La Corea del sud sceglie il nuovo presidente dopo il caos, tra missili e impeachment

Il candidato con più possibilità di vincere a Seul è quello che vuole più Russia, Cina e Corea del nord e meno Ucraina

Martedì si apriranno le urne in Corea del sud per eleggere il nuovo presidente della Repubblica, ma l’altissima affluenza al voto anticipato (34,7 per cento) ha già dimostrato la mobilitazione dei sudcoreani dopo il caos politico che si trascina dal 3 dicembre scorso, giorno in cui l’ex presidente Yoon Suk-yeol, poi messo sotto impeachment e deposto, ha dichiarato la legge marziale. I risultati di queste elezioni sono importanti per la stabilità di un paese che ha lavorato molto per diventare un importante attore diplomatico, è uno dei principali fornitori di armamenti all’Europa e fa da stabilizzatore, insieme con il Giappone, di un’area del mondo ad alto rischio conflitti a causa della politica estera sempre più assertiva e minacciosa sia della Cina sia della Corea del nord, ormai legata indissolubilmente alla Russia di Putin.



Sono tre i politici che si contendono la presidenza. Kim Moon-soo ha 73 anni, è stato in carcere per due anni da ragazzo perché faceva parte dei movimenti pro democrazia, poi si è spostato fra i conservatori, nell’ala più riformista. Ha ottenuto la candidatura del People’s Power Party, che è il partito ad aver candidato Yoon alle elezioni precedenti del 2022, dopo diversi tentativi di farlo fuori (i suoi sostenitori sono stati per giorni in sciopero della fame). Cerca i voti dei centristi che non vogliono votare a sinistra, e dei conservatori delusi dagli scandali venuti fuori dopo la legge marziale. Lee Jun-seok ha “solo” quarant’anni (un record per la politica asiatica), laureato a Harvard, ha sempre lavorato con i conservatori solo che l’anno scorso è stato espulso dal People’s Power Party per uno scandalo di prostituzione e abusi. Ha fondato il Reform Party e si è candidato, puntando soprattutto sui giovani maschi fra i 20 e i 30 anni. E’ stato più volte definito antifemminista per diverse dichiarazioni a dir poco controverse, tra cui quella secondo cui le accuse di discriminazione delle donne – in uno dei paesi industrializzati con il più basso livello di gender equality – sono la conseguenza di una “mentalità vittimistica infondata”.



Infine c’è Lee Jae-myung, 61 anni, candidato del Partito democratico, che secondo i sondaggi è l’uomo con più possibilità di diventare presidente la prossima settimana. Lee ci aveva provato anche nel 2022, e aveva perso contro Yoon per poco più di un punto percentuale. Pur avendo tentato in queste ultime settimane di campagna elettorale di spostarsi su posizioni più moderate, Lee Jae-myung è considerato il rappresentante di una corrente della sinistra sudcoreana populista, anti America e anti Nato, che vorrebbe un rapporto più profondo con Cina, Russia e Corea del nord e terminare il sostegno di Seul a Kyiv. Il suo rapporto con l’America di Trump potrebbe non essere facile: dopo alcune indiscrezioni dei giorni scorsi secondo le quali gli Stati Uniti sarebbero pronti a spostare 4.500 soldati dalla Corea del sud a Guam, ieri è stata ufficializzata la notizia di un’unità missilistica Patriot delle Forze armate americane in Corea, la cui funzione è quella di intercettare i missili nordcoreani, che è stata dislocata in medio oriente insieme a circa 500 soldati senza una consultazione preliminare con il ministero della Difesa sudcoreano.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: “Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l’Asia”, “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.

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