La Banca d’Italia si tiene alla larga dal golden power e dal risiko nazionale ed europeo

“Creare valore”, ma come? Nel laboratorio italiano di fusioni Bankitalia preferisce non esporsi

Unicamente”: si gioca attorno a questo avverbio una parte del risiko bancario. Ha colpito i giornalisti che di prima mattina hanno ascoltato il puntuale briefing sulle considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia. E più tardi è stato notato l’accento che Fabio Panetta vi ha messo mentre leggeva e interpretava il testo davanti a tutti gli invitati nella sala d’onore di Palazzo Koch. Ecco la frase chiave: “Le aggregazioni rappresentano un delicato momento di discontinuità nella vita degli intermediari. Devono servire a rafforzarli, e a questo scopo è necessario che siano ben concepite e volte unicamente alla creazione di valore”. Un “delicato momento”, non c’è dubbio, un’espressione che tradisce scarso entusiasmo? Bankitalia ha da tempo sostenuto che le banche italiane, tranne due, sono ancora troppo piccole.

La pensa ancora così, però niente operazioni dal connotato puramente finanziario (ancor meno speculativo), nulla che serva solo ad accrescere il potere di uno dei soggetti, l’ambizione dei banchieri o degli azionisti alle cui scelte, come Panetta dirà poco dopo, spetta “il giudizio su ciascuna offerta” secondo le “dinamiche del mercato”. Tutti sostengono di voler creare valore: il Montepaschi, Mediobanca, Unicredit, Bpm e via via in questa girandola che rende l’Italia una sorta di laboratorio europeo, perché in nessun altro paese dell’Unione europea è in atto un tale rimescolamento del mercato creditizio, senza dimenticare che Unicredit è azionista con quasi il 30 per cento della Commerzbank, seconda banca tedesca.

Quindi bisogna definire che cosa vuol dire creare valore. “Significa innanzitutto offrire a imprese e famiglie finanziamenti adeguati per quantità e costi; strumenti di impiego del risparmio efficaci, trasparenti e a condizioni eque; servizi qualificati e innovativi, coerenti con le esigenze di sviluppo del paese”. Per usare una distinzione netta (anche se fior di economisti sostengono che non sia adeguata tanto meno nell’economia contemporanea) Panetta mette in cima a tutto la “economia reale” rispetto a criteri squisitamente finanziari. Le banche servono a raccogliere risparmio da prestare a famiglie e imprese. Non sembri una affermazione lapalissiana, perché potrebbe escludere mestieri (pensiamo al wealth management non dipendente dalla concessione di credito, ma da impieghi diversificati della ricchezza) che si sono affermati da decenni, ormai dal big bang finanziario degli anni ’80. Non solo, la crisi delle banche popolari ha dimostrato che spesso intermediari tradizionali finiscono per concedere troppi prestiti e alle persone sbagliate. L’eccesso di crediti deteriorati quando è scoppiata la crisi, ha fatto saltare i bilanci di molte banche tradizionali, a cominciare dal Montepaschi. Oggi le cose sono cambiate anche grazie alla stessa Banca d’Italia.

Il governatore ha evitato accuratamente di entrare nel merito, guai a fare nomi naturalmente, chi ci ha provato nonostante tutto, tra noi giornalisti durante il briefing, è stato respinto dai dirigenti della vigilanza. “La Banca d’Italia – ha detto Panetta – interviene nei procedimenti autorizzativi nell’ambito delle proprie responsabilità, in stretta collaborazione con la Bce e con l’Ivass. Altre autorità, nazionali ed estere, operano secondo le competenze previste dalla legge. Alla Vigilanza compete verificare che ogni operazione rispetti la normativa prudenziale italiana ed europea, e che gli intermediari risultanti siano solidi sul piano patrimoniale, della liquidità e del governo dei rischi”.

Niente da dire nemmeno su Unicredit-Commerzbank; spetta alla Bce. Anche se la Bundesbank ha parlato accendendo luce verde, mentre il governo di Berlino resta contrario (lo era il socialdemocratico Scholz e lo è anche il cristianodemocratico Merz), ma non ha strumenti tecnico-politici per bloccare l’operazione, non c’è il golden power che il ministro Giorgetti ha difeso apertamente, annunciando che manderà all’Unicredit tutte le spiegazioni necessarie sull’opas verso Bpm. Anche su questo Bankitalia tace e le domande dei giornalisti sono cadute nel vuoto. Non compete a palazzo Koch, ma a Palazzo Chigi o a Palazzo Sella.


Molto spazio Panetta ha dedicato invece alle normative europee criticando la deregulation annunciata da Donald Trump: nell’Unione europea “l’obiettivo non deve essere l’allentamento delle regole, ma il loro miglioramento”. Nel settore bancario occorre “un testo unico” che semplifichi e armonizzi. E’ forse questa la risposta indiretta alla questione posta da Unicredit-Commerzbank nella quale sono coinvolti gli interessi europei e quelli nazionali.

Di più su questi argomenti:

Leave a comment

Your email address will not be published.