrazione vuole avere il potere di dispiegare l’esercito contro i cittadini dissenzienti. Il Wall Street Journal scrive che il rischio che la situazione vada fuori controllo, con gli estremisti che prendono il sopravvento, è concreto. Ma non si tratta di una crisi sporadica: c’è un piano che tocca vari temi, dall’immigrazione alla sicurezza all’accentramento del potere.

Todd Lyons e i raid dell’Ice



Gli agenti dell’Ice, l’Immigration and Customs Enforcement, che in seguito a uno dei primi decreti esecutivi dell’Amministrazione Trump stanno facendo incursioni in tutto il territorio americano alla ricerca di immigrati illegali, ora operano mascherati. Il direttore dell’Ice, Todd Lyons, ha spiegato la settimana scorsa che gli agenti si muovono a volto coperto perché continuano a ricevere minacce: sono in pericolo, ha detto Lyons, a causa della retorica liberal contro di loro, che li definisce “nazisti” o “terroristi”. E’ accaduto anche a Los Angeles, sostiene il direttore dell’Ice, venerdì scorso, quando “mille agenti coraggiosi” sono stati circondati e intimiditi mentre facevano il loro lavoro – 118 arresti in varie parti della città – e le forze di polizia non sono riuscite a garantirne la sicurezza. Oggi l’Ice dice di operare circa milleseicento arresti ogni giorno, in particolare nelle cosiddette “sanctuary city”, le città che, secondo l’Ice, hanno regolamenti che impediscono agli agenti dell’immigrazione di operare in sicurezza nel cercare, arrestare e rimandare nei loro paesi di origine gli immigrati clandestini. Non esiste una definizione precisa di “sanctuary city” ma c’è una lista di città che viene aggiornata dal dipartimento per la Sicurezza interna (Los Angeles è tra queste). “Finché le sanctuary city non cambiano le loro regole continueremo a operare”, ha detto Lyons, che non affronta mai la questione della legittimità di questi raid nonostante ci siano molti casi controversi di cui si sono occupati anche i tribunali, senza che il governo desse seguito alle indicazioni dei giudici. All’inizio di aprile, durante un convegno organizzato in Arizona dal titolo Border Security Expo, Lyons aveva detto: “Dobbiamo migliorare il nostro modo di operare”, il processo dovrebbe assomigliare ad “Amazon Prime ma con gli esseri umani”. Per recuperare e spedire nel loro paese questi “pacchetti” ci vuole l’intelligenza artificiale, aveva detto Lyons, e la collaborazione di altre agenzie. Il sito Axios ha fatto uno studio – che aggiorna con costanza – su questa collaborazione stato per stato: secondo gli ultimi dati disponibili, le autorità locali degli stati guidati da repubblicani hanno fatto già molti accordi di collaborazione con l’Ice: la California non ha nessun accordo. Ci sono però dei problemi operativi: l’efficienza di Amazon Prime è molto lontana. Axios elenca queste difficoltà: non ci sono abbastanza agenti federali per soddisfare l’obiettivo senza precedenti dell’Amministrazione Trump di deportare un milione di immigrati ogni anno; in alcuni luoghi in cui l’Amministrazione Trump si trova di fronte a una scarsità di risorse, le forze dell’ordine locali non sono in grado o non vogliono dare seguito alle richieste degli agenti federali o estendere le loro mansioni; con i confini della nazione sostanzialmente chiusi, l’Amministrazione ha spostato gran parte delle sue operazioni di deportazione all’interno, ma l’ambizione di Lyons di usare l’intelligenza artificiale per trovare e dislocare gli “alieni” non è ancora diventata realtà, nonostante le proposte arrivate in particolare dal Doge, il dipartimento dell’Efficienza della Pubblica amministrazione ideato da Elon Musk, che ha avuto un accesso senza controllo ai dati personali di chi vive negli Stati Uniti. Ora che anche il futuro del Doge è incerto, a causa della lite tra il presidente Trump e lo stesso Musk, s’inserisce una nuova variabile di incertezza sugli obiettivi dei raid dell’Ice. Secondo un’inchiesta del New Yorker sui “cittadini che vogliono aiutare l’Amministrazione” a governare l’immigrazione, è molto aumentato il ricorso ad agenzie private di sicurezza.

