L’affluenza parziale supera appena il 30 per cento. Si vota anche per i ballottaggi di 13 comuni. Per la cittadinanza i no sfiorano il 40 per cento. Nel Pd Picierno, Gualmini e Quartapelle chiedono di trarre una lezione dalla sconfitta
Alle 15 si sono chiuse le urne per i cinque referendum su lavoro e cittadinanza (e per i ballottaggi nei 13 comuni sopra i 15mila abitanti, tra cui Taranto e Matera, e nei 7 comuni in Sardegna al primo turno, tra cui Nuoro). Il dato sull’affluenza si stabilizza attorno il 30 per cento. Il quorum non è stato raggiunto.
I risultati dei cinque quesiti
Complessivamente, in tutti i quesiti referendari vince il Sì.
– Alle ore 16:40, quello sul reintegro licenziamenti illegittimi conta 88,31 per cento di sì e l’11,69 per cento di no.
– Il referendum a tema licenziamenti e limite indennità incassa l’86,73 per cento di sì contro un 13,27 per cento di no.
– Più avanti, il quesito sulla tutela dei contratti a termine arriva all’ 88,19 per cento di sì mentre i no sono il 11,81 per cento.
– Sul quesito sulla responsabilità in caso infortuni sul lavoro i sì sono l’86,56 per cento contro 13,44 per cento di no.
– L’ultimo quesito, sul dimezzamento dei tempi per ottenere la cittadinanza italiana, ottiene meno successo degli altri quattro: 63,23 per cento di sì e 36,77 per cento di no.
Landini: “L’obiettivo era il quorum. Non è una vittoria”
“Il nostro obiettivo era raggiungere il quorum per cambiare le leggi e questo obiettivo non è stato raggiunto. Non è una vittoria, oggi non festeggiamo”, dice Maurizio Landini in conferenza stampa. Il leader della Cgil, che ha promosso i quesiti sul lavoro, ammette la sconfitta.
“Gli ultimi dati ci dicono che sono oltre 14 milioni le persone che hanno votato nel nostro paese cui si aggiungeranno gli italiani all’estero: un numero importante, un numero di partenza. I problemi che abbiamo posto con i referendum rimangono sul tavolo”, ha aggiunto il segretario del sindacato. “Le persone che ci hanno sostenuto sono una base sulla quale agire”.
E ancora: “Sapevamo che non sarebbe stata una passeggiata, in un paese come l’Italia dove c’e’ una crisi democratica evidente”. Landini comunque ha affermato di voler continuare la sua battaglia politica. “Sono state settimane e mesi che mi hanno insegnato che un sindacato deve imparare ad ascoltare le persone c’è bisogno di continuare questa lotta utilizzando tutti gli strumenti a disposizione, sia a livello contrattuale che di mobilitazione”.
Il leader Cgil ha inoltre sottolineato che non ha non ha alcuna intenzione di lasciare l’incarico dopo la sconfitta ai referendum. Non ci penso lontanamente, non è oggetto di discussione – ha detto in conferenza stampa – le decisioni sono state prese assieme in Cgil. C’è sempre stato un processo di decisioni e scelte collettive. Non abbiamo nessuna intenzione di cambiare la nostra strategia, non abbiamo cambiato idea”.
La spaccatura nel Pd: “Sconfitta evitabile. Ora discussione franca”
Dopo la diffusione dei primi risultati, anche nel Pd c’è chi fa autocritica. “Una sconfitta profonda, seria, evitabile. Purtroppo un regalo enorme a Giorgia Meloni e alle destre. Fuori dalla nostra bolla c’è un Paese che vuole futuro e non rese di conti sul passato. Ora maturità, serietà e ascolto, evitando acrobazie assolutorie sui numeri”, ha scritto su X Pina Picierno, europarlamentare e vicepresidente del Parlamento europeo. Anche Lia Quartapelle e Elisabetta Gualmini hanno commentato chiedendo una riflessione sulla posizione del partito. “Quella del referendum è stata una grande battaglia. Purtroppo, è stata una grande battaglia combattuta con strumenti non adatti”, ha detto Quartapelle. “Ho ritenuto da subito una scelta incauta quella di chi ha promosso un referendum su una materia tecnica quale il diritto del lavoro, facendone una battaglia identitaria con lo sguardo rivolto all’indietro mentre oggi il mondo del lavoro chiede non di abrogare una legge di dieci anni fa ma interventi tempestivi per alzare il potere di acquisto e dare al lavoro il valore, anche economico, che merita”, ha aggiunto. “In questo calcolo tattico, purtroppo, è rimasto impigliato anche il quesito sulla cittadinanza, inserito in corsa. Quello era l’unico quesito referendario che poneva una grande questione nazionale (chi e come può diventare italiano)”. Per Gualmini il referendum si è rivelato un boomerang per il Pd: “Aver mobilitato tutto il Partito (democratico), tutti i circoli, tutti i dirigenti su un referendum che doveva ‘correggere gli errori del vecchio Pd’ si è rivelato un boomerang. Un referendum politico contro se stessi”, ha scritto su X l’eurodeputata.
