Se a sinistra non si sa ascoltare l’orgoglio ferito di chi ha votato Trump

Negli Stati Uniti vige una cultura dell’orgoglio altamente individualista: se sei povero, è perché sei pigro. E dietro il successo del tycoon c’è stata la sua capacità di fare appello al desiderio di alleviare il dolore della vergogna

Molto nota (lo spero) l’affermazione di Guido Calogero secondo cui la liberaldemocrazia deve essere abitata più da ascoltatori che da parlatori. Perché è inutile parlare se non c’è qualcuno disposto ad ascoltare e che sappia ascoltare. Come filosofo del dialogo e sostenitore militante di una religione laica della libertà antidogmatica di parola, Calogero era un ammiratore e commentatore di John Dewey, il maggior filosofo della democrazia in America. La questione, tuttavia, meno facile da affrontare e risolvere è quella macropolitica del rapporto dialogico fra l’élite dei cittadini che fanno politica per governare e i cittadini elettori che devono scegliere liberamente da quali politici essere rappresentati e governati. Vengono eletti quei politici che sanno meglio ascoltare o fingere retoricamente di ascoltare e rappresentare il maggior numero di elettori. In clima elettorale i politici fanno il possibile per mettersi nei panni degli elettori e capire le loro esigenze, le loro emozioni e i loro più sentiti bisogni (dignità, sicurezza, benessere). Una volta eletti dovranno mostrarsi in grado di realizzare ciò che hanno promesso. Ma intanto hanno il potere di farlo, lo fanno, o rivelano la loro incapacità e non volontà di farlo.

Mi fermo su queste sacrosante ovvietà socio-politologiche pensando all’attuale crisi della democrazia in America e al fatto del tutto nuovo che si sia cominciato a parlare di Trump come leader carismatico di una destra così estrema e inusitata da essere definita “fascista”. Abbiamo in effetti sotto gli occhi uno stile comunicativo e politico da fascismo americano, la cui ispirazione e radice covava sotto la superficie fin da quando gli Stati Uniti e la loro cultura sociale esistono. Trump non è propriamente un politico che appartenga alla tradizione del partito repubblicano a cui formalmente appartiene. Trump è una specie di superindividuo sul quale si proiettano tutti i diffusissimi individualismi di massa, e che rispecchia il populismo individualistico tipico della mentalità americana, sia nella working class che nella middle class.

Ora il problema del perché Trump abbia conquistato la maggioranza nell’elettorato dei maschi bianchi e senza laurea viene posto dalla sociologa Arlie Russell Hochschild, docente all’Università californiana di Berkeley. Divenuta celebre come studiosa delle emozioni nella vita sociale e politica, la sociologa ha parlato di orgoglio ferito e di vergogna per la perdita di status in stati del sud come la Louisiana e il Kentucky orientale. Senso di vergogna e “orgoglio rubato” avrebbero indotto una classe sociale bianca e povera a sentirsi capita più da Trump che dalla sinistra democratica. In un’ampia intervista rilasciata a Barbara Bertoncin per “Una Città” (n. 309) si parla anzitutto di capacità di ascolto nelle indagini e interviste compiute dai sociologi. La barriera culturale da superare perché gli intervistati parlino apertamente e con sincerità non è più un ostacolo quando il ricercatore fa appello al senso di mortificazione di cui soffre l’intervistato: “La mia ricerca aveva come obiettivo quello di capire come le persone si sentono, come affrontano la loro situazione di perdenti (…) uno dei temi cruciali è che questa perdita provoca un senso di vergogna tanto più grave in un popolo molto orgoglioso e molto centrato sull’individualismo come quello bianco americano: ‘Accidenti, ma che cosa ho fatto per rimanere disoccupato, per guadagnare così poco? Per essere un tale fallimento?’”.

Il successo di Donald Trump come leader carismatico, dice la sociologa, viene da qui: “Dalla sua capacità di conquistare la devozione di queste persone e dalla sua abilità nel fare breccia su questo disagio attraverso quelli che ho definito rituali anti vergogna di riscatto simbolico”. E soprattutto, continua Russell Hochschild: “Il mio messaggio, la lezione da trarre è che dobbiamo imparare ad ascoltare. Temo che non lo sappiamo più fare (…). Sì, a sinistra diciamo di rivolgerci agli altri, ma non sappiamo come farlo e non diamo neppure valore ai tentativi di farlo (…) Per me è stato interessante studiare le diverse culture dell’orgoglio. Negli Stati Uniti vige una cultura dell’orgoglio altamente individualista. Se sei povero, è perché sei pigro. Insomma, è colpa tua. Credo che Donald Trump abbia fatto questo: fare appello al desiderio di alleviare il dolore della vergogna”.

Una conclusione? Eccola: i fascismi di ogni tipo nascono dall’umiliazione, dall’orgoglio ferito e da un desiderio di guarirlo con una reazione di rivalsa che può portare più lontano di quanto si immagini.

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