Apartitico, nuovo rispetto ai veterani: Tacente si definisce “alternativo a chi è in politica da oltre venticinque anni e ha governato Taranto avendo ricoperto anche ruoli non secondari, ma con quali risultati?”. Ambiete, salute e lavoro, la triade per la città dell’Ex Ilva
I Cinque stelle, perché no, potrebbero votare per lui. Ma la cosa non sembrerebbe balzana (anzi) a Francesco Tacente detto “Checco”, candidato sindaco di Taranto che si definisce civico e si presenta per un centrodestra che, sul suo nome, al primo turno si è spaccato. E si presenta, Tacente, armato di battaglie popolari (per i critici: populiste), a partire da quella per il reddito di cittadinanza, argomento su cui il candidato si spende volentieri e su cui il M5s, al primo turno, per bocca della candidata Annagrazia Angolano, arrivata a un dieci per cento ora spendibile in due direzioni, polemizzava con il centrosinistra che sostiene Piero Bitetti. Ma quindi i Cinque Stelle la voteranno? si domanda a Tacente. “Io spero mi votino in tanti, per cambiare le cose”, dice, “al di là delle tessere di partito. E spero i cittadini scelgano al di là delle ideologie”. Una frase che piacerebbe al M5s. “I cittadini sono liberi di giudicare e votare per il bene di Taranto”, dice Tacente. “La mia”, ripete, “è una candidatura civica, senza bandiere e senza barriere. Lo ribadisco: siamo pronti a istituire il reddito di cittadinanza comunale con i fondi già stanziati del Just transition fund, ma vogliamo anche individuare nuovi investitori”. Ed ecco che, a tre giorni dal voto, il candidato – che al primo turno ha ottenuto il 26,14 per cento, superando nel centrodestra Luca Lazzaro (fermatosi al 19,40) – si presenta agli ultimi appuntamenti elettorali sapendo che, a fronte del 37,39 di Piero Bitetti, il dieci per cento del M5s potrebbe fare comodo. E si smarca dalle etichette. “Meglio Ta”, è il suo ritornello su manifesti e volantini, dove “Ta” sta per “Taranto” ma forse anche un po’ per la prima sillaba del suo cognome. “Meglio Ta”, anche nel senso della prevalenza nell’urna, è quello che spera intanto lui, il Tacente avvocato quarantaduenne molto noto in città: il candidato civico che, al primo turno, piaceva alla Lega e meno agli altri (che infatti avevano presentato in massa, da Fratelli d’Italia a Noi Moderati, lo sconfitto Lazzaro). Piaceva anche a Roberto Vannacci, Tacente, non ricambiato nei suoi estremi, come quando, sui social, il generale ha invitato a porre una “x” sul nome del candidato, sostituendola con la parola “Decima”, evocando così la “Xmas” e suscitando la presa di distanza del civico che si proponeva e si propone come dialogante, non nostalgico e non ideologico. Apartitico, nuovo rispetto ai veterani: così Tacente disegna per se stesso un profilo adatto anche ai post-grillini che, al Sud, non hanno ancora rinnegato la matrice da movimento “né di destra né di sinistra e alternativo ai politici di professione. Tacente si definisce “alternativo a chi è in politica da oltre venticinque anni e ha governato Taranto avendo ricoperto anche ruoli non secondari, ma con quali risultati?”. “La mia unica bandiera è Taranto”, dice illustrando i punti del suo programma, tra transizione ecologica nel siderurgico e crisi occupazionale nella città dell’ex Ilva (“la transizione ecologica va gestita con responsabilità e trasparenza”, dice, promettendo di far presente anche al governo “che la questione ambientale e sanitaria di Taranto è di primaria importanza e che la sua definizione è dirimente per qualsiasi soluzione”). E se a sinistra (avversario Bitetti in testa) c’è chi contesta a Tacente “la narrazione divisiva”, a destra (dove si tace in vista del ballottaggio) c’è chi avrebbe preferito toni più pacati, in direzione dell’elettorato indeciso. Intanto, nell’agenda del candidato (su cui la destra converge ora con apparentamento formale), figurano l’idea del “porto come hub, centro di eccellenza e polo di attrazione”, dice Tacente, e la triade “ambiente, salute, lavoro”. “Bisogna metterci la faccia”, è il concetto. Che il candidato si rivolga a quella che chiama la “sinistra dei no” o al governo nazionale poco importa. “Meglio Ta”, dice, “e non è uno slogan. Significa, letteralmente, ‘nell’interesse dei tarantini’”.