L’Italia del calcio gioca una partita già decisiva per le qualificazioni al Mondiale con un allenatore esonerato in panchina che ha annunciato il suo esonero: “Ieri sera sono stato un bel po’ con il presidente. E mi ha comunicato che sarò sollevato dall’incarico”
Nel bizzarro mondo dello sport italiano ci mancava solo questa perla: giocarci una partita già decisiva per le qualificazioni al Mondiale con un allenatore esonerato in panchina. Che cosa sia successo nella testa di Spalletti non è difficile da capire. Si è lasciato sopraffare dai suoi fantasmi, quelli che non lo lasciano in pace quando le cose vanno bene e figuriamoci come devono tormentarlo adesso che si sente il grande colpevole dei male del calcio italiano. Doveva reggere fino al novantesimo della partita con la Moldova, magari dopo aver festeggiato una bella vittoria, invece è scoppiato in anticipo, sorprendendo anche il presidente Gravina che era lì seduto tra i giornalisti. Era stato esonerato a orologeria: dirigi l’ultima partita poi martedì mattina comunichiamo il cambio. Una scelta a rischio, visto il soggetto, forse si poteva non dirgli tutto così in anticipo, ma si è giocato sulla trasparenza dei rapporti tra presidente e tecnico. Fiduciosi che avrebbe retto. La bomba però è esplosa alla prima domanda in conferenza: “Ieri sera sono stato un bel po’ con il presidente. E mi ha comunicato che sarò sollevato dall’incarico. Io non me ne sarei mai andato, sono abituato a rimanere al mio posto. Però devo prenderne atto. Con Gravina ho un buonissimo rapporto, però devo prendere atto di qualche brutto risultato. Io interpreto il ruolo come un servizio alla patria e ho intenzione di agevolare la Federazione. La risoluzione del contratto è la soluzione migliore, sarò pagato sino a domani sera. Visto che i risultati sono questi, devo accettare la decisione. Anche se sono convinto che la squadra è forte e sarei andato avanti con la mia linea, convinto di poter andare al Mondiale”.
Se lui ne era convinto, non lo erano più gli altri. Dopo la batosta con la Norvegia i primi a esonerare il ct sono stati gli haters da social, poi è arrivato Gravina che però gli aveva chiesto di restare in panchina un’ultima volta perché non c’era tempo di fare altrimenti. Spalletti però non ha retto e ha annunciato l’esonero prima di annunciare la formazione. Non vorremmo essere nei suoi pensieri. “Uomini forti destini forti, uomini deboli destini deboli. Non c’è altra strada”, ha detto spesso. Lui che è un uomo non forte, ma fortissimo quando deve lavorare con un club, si è rivelato troppo debole per l’Azzurro. Incapace di incidere sulla testa di gente che vede troppo di rado, incapace di non lasciarsi schiacciare dalla pressione del lavoro più desiderato d’Italia (magari oggi, un po’ meno a esser sinceri). Chissà che non si sia fatto travolgere da un’altra delle sue frasi storiche: “Non lottare ai contro i maiali perché i maiali nel fango si divertono”.
L’Italia ha appena esportato uno dei suoi allenatori migliori in Brasile, là dove il calcio è una religione e un’esibizione di bellezza, ma dove si sono anche stufati di veder vincere sempre qualcun altro. Gli arabi se devono spendere per un tecnico vengono a fare la spesa da noi. Hanno cominciato da Mancini e proseguito con Pioli e Inzaghi. Insomma di allenatori stimati ne abbiamo in abbondanza. Non dovrebbe essere complicato per Gabriele Gravina trovare quello giusto per evitare la terza mancata qualificazione di fila ai Mondiali. Il favorito sembra essere Claudio Ranieri (Pioli ha ancora un contratto con i soliti arabi), quello che proprio non riesce ad andare in pensione. Ormai è diventato il signor Wolf del calcio italiano. Dopo aver aggiustato la Roma, gli chiederanno di provarci con l’Italia. Non è certo il nuovo che avanza, ma in qualche caso meglio percorrere strade sicure, un po’ quello che ha fatto il Milan con Allegri o l’Inter con Chivu.
C’è da salvare la Nazionale e il problema è serio perché riemerge una volta ogni sei mesi. Quando crediamo di aver trovato la linea giusta ecco che mettiamo il piede in fallo e cadiamo ancora in un burrone più ripido di quello da cui siamo risaliti. Siamo alla fine di una stagione in cui la nostra Serie A è stata il campionato più combattuto e, perché no? Anche il più bello d’Europa. Nonostante gli stadi che restano vecchi e brutti, continuiamo ad aumentare gli spettatori con una percentuale di riempimento degli impianti che è cresciuta dell’11,6 per cento arrivando al 92,4, seconda solo a Premier League (97,9 per cento) e Bundesliga (97 per cento). In tv, tra Sky è Dazn, l’hanno guardata quasi 246,7 milioni, un po’ meno dell’anno prima, ma comunque tanta roba considerando che restiamo sempre un paese di abusivi del segnale. Arriviamo anche in finale nelle coppe europee, poi non vinciamo, certo, ma ci arriviamo con una costanza che da qualche anno mancava. Il pallone nonostante i soliti problemi di impianti e giovani, non è sgonfio. Ad essersi sgonfiata ancora una volta è la Nazionale. Lavoriamo su questo e solo su questo per un po’. Poi penseremo al resto.