Kyiv polverizza i bombardieri russi e la convinzione che le carte siano nelle mani di Putin e Trump
Milano. La spettacolare “operazione Ragnatela”, preparata dall’Ucraina in diciotto mesi dentro il territorio russo, ha polverizzato almeno 41 bombardieri russi – quelli che gli ucraini vedono volare nei loro cieli da quasi milleduecento giorni, mortali – e gran parte della propaganda di Vladimir Putin, costantemente ripresa dai media occidentali come se fosse informazione: la superiorità militare russa, l’inevitabilità della vittoria russa, la possibilità di una pace soltanto alle condizioni russe. Non ci sono più gli aerei da guerra russi colpiti da droni collocati sopra a dei camion – che ora, assieme ai trattori ucraini della prima fase della resistenza ucraina, entrano a far parte dei simboli di questa potentissima difesa – e non ci sono più nemmeno le convinzioni fasulle, riprese esplicitamente anche dall’Amministrazione Trump – sull’impossibilità di una vittoria ucraina.
Da mesi, almeno da quando il presidente americano, Donald Trump, ha umiliato Volodymyr Zelensky nello Studio ovale, nel febbraio scorso, e si è messo in una posizione – comoda e inefficace – di equidistanza tra aggressore e aggredito, sviluppando un’inusuale tolleranza per il primo e un’ostilità evidente per il secondo, l’aggressione russa all’Ucraina è diventata una questione di chilometri quadrati, di territori da cedere, di colloqui negoziali in cui si discute di quel che si discuterà all’appuntamento successivo, di calcoli cinici sul ritorno dell’investimento americano in Ucraina (investimento sbagliato, sostiene Trump, che dice di voler aggiustare quel che Joe Biden, il suo predecessore, Zelensky e Putin hanno rotto: tutti e tre colpevoli allo stesso modo di non aver posto fine alla guerra) e del tempo che ci vuole per chiudere questo negoziato mai iniziato, e lasciare a Trump la possibilità, finalmente, di dire che lui sì che sa fare gli accordi e la pace. Ma mentre l’attenzione dei commentatori occidentali è sempre rivolta a che cosa fa o farà Putin o a quando il presidente americano si scoccerà di essere preso in giro dal presidente russo che dice di conoscere tanto bene, l’Ucraina ha cambiato tutto.
Ha cambiato sé stessa, intanto, perché se c’è una cosa che gli ucraini hanno imparato fin da subito è che bisogna concentrarsi su ciò che è sotto il proprio controllo, è lì che si può fare la differenza: non possono votare al Congresso o nel Consiglio europeo, non possono imporre la propria adesione alla Nato, non possono prendere le decisioni che spettano ad altri. Insistono, certo, ricordano che ogni ritardo, ogni tentennamento, ogni cautela in Ucraina viene misurati in sacchi neri e funerali, chiedono la difesa aerea, le munizioni per le armi occidentali che utilizzano, le armi a lungo raggio. Ma nel frattempo innovano, fabbricano droni sofisticati, spezzano per quanto possibile la dipendenza dagli alleati, ricostruiscono un paese sempre più europeo, perché la loro è una battaglia esistenziale: se non sconfiggono la Russia, l’Ucraina non esisterà più.
Per Trump, ma anche per molti altri, la guerra contro l’Ucraina è una grana da risolvere, per gli ucraini no, è una questione di sopravvivenza. Perdere significa morire come nazione e come popolo, che è poi l’obiettivo dichiarato dallo stesso Putin prima ancora di ammassare le truppe ai confini e invadere l’Ucraina. Arrendersi non è un’opzione, insomma, e non lo è nemmeno disperarsi e lamentarsi, contando sugli scampoli di aiuti che gli americani sono ancora disposti a concedere, insofferenti, agli ucraini, trattandoli come dei “mendicanti” (il termine è stato introdotto dal figlio di Trump, Donald jr). Per questo gli ucraini hanno cambiato il modo in cui si difendono dai russi, hanno iniziato a progettare, fabbricare e utilizzare droni sofisticati, hanno preparato e portato a termine operazioni nel territorio russo: si stanno salvando da soli. Sanno che così è più difficile, sanno che senza gli aiuti occidentali il costo della salvezza si alza a dismisura – e potrebbe diventare insostenibile – ma nel frattempo costruiscono la loro sopravvivenza. Ieri David Frum, commentatore e saggista dell’Atlantic, ha scritto su X: “Stiamo raggiungendo il punto in cui l’Ucraina deve prendere seriamente in considerazione la propria volontà di estendere alla Nato una garanzia di sicurezza ucraina”. L’Ucraina sa difendersi, sa combattere, sa utilizzare le armi: noi alleati della Nato no. Si sta ribaltando il paradigma iniziale: è l’Ucraina ora che sa come difenderci tutti. Ed è per questo che invece di continuare a lanciare allarmi su quel che potrà fare Putin adesso che è stato colpito dalla “Ragnatela” a bordo dei camion, è il momento di fare pressioni sulla Russia, spezzando i rifornimenti finanziari che ancora le arrivano dall’occidente e smettendo di credere che solo i russi possono vincere questa guerra: non è vero.