Lavorare sulla protezione degli agenti è saggio, il festival dei nuovi reati è scellerato
Il decreto sicurezza, approvato in via definitiva dal Senato e diventato legge tra vivaci polemiche, contiene norme di vario genere, ma punta a due obiettivi: offrire un sostegno concreto alle forze dell’ordine e introdurre nuovi reati o aggravanti. Sono previste anche disposizioni per rafforzare la tutela delle vittime della criminalità organizzata e dei collaboratori di giustizia. Nello stesso spirito, che potremmo definire assistenziale, si inserisce la norma che istituisce i tutor per le vittime dell’usura. La difesa delle forze dell’ordine e il sostegno economico a chi deve affrontare un procedimento giudiziario per atti connessi all’attività di servizio rappresentano un’assunzione di responsabilità da parte dello Stato nei confronti dei propri servitori. Come tutti i cittadini, anche loro sono innocenti fino a sentenza definitiva, e ciò non implica in alcun modo la creazione di un’area di impunità. Questa scelta appare del tutto ragionevole.
Meno convincente, invece, è l’istituzione di nuovi reati, che in molti casi sembrano duplicare norme già esistenti. Si ha l’impressione che si voglia esorcizzare l’emergere di certi fenomeni attraverso l’inasprimento delle pene o la creazione di fattispecie specifiche, dimenticando che spesso quei fenomeni affondano le radici in problematiche sociali complesse. L’occupazione di stabili, l’utilizzo di minorenni per l’accattonaggio, i blocchi stradali contro opere pubbliche sono situazioni diverse tra loro, ma tutte meriterebbero di essere affrontate anche a monte, indagandone le cause e intervenendo sui contesti che le generano. Naturalmente, alla prevenzione deve affiancarsi la repressione. Ma nel disegno del governo non si coglie una sufficiente consapevolezza dell’equilibrio necessario tra questi due strumenti. Quanto al resto, non è vero che il governo stia marciando verso un regime sovietico. Non è vero che le opposizioni stiano con i delinquenti contro le forze dell’ordine. Usare parole di questo tipo è un modo puerile per sottrarsi a una discussione seria sul merito, proprio su un tema – la sicurezza – che è percepito come centrale da gran parte dei cittadini.