Alla Regione il movimento di Giuseppe Conte è all’opposizione, ma vota il Bilancio. A Taranto la candidata sindaco Angolano (sconfitta al primo turno) annuncia che non fa accordi, ma poi dice che voterà l’aspirante primo cittadino dem Piero Bitetti. A Bari Appendino abbraccia Schlein e Fratoianni sul palco, ma reclama le mani libere
Il M5S in Puglia ha coniato una nuova formula politica: il “maanchismo” in salsa contiana, la contaminazione tra terra e mare della cucina del Tacco dello Stivale che unisce cozze e fagioli, zucchine e gamberi rossi, ovvero lo stare un po’ con il centrosinistra e un po’ con la postura del movimento delle origini. Succede alla Regione Puglia, alle comunali di Taranto e sul palco della Cgil di Bari, dove la vicepresidente Chiara Appendino si dichiara progressista ma rivendica la sua autonomia.
Il caposaldo del “maanchismo” avviene alla Regione: i pentastellati sono fuori dalla maggioranza di centrosinistra dopo le inchieste sulla presunta corruzione che hanno travolto l’ex assessore Pd Anita Maurodinoia. Al grido di “o-ne-stà-o-nestà” il presidente Giuseppe Conte da Volturara Appula ritirò la sua delegazione dalla giunta dello sceicco Michele Emiliano e tuonò: “Non possiamo permettere che torni Mani pulite”.
Nei mesi successivi la pattuglia dei 5S ha di seguito votato con il Pd sia il Bilancio che il ripiano della voragine del buco sanitario, configurando un appoggio esterno di fatto, giustificato dalla necessità di non scendere dalla nave progressista che l’eurodeputato dem Antonio Decaro, candidato governatore, porterà tra qualche mese di nuovo alla vittoria. Nell’ultima seduta il corto circuito da Commedia dell’Arte sulla proposta per cancellare il balzello dei consorzi agrari: il consigliere 5S Cristian Casili, si sente all’opposizione, e attacca il capogruppo Pd: “Fai votare i tuoi”. Il dem Paolo Campo replica: “E voi non eravate nel centrosinistra?”.
Nelle comunali della città ionica si sublima la doppiezza contiana, fotografata da una nota di autentico moroteismo diffusa dalla candidata sindaco Annagrazia Angolano, che ha raccolto nel primo turno il 10,91% con una campagna elettorale dai toni populisti, dimenticando la stagione dei due governi Conte. La Angolano elabora una strategia pienamente “maanchista”: “Siamo all’opposizione ma votiamo il candidato di Pd ed Emiliano Piero Bitetti”. Il passaggio è connesso a una assemblea con gli iscritti e i simpatizzanti nei Giardini Virgilio: “Il nostro obiettivo – argomenta la Angolano – è contrastare quella politica fatta di caminetti e accordicchi nelle segrete stanze, di decisioni non condivise che vanno sopra la testa dei cittadini”. Poi puntualizza la serpentina che caratterizzerà la linea contiana: “Abbiamo chiesto pubblicamente e in modo trasparente alla coalizione di Bitetti, di impegnarsi a realizzare i temi che avevamo posto alla sua attenzione” e il candidato di centrosinistra ha aperto su tutta la linea. La conclusione, dopo una campagna elettorale nella quale a Bitetti è stato rinfacciato di non essere espressione del “necessario rinnovamento”: “L’assemblea degli iscritti e dei cittadini, ha deciso di dare indicazione di voto per Bitetti”.
Da Bari, infine, Chiara Appendino, sotto il palco pro referendum della Cgil si esercita in un ennesimo cerchiobottismo, agnolotti sabaudi contaminati con la crema alle cime di rape: “Questo referendum è uno spartiacque. Da qui si scelgono i compagni di viaggio”. L’incontro la vede accanto a Nicola Fratoianni, Elly Schlein, Maurizio Landini e Michele Emiliano. Sembra un complesso armonioso, ma non è così. Per l’ex sindaco di Torino la rotta per il futuro è questa: “Abbiamo le mani libere e non le venderemo per un accordo di vecchio stampo. Non ci interessano le poltrone, non facciamo accordi al ribasso, non cerchiamo apparentamenti senza basi politiche vere”. E giù missili terra-aria contro “chi vota con la destra sulla giustizia” o “difende il Jobs act”. Insomma insieme ma anche divisi. Solo mare, solo terra, ma anche cozze e fagioli.