L’eruzione dell’Etna e il crollo di una parete. Il vulcanologo: “Il fenomeno è imprevedibile, ma rientra nella normalità”

“Un’esplosione laterale ha fatto collassare una parte della parete del cono del vulcano. Se ricapiterà? Lo sa solo il Signore”. Intervista a Stefano Branca, direttore dell’Osservatorio etneo dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania

Nella notte fra domenica e lunedì è iniziata una nuova eruzione dell’Etna. Fino a ieri, una nube eruttiva alta alcuni chilometri era ben visibile sovrastare il vulcano siciliano, uno dei più attivi in Europa, accompagnato da un tremore vulcanico con valori molto alti. Successivamente, il fenomeno si è gradualmente ridotto fino a cessare del tutto. Attività così intense non se ne vedevano da febbraio 2021, nonostante le esplosioni in quella zona non siano una novità: “Negli ultimi 30 anni il modo principale di eruttare dell’Etna è attraverso questi fenomeni parossistici: ossia un’attività esplosiva che proviene dal cratere di sud est, e che dura complessivamente una decina d’ore”, spiega al Foglio Stefano Branca, direttore dell’Osservatorio etneo dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania.

Caratteristica tipica di queste attività è quella di “creare una colonna di materiale piroplastico, ossia di cenere, che poi va in atmosfera e ricade al suolo”, prosegue il vulcanologo. “Occasionalmente, però, durante queste attività se ne può verificare un’altra più rara: si generano delle esplosioni non verticali ma laterali, di fianco”, come nel caso degli ultimi giorni. “Questo fenomeno è dovuto al collasso di una parte della parete del cono, che apre uno squarcio sul proprio fianco e crea un cosiddetto flusso piroplastico”, ossia una colata di materiale magmatico bollente che scivola ad altissima velocità lungo i fianchi di un vulcano. Il flusso “si esaurisce in pochi minuti – ci dice Branca – ma viaggiando a notevole velocità è altamente pericoloso, perché è anche ad alta temperatura (circa 700 gradi)”.

Le esplosioni ordinarie sono prevedibili. “Ce ne sono state 250 negli ultimi 25 anni e se ne verificheranno sicuramente altre perché è il modo di eruttare dell’Etna. Se poi al loro interno ci saranno anche i flussi piroplastici lo sa solo il Signore“, ammette l’esperto. Tuttavia, eventi come questi rientrano “all’interno dei normali scenari legati ai fenomeni parossistici. Si sviluppano nella zona sommitale del vulcano, una zona desertica che preventivamente viene chiusa alle attività turistiche, quindi alla fine l’impatto di questi fenomeni è praticamente nullo”.

In questi casi, a mettere in moto il meccanismo d’allerta è un sistema di preavviso voluto dall’Ingv, di nome Etnas. “Quando o sismografi collegati con l’istituto rilevano movimenti superiori a determinate quote, scatta in automatico un alert che un sms o una telefonata agli enti territoriali di competenza, dalla prefettura ai sindaci fino alle forze di soccorso. In questo caso l’alert è scattato alle 5.37 segnalando l’imminente accadimento di fontane di lava”, ci spiegano dalla Protezione civile regionale. Oltre a enti pubblici e forze dell’ordine, la comunicazione arriva anche ad “alcuni soggetti privati che organizzano viaggi turistici sull’Etna, tramite una apposita chat su Telegram. Ma lo ricevono anche le guide vulcanologiche autorizzate a salire fin lassù”.

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