Salvini, La Russa e Tajani: la destra esulta e va all’attacco
“Alla luce dei numeri dell’affluenza, sarebbe troppo facile ora infierire verso coloro che, come Schlein, Bonelli e tanti altri, mistificando il senso delle mie parole, hanno invitato ad andare a votare non per la presunta bontà dei quesiti referendari ma semplicemente, se non per odio, quasi per far dispetto a me”, dice Ignazio La Russa commentando il fallimento dei referendum. Con la loro campagna, ha aggiunto il presidente del Senato, “hanno fatto perdere non guadagnare punti all’affluenza”. La Russa ha anche aggiunto di aver votato no al quesito sugli infortuni sul lavoro.
“Grande rispetto per chi è andato a votare”, dice Matteo Salvini, “È un enorme sconfitta per una sinistra che non ha più idee e credibilità e che non riesce a mobilitare neanche i propri elettori”.
Antonio Tajani esprime “rispetto per chi è andato a votare, ma è stata una sconfitta dell’opposizione, della sinistra”, che ha “voluto tentare l’assalto al governo” usando il “grimaldello” dei referendum. “Forse bisogna cambiare la legge sui referendum, servono probabilmente più firme, anche perché abbiamo speso tantissimi soldi per portare centinaia di migliaia, se non milioni, di schede per gli italiani all’estero che sono tornate bianche”, ha aggiunto il vicepremier. Secondo cui, inoltre, “bisogna cambiare la legge sui referendum. Servono probabilmente più firme, anche perché abbiamo speso tantissimi soldi, per esempio, per portare centinaia di migliaia, milioni di schede per gli italiani all’estero che sono tornate bianche”.
Per Tommaso Foti, ministro per gli Affari europei, l’opposizione “le ha tentate e giocate tutte, perfino strumentalizzando le tragiche vicende di Gaza, pur di portare a casa i referendum. Ma gli italiani non si sono fatti ingannare: più dei due terzi hanno disertato le urne. Lo schiaffone per la compagnia del ‘tutti dentro contro la Meloni’ conferma la miopia politica ed elettorale di chi pretendeva di trasformare i referendum in un giudizio sul Governo”.
L’affluenza di domenica al 22,7 per cento
“Ormai è evidente che il quorum non ci sarà, come del resto era facilmente prevedibile vedendo i precedenti. I quesiti sul lavoro erano infatti ideologici e rivolti al passato come abbiamo detto in tutte le varie tribune televisive”, ha scritto in mattinata il leader di Italia viva Matteo Renzi nella sua Enews. Alle 23 di domenica, l’affluenza era stata del 22,7 per cento. Un dato quello dell’affluenza in linea con l’ultima tornata referendaria – quella del 2009 sulla legge elettorale – in cui si votò su due giorni: quella volta non fu raggiunto il quorum. La regione nella quale più gente si è recata alle urne è la Toscana dove il 22 per cento degli aventi diritto ha votato. La regione più astensionista è stata la Calabria: solo il 10,14 per cento dei calabresi si è recato al seggio.
Tutti i leader che sostengono i quesiti si sono recati alle urne. Anche presidente del Consiglio Giorgia Meloni è andata votare, ma non ha voluto ritirare le schede per non far raggiungere il quorum. A votare è andato anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo seggio di Palermo.
Per quanto riguarda i ballottaggi, l’affluenza per le elezioni nei 13 Comuni nei quali si deve scegliere il sindaco, alle 23 è complessivamente di circa il 35,9 per cento. In calo rispetto al primo turno quando era andato a votare il 45,82 per cento di elettori.