Dopo anni di critiche il presidente della Puglia cambia rotta e appoggia l’espansione del gasdotto, cercando ora vantaggi economici per la regione. La sua legge sul contributo del Tap, però, potrebbe scoraggiare futuri investimenti
Taranto. Assolti tutti i dirigenti dall’accusa di inquinamento ambientale, ora Tap si prepara al raddoppio da 10 a 20 miliardi di metri cubi di gas trasportati in un anno. Il raddoppio non necessita di opere ambientali, e per questo il ministero dell’Ambiente, su parere della Sovrintendenza, ha emesso un decreto con cui stabilisce che non è necessario il parere di Via (valutazione di impatto ambientale). A coadiuvare questa decisione ci sono il parere del dipartimento Ambientale della regione Puglia che conferma l’assenza di interferenze ambientali per l’approdo a Melendugno e la dichiarazione dell’assessore al Bilancio Fabiano Amati che giudica “giusta” la decisione del ministero. Un ossimoro per Michele Emiliano, che per anni ha ostacolato il progetto in tutti i modi, impugnando tutti i decreti di Renzi e Calenda (“schiavi della lobby del gas”), paragonando il cantiere ad Auschwitz, e dicendo che avrebbe distrutto il Salento. Tap è lì da tre anni, e degli 8,5 miliardi di metri cubi di gas annui consegnati in Italia, a San Foca non si vede né sente niente.
Addirittura siamo all’eterogenesi dei fini: il ministro Adolfo Urso sembra voler cedere all’idea di Emiliano di decarbonizzare Ilva. Ma per farlo, l’unica possibilità è sostituire gli altoforni a carbone con forni elettrici a gas. Per questo ci sarà bisogno di una nave rigassificatrice nel porto di Taranto. Ma sia Emiliano sia il candidato sindaco del centrosinistra Piero Bitetti,hanno detto che invece basterà raddoppiare il Tap e allungare il tubo fino a Taranto, addirittura con uno sconto sul gas su cui Emiliano giura di aver già parlato con gli azeri. Data l’ineluttabilità del tubo, grazie al quale l’Europa ha potuto liberarsi dalla dipendenza del gas di Putin, e alla sua irrilevanza ambientale, ora Emiliano prova a girarlo a suo favore facendo cassa. La regione ha emanato una legge con cui chiede che Tap paghi alla Puglia il 3 per cento del valore commerciale del gas. Quota non legata alle compensazioni ambientali, come prevede la legge, ma alle concentrazioni industriali. Tap ha impugnato il parere al Tar. Eppure nel 2022 si era aperta una nuova trattativa sotto gli auspici della regione, con un tavolo alla Provincia di Lecce nel quale era stato di fatto raggiunto un accordo per più di 20 milioni di euro di compensazioni a nove comuni e alla provincia. Ma la regione decise di procedere con la legge voluta principalmente dagli assessori Amati, Delli Noci ed Emiliano che, di fatto fece saltare l’accordo.
I comuni l’hanno presa malissimo perché venivano bypassati con una distribuzione a pioggia su tutti i cittadini pugliesi. Nonostante questo, quando è stato chiaro che il processo penale si sarebbe concluso senza condanna, Tap ha fatto una proposta ai comuni che, in cambio di 6 milioni a Melendugno e 2 a Vernole, hanno ritirato la costituzione di parte civile. Mentre Emiliano, dopo aver avversato il gasdotto in tutti i modi, e averne fatto la constituency dei suoi dieci anni di mandato, ora prova a fare cassa, allo scadere, ma non si accorge che la stessa legge regionale potrebbe ostacolare gli investitori.