La guerra di potere tra Fifa e Uefa

Infantino e Ceferin si sfidano per rimarcare la rispettiva superiorità. E l’Europa soffre

L’ultima volta che si sono visti, Gianni Infantino e Aleksander Ceferin, in realtà non si sono visti. Ceferin, presidente dell’Uefa, si è alzato durante il congresso della Fifa in Paraguay, si è messo a capo degli otto membri europei del Consiglio e ha abbandonato i lavori. Infantino, presidente della Fifa, era arrivato troppo tardi, tre ore dopo l’appuntamento formale. Ceferin se n’è andato sdegnato, Infantino non è riuscito a essere puntuale perché si era dilungata la visita in Arabia Saudita e Qatar al seguito di Donald Trump. Il capo del calcio mondiale era in giro a stringere accordi, cercare denaro, stringere patti più o meno oscuri per accrescere la sua influenza e la delegazione europea ha lasciato il congresso di Asuncion, accusando Infantino di “assecondare interessi politici privati”.

Atto ennesimo della guerra strisciante tra i due governi del pallone: Infantino e Ceferin non si amano, si guardano in un modo appena più docile del cagnesco, si sfidano cercando di rimarcare ciascuno la propria superiorità. Il principio paradossale della contesa è che Infantino si sente inferiore, pur governando il gioco di tutto il mondo, rispetto a chi gestisce quello europeo. È possibile solo se ci capisce la chiave del ragionamento: qui il potere non è una questione di influenze, ma di denaro, è una gara a chi ha il fatturato più alto. Il rapporto è squilibrato: nel quadriennio 2023-2026, quello che finirà con la Coppa del mondo in Usa, Messico e Canada la Fifa fatturerà 13 miliardi di euro, somma che l’Uefa raccoglie nella metà del tempo se si pensa che la stagione 2023-24 ha portato in cassa 6,8 miliardi di euro. A Infantino, sensibile all’argomento, questa cosa non va giù e per questo corre dagli emiri, stringe accordi discutibili e cerca di sottrarre terreno alle squadre europee, che peraltro hanno vinto quattro Mondiali degli ultimi cinque e sedici finali di Coppa del mondo per club delle ultime diciassette e quindi portano a casa anche i soldi della Fifa. Da qui nasce l’edizione monstre che Infantino ha progettato del Mondiale per club che comincia fra poco, per appropriarsi delle grandi manifestazioni per squadre, non bastandogli più quelle delle nazionali. Un tentativo di sottrarre appeal alla Champions League, il fiore all’occhiello dell’Uefa. Fallito, al momento, visto che della “nuova” manifestazione di Infantino non sembra interessare a moltissimi. Per ingolosire le società reticenti, la Fifa, ha pensato a un montepremi vistosissimo, di un miliardo di dollari in totale, che però nelle intenzioni doveva essere più alto, con un obiettivo chiaro: far vincere alla squadra campione una cifra superiore a quella di chi vince la Champions, ma con sole otto partite. Conveniente, se non fosse che chi primeggerà quest’estate negli Stati Uniti può guadagnare al massimo 125 milioni di dollari e il Real, dati Uefa alla mano, vincendo l’ultima Champions ne ha guadagnati 154.

Ma Infantino ci ha provato e Ceferin sa che non è finita qui, che il suo rivale ci riproverà. Perché lo lo fa insistentemente dal 2018, quando cercò un accordo con la holding giapponese (ma con legami con il fondo sovrano saudita) SoftBank, con un impegno di 25 miliardi di dollari per creare nuove competizioni per club e una versione mondiale della Nations League. Era, anche, il periodo in cui Infantino pensava a far giocare il Mondiale ogni due anni, trovando l’opposizione dell’Uefa e non solo. Tradotto: Ceferin ha capito che Infantino vuole togliere attrattività popolare ed economica alle manifestazioni europee (ha ancora il sospetto dell’appoggio del manager svizzero al progetto, poi naufragato della Superlega, nato appunto in opposizione all’Uefa), vuole erodere pezzi di calendario, moltiplicare le partite in modo che poi, quando tutto diventerà insostenibile, si propenderà per il più forte, ovvero per chi mette più soldi sul tavolo. Nel frattempo, l’Europa non organizza un Mondiale in esclusiva dai tempi di Germania 2006 (Russia a parte, ma è un’altra storia), quello in Spagna finirà anche in Marocco, Portogallo, Argentina, Uruguay e Paraguay e fino al 2042 non dovrebbe averne la possibilità.

Da qui, ma non solo da qui, il rapporto del presidente Fifa con Trump, entrambi alla ricerca di affari e di intrecci geopolitici, costi quel che costi. Infantino ha già salvato la sua faccia per il Mondiale per club grazie ai soldi degli emiri, ora vuole conquistare ancora potere, non bastasse il governo del calcio mondiale. E l’Europa lo sa, infatti si alza e abbandona il proprio posto quando parla il rivale, alle prese con “interessi politici privati”.

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