“Terzo mandato per i governatori”: il petardo di FdI nelle mani di Calderoli. Pd in tilt in Campania

La mossa di Fratelli d’Italia rimette in corsa De Luca e crea un problema a Schlein. La corsa di Salvini per salvare il doge Zaia. L’ipotesi complicata di un ddl

Il petardo “terzo mandato” per i governatori ha fatto bum, ma ora che succede? La proposta lanciata da Fratelli d’Italia, con Giovanni Donzelli e la benedizione di Ignazio La Russa, per il momento alza un grande polverone. Terzo mandato significa riaprire i giochi in Veneto per Luca Zaia e soprattutto paralizzare il centrosinistra in Campania, tornando a far ingolosire Vincenzo De Luca, il governatore che ha fatto di tutto per succedere a sé stesso. Una mossa densa di tattica con una strategia ancora tutta da calibrare. Il ministro leghista per gli Affari regionali Roberto Calderoli, già padre della legge elettorale Porcellum, si è preso la brigata di provarci. Al momento l’unica strada percorribile, per quanto tecnicamente incidentata, è un ddl di iniziativa parlamentare. Ma nulla è scontato.

Tutte le altre soluzioni sono ritenute poco praticabili – salvo conigli tirati fuori dal cilindro – proprio dal centrodestra.

Per esempio, immaginare un decreto legge è arduo, visto che mancano i requisiti d’urgenza, come farebbe notare subito il Quirinale. Allo stesso tempo pensare di agganciare il terzo mandato per le regioni con un emendamento a qualche decreto in corso di conversione potrebbe non avere i requisiti di omogeneità rispetto al provvedimento madre, e quindi essere bocciato dal Colle.

Nel Parlamento che già guarda alle vacanze estive sono “in cottura” i decreti legge che riguardano il fisco, il danno erariale, i funerali del Papa, la Protezione civile. Discorso diverso se il governo dovesse sfornare, per esempio, un decreto referendum per coprire i costi del voto e poi inserire la norma salva Zaia e De Luca. Ecco perché la suggestione – appunto un petardo – risulta essere ancora poco afferrabile anche nel centrodestra, perfino da diversi ministeri, al di là delle ricadute di questa faccenda. Anche perché, al di là del veicolo, il via libera alla proposta prima di diventare un ddl dovrebbe arrivare dalla Conferenza delle regioni con il sì unanime di tutti i presidenti. E qui si entra nel campo del Pd a forte rischio cortocircuito: cosa faranno i presidenti dem davanti a questo scenario del tris che li tutela e li perpetua, ma che vede Elly Schlein, la loro leader, nettamente contraria dopo mesi di gazzarra con De Luca in Campania?

Va detto che il sasso gettato nello stagno da Fratelli d’Italia ha sortito gli effetti desiderati, almeno questo sì. E sta creando più problemi nel campo avversario che in casa. La batteria di dichiarazioni del Pd nazionale contro questa proposta svela la tensione che alberga al Nazareno. Riaprire il dossier terzo mandato significa per la segretaria entrare in un girone abbastanza infernale da cui sembrava quasi essere uscita. Non a caso De Luca la gira sul centrodestra, e quindi sul Veneto, ma riconosce anche “l’intelligenza” politica di Meloni nel capire che la Lega non può perdere la regione ora governata dal doge Zaia.

Ecco, vista dall’altro fronte la storia è altrettanto interessante. Matteo Salvini dice ovviamente di sì a questa “ideuzza” di FdI ma aggiunge che occorre fare presto, entro l’autunno. Poi si andrà al voto in cinque regioni. Zaia è contento e Massimiliano Fedriga dal Friuli Venezia Giulia (non interessato nell’immediato) ringrazia. Chi è contrario è Forza Italia e quindi anche in questo caso la trattativa è più aperta che mai. Con una discreta dose di cinismo dalle parti di Fratelli d’Italia in queste ore si fregano le mani: il petardo ha raggiunto l’effetto. Il centrosinistra rischia le sabbie mobili in Campania e una faida tra i governatori. Allo stesso tempo il primo partito di governo dà una copertura politica a Salvini con Zaia. Per il ciclo: proviamoci, vediamo se il Parlamento approva la legge. Di sicuro, come aggiungere sempre da Fratelli d’Italia, se il tentativo terzo mandato dovrebbe saltare allora il Veneto non sarebbe più del Carroccio, bensì della Fiamma. Una cosa è il tris di Zaia, spiegano i meloniani, un’altra è una candidatura di un leghista qualsiasi. “Che non esisterebbe”. Di tempo ce n’è poco, ma non manca la confusione. L’azzeccagarbugli della situazione chiamato al colpaccio è Calderoli, spregiudicato pokerista dei regolamenti parlamentari, tecnicamente in grado di far ballare la rumba alle opposizioni. C’è lo scoglio di Forza Italia che non sembra interessato a concedere il cambio della legge. Si levano da destra, ma anche dal centro richieste di estendere il triplete a questo punto anche ai sindaci. Il rischio maionese impazzita è dietro l’angolo, ma intanto il partito di Meloni ha raggiunto i primi due obiettivi: far venire le palpitazioni al Pd e mettere Salvini davanti all’ipotesi o la va o la spacca. Il tutto mentre la premier osserva e si occupa di altro: ieri ha incontrato Antonio Costa, presidente del Consiglio europeo, e soprattutto il presidente argentino Javier Milei: passi in avanti per il piano Ue-Mercosur.

Simone Canettieri

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d’autore.

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