Tom Homan, lo zar del confine


“Ve lo dico, continueremo a far rispettare la legge, ogni giorno, a Los Angeles: ogni giorno faremo rispettare la legge per quel che riguarda l’immigrazione, e non mi importa se a loro piace o no”, ha detto Tom Homan, il “border zar” dell’Amministrazione Trump sabato sera, riferendosi alle autorità californiane. Nessuno escluso, né il governatore Gavin Newsom né la sindaca di Los Angeles, Karen Bass: “E’ un reato dare rifugio a immigrati irregolari ed è un reato ostacolare il lavoro di chi cerca questi irregolari”. Questa equiparazione è importante e segnala come si è trasformata la gestione dell’immigrazione nei mesi trumpiani: gli immigrati illegali sono una minaccia alla sicurezza – e sono spesso definiti criminali violenti anche quando non hanno mai commesso nessuna violenza – e così lo sono anche quelli che non cooperano con le agenzie che si occupano di immigrazione. Homan è stato particolarmente duro con il governatore Newsom, lo ha definito “un imbarazzo” per lo stato: “Se gli importasse della sicurezza pubblica in California, non avrebbe permesso che lo stato si trasformasse in un santuario per i criminali, dove vengono rilasciati ogni giorno a causa sua”. Newsom ha detto in seguito: “Arrestami. Avanti, uomo forte, arrestami, sai dove trovarmi, non mi importa nulla”, ma “tieni le mani lontane dalle persone che cercano di vivere le loro vite, che pagano le tasse, che sono qui da dieci anni”. Homan, che oggi ha 63 anni, è uno dei collaboratori di Trump che sono sopravvissuti al suo fianco dal primo al secondo mandato (in realtà, nell’ambito della lotta all’immigrazione, i sopravvissuti sono parecchi, perché non ci sono stati grandi cambiamenti di approccio tra il primo e il secondo mandato, anzi semmai sono diventati più duri i metodi adottati). E’ uno degli ideatori della cosiddetta “logica di business” da adoperare nell’ambito dell’immigrazione, in modo da rendere il processo più scorrevole (e senza eccezioni umanitarie), come aveva già dimostrato nel 2018, quando aveva organizzato la politica di separazione delle famiglie al confine americano, che ha portato alla separazione di 5.500 figli dai loro genitori: nell’aprile del 2024, c’erano ancora 1.400 bambini ai quali non era stato confermato il ricongiungimento familiare, nonostante lo stesso Trump avesse sospeso la pratica poco tempo dopo la sua introduzione e l’Amministrazione l’avesse annullata. Intervistato ieri, Homan ha detto che non tutti gli arresti fatti in questi giorni riguardano “criminali”, ma il mandato riguarda la pubblica sicurezza, che è la priorità, ed è questa la ragione per cui sono aumentati i raid degli agenti dell’Ice.

Stephen Miller, l’architetto



Terry Moran, giornalista di Abc ed ex conduttore della trasmissione “Nightline”, è stato sospeso dalla sua emittente dopo aver definito, in un post su X, Trump e il suo principale ideologo per quel che concerne l’immigrazione, Stephen Miller, “world class hater”. Moran, che lavora all’Abc dalla fine degli anni Novanta e che ad aprile aveva fatto una rara intervista a Trump, ha cancellato il post in cui diceva che questa Amministrazione si nutre d’odio, ma lo screenshot ormai esisteva così il vicepresidente americano, J. D. Vance, e poi la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, hanno detto che si trattava di un attacco vile e che l’Abc avrebbe dovuto prendere provvedimenti – cosa che ha fatto (questa emittente, che è di proprietà della Walt Disney, ha anche patteggiato con Trump una causa di diffamazione, pagando 16 milioni di dollari). Miller ha scritto su X che Moran rappresenta alla perfezione i giornalisti dei media tradizionali americani, che fingono di essere imparziali, ma sono loro a portare avanti campagne d’odio contro l’America. I nonni ebrei di Miller, che oggi ha 39 anni e che quando si propose alla campagna elettorale del primo mandato di Trump era uno sconosciuto, fuggirono dall’Europa dell’est, trovarono rifugio nell’America che oggi loro nipote vuole chiudere agli stranieri. Cresciuto in California, Miller si è ribellato presto alla cultura progressista della sua famiglia, è diventato un leader giovanile conservatore ed è entrato in contatto con Steve Bannon, di cui è diventato uno stretto collaboratore (e lo è rimasto anche quando Bannon ha avuto le sue traversie con Trump). Oggi Miller è formalmente il vicecapo dello staff della Casa Bianca, ma se nel primo mandato, pur essendo l’ideatore del divieto d’ingresso di cittadini provenienti da stati musulmani e della politica di separazione delle famiglie ai confini, non amava comparire troppo, oggi è uno dei volti del secondo mandato. Trump gli ha dato un mandato ampio, incentrato sull’immigrazione ma con rivoli che arrivano in molti dipartimenti, a partire da quello della Giustizia.



Da Bondi a Noem, il resto del team



Qualcuno dice che la Guardasigilli, Pam Bondi, è una specie di portavoce dello stesso Miller e il commento che ha fatto Bondi durante il fine settimana ne sarebbe la conferma: chi ostacola il lavoro degli agenti dell’Ice, ha detto la ministra della Giustizia, verrà perseguito. E’ la stessa cosa che ha detto anche il capo dell’Fbi, Kash Patel, che si è rivolto a tutti quelli che “colpiscono un poliziotto”, comprese le autorità locali di Los Angeles: andrete in galera. Anche Kristi Noem, ministra per la Sicurezza nazionale, ha ripetuto lo stesso copione, aggiungendo un attacco ai liberal che fomentano le rivolte e ripetendo quel che ha detto anche Trump, cioè che i manifestanti non devono indossare maschere e coprirsi il volto. Soltanto gli agenti dell’Ice possono farlo, perché devono difendersi dalle minacce: la protezione della propria identità vale solo per una parte.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d’amore – corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d’amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l’Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell’Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi

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