Le triangolazioni sull’immigrazione ci spiegano come può nascere l’asse anti lepenista tra Macron e Meloni. Spunti, dopo l’incontro tra i due leader, per provare a capire su quali temi l’Italia e la Francia potranno tentare nel futuro di migliorare i propri rapporti
L’incontro tra Giorgia Meloni ed Emmanuel Macron ha offerto molti elementi utili per provare a capire su quali punti l’Italia e la Francia potranno tentare nel futuro di migliorare i propri rapporti e il fatto che la visita di riconciliazione sia avvenuta proprio in Italia indica naturalmente la volontà plastica da parte della Francia macroniana di voler fare un volenterosissimo passo verso l’Italia meloniana, mettendo da parte le molte incomprensioni del passato generate non solo dalle ambiguità italiane su alcuni dossier cruciali ma anche dalla volontà mal riposta da parte del presidente francese di provare a speculare sulle difficoltà di posizionamento della premier italiana, in primis sull’Ucraina. I rapporti tra Italia e Francia sono complicati per mille ragioni, lo sappiamo, e nei non detti delle dichiarazioni pubbliche a parte il grande elefante nella stanza chiamato Donald Trump e a parte il grande elefante nella stanza chiamato sostegno all’Ucraina c’è molto altro. Ci sono gli equilibri delicatissimi in Libia, dove Libia significa naturalmente interessi sulle estrazioni di petrolio. Ci sono gli equilibri altrettanto delicati sulla governance di STMicroelectronics, la multinazionale dei semiconduttori partecipata pariteticamente da Roma e Parigi e sulla quale da mesi il governo francese e quello italiano scazzottano per trovare un compromesso per la nomina dei vertici aziendali. Ci sono gli equilibri non meno complicati che riguardano il settore bancario, con Palazzo Chigi che non vedrebbe in modo negativo un intervento di Crédit Agricole su BancoBpm per tenere lontana Unicredit.
Ci sarebbero altri equilibri importanti che andrebbero considerati, dal punto di vista politico, che riguardano una necessità convergente che avrebbero sia l’Italia sia la Francia, ovvero unirsi per lavorare insieme con la Germania di Merz a un grande piano europeo di Eurobond sulla Difesa. I temi su cui trovare una convergenza sono molti, lo sappiamo, e il posizionamento europeo assunto da Macron e Meloni in questi anni li rende più vicini di quanto loro stessi non riescano a capire. Ma tra gli argomenti su cui Macron e Meloni non avranno avuto difficoltà a trovare un’intesa, a confermare una visione simmetrica sul mondo, ce n’è uno importante che riguarda un approccio speculare assunto dal governo francese e da quello italiano su un tema teoricamente divisivo: l’immigrazione.
Meloni e Macron, negli ultimi due anni, hanno scelto coraggiosamente di uscire dalla comfort zone dell’immobilismo, sull’immigrazione, e hanno cercato di dare un contributo, da posizioni diverse, per combattere, sul terreno dei migranti, il modello lepenista. Macron lo ha fatto sfidando il pensiero unico progressista, secondo il quale ogni tentativo di governare i confini dell’Unione europea equivale a portare avanti politiche disumane sull’immigrazione. Meloni, da parte sua, lo ha fatto sfidando il pensiero unico sovranista, secondo il quale ogni tentativo di scommettere sulla solidarietà europea, quando si parla di migranti, significa allontanarsi dalla logica dei muri e arrendersi dunque alla famigerata invasione dei migranti. Le posizioni di Macron e di Meloni, sul tema dell’immigrazione, sono uno degli elementi più interessanti e sorprendenti da studiare nel rapporto tra Italia e Francia, e sono così sorprendenti da aver spinto mesi fa la Francia a presentare insieme con l’Italia osservazioni scritte alla Corte di giustizia europea per evitare di dare alle magistrature europee poteri eccessivi nella definizione dei paesi sicuri. Meloni e Macron hanno trovato punti in comune in Europa sull’immigrazione grazie alle mediazioni portate avanti dalla Commissione europea, attorno al famoso Patto sull’asilo e sui migranti, mediazioni elogiate recentemente anche dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha riconosciuto come l’Europa sul dossier migranti “ha aperto cantieri che vanno nella giusta direzione”.
E le convergenze tra Italia e Francia, almeno su questo terreno, un terreno che è l’opposto del modello lepenista, un modello fatto di xenofobia, respingimenti, muri che si alzano, trattati da rivedere, solidarietà demonizzata, sono lì a indicare un tema enorme anche per l’Italia: sull’immigrazione, in Europa, esiste un nuovo mainstream centrista, e chi sta fuori da quel mainstream ha scelto di giocare con gli estremismi di destra e di sinistra. L’Italia, caso unico in Europa, è uno dei pochi paesi ad avere in casa, su questo tema, un estremismo di sinistra (il Pd) e uno di destra (la Lega). E in fondo le convergenze tra Macron e Meloni su questo terreno ci dicono molto su un fatto elementare: l’Europa, con tutti i suoi difetti, è un argine contro gli estremismi, e quando due leader distanti tra loro trovano un modo per parlare lo stesso linguaggio in Europa non stanno cedendo un pezzo della propria sovranità: stanno provando semplicemente a proteggere gli interessi dei propri cittadini dai populismi di destra e di sinistra. Vale sull’immigrazione e vale su tutto il resto. Non si sa quanto reggerà, perché Meloni e Macron sono fatti per non capirsi, ma fino a quando reggerà lunga vita all’agenda Macroni.