Referendum, l’assist di Piantedosi a Meloni: “Rispetta la Costituzione. Anche la sinistra incitava all’astensione”

Il ministro dell’Interno e la scelta della premier di andare al seggio e di non ritirare le schede: “Sono scelte personali garantite dalla Carta, dalle opposizioni motivazioni infondate, ricordo gli appelli dei leader a disertare le urne”

Ministro Matteo Piantendosi, la premier Giorgia Meloni dice che, per i referendum, andrà al seggio, ma non ritirerà le schede. Anche lei da titolare dell’Interno, ed esponente di questo governo, farà altrettanto? “Per il ruolo che ricopro, non ritengo opportuno fare appelli sul referendum”, dice Piantedosi intercettato dal Foglio in serata in Senato. Però insomma sono ore di polemiche da parte delle opposizioni. Una scelta poco onorevole, una furbizia da bar, una presa in giro verso i cittadini, un assalto alla democrazia: insomma le accuse verso la premier sono variegate. Si sarà fatto un’idea, o no? Il ministro si ferma e spiega: “Vorrei fare delle osservazioni”. Siamo qui per questo.

Spiega Piantedosi a proposito dell’appuntamento referendario di domenica e lunedì: “Mi limito a osservare che la Costituzione prevede esplicitamente il raggiungimento del quorum affinché sia ritenuta valida la consultazione. Allo stesso tempo, la Carta non prevede per i cittadini l’obbligo di votare. Dunque è del tutto lecito astenersi. Si può rimanere a casa. Si può votare”.



Certo, eravamo rimasti “all’andate al mare” di craxiana memoria. Tuttavia le parole della premier pronunciate a margine della Festa del 2 giugno aprono un altro scenario, quello dell’enunciazione che sembra situazionista o comunque nannimorettiana: vado al seggio, ma non ritiro le schede con i quesiti. Cos’è: una sorta di cucchiaio lessicale alla Totti quello della presidente del Consiglio? Non si confondono così gli elettori con questa dichiarazione, tecnicamente perfetta quanto luciferina? “No! Ma di cosa! Si può andare al seggio senza prendere le schede per non farsi conteggiare ai fini del quorum. Si possono prendere alcune schede ma non altre su cui non ci si vuole esprimere. Sono scelte personali che vanno sempre rispettate perché riconducibili alla libertà costituzionalmente garantita del cittadino”.



Sono ore di mobilitazione: la Cgil è sugli scudi, la segretaria del Pd, Elly Schlein, ha detto che Meloni prende per il naso gli italiani. Immaginiamo che lei non sia d’accordo con la leader dei dem, giusto? “Guardi, è molto semplice: e lo dice la Carta, non io. La libertà di voto non può subire compressioni e limitazioni oltre quelle previste dalla costituzione e pertanto vanno respinti i tentativi di condizionare il corpo elettorale adducendo argomentazioni infondate”.



La via dell’astensione è lastricata da tanti inviti al non voto, ma questo di Meloni non rischia di essere un boomerang di mobilitare il fronte referendario? Oppure è una mossa per evitare il vero rischio quello della contrapposizione il resto del mondo contro Giorgia dopo le parole del presidente del Senato Ignazio La Russa? Il ministro scuote la testa, non vuole entrare nella polemica, ripone una cartellina sotto il braccio e torna ad argomentare in punto di diritto, come ama spesso dire. “Guardi, niente di tutto questo basta avere un po’ di memoria. In passato peraltro non sono mancati appelli all’astensione da parte di importanti leader e autorevoli organi di stampa appartenenti all’area politica che oggi pretende di imporre un obbligo di votare del tutto insussistente”.



Fece rumore il “non andrò” di Sergio Cofferati, allora leader della Cgil a proposito del referendum proposto da Rifondazione comunista sull’estensione dell’articolo 18 anche alle imprese sotto i quindici dipendenti, per dire. “Ecco, questo lo dice lei. In generale farei un altro ragionamento”. E cioè quale, ministro? “A questo proposito, sarebbe interessante verificare cosa hanno fatto in passato quelli che oggi lamentano la profanazione della democrazia nel nostro paese per il possibile mancato raggiungimento del quorum. Chissà a quante e quali consultazioni hanno partecipato e quali invece hanno disertato”. Va bene, ma ci dica cosa farà lei nel prossimo fine settimana: si chiuderà in quel di Pietrastornina, nell’Avellinese, tra noccioleti e ulivi oppure farà come Meloni che andrà al seggio e non ritirerà la scheda oppure – questa sì che sarebbe una notizia per quanto è impossibile – voterà ai referendum e magari tutti sì, compreso il quesito sull’immigrazione? “Capisco le provocazioni giornalistiche che mi sta sottoponendo, al momento sto valutando. Va bene come risposta?”.

Di più su questi argomenti:

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d’autore.

Leave a comment

Your email address will not be published.