Dopo sei anni il tribunale di Parma assolve Luca Marola dall’accusa di cessione e vendita di stupefacenti, ma intanto il decreto del governo Meloni mette fuori legge le infiorescenze: “Una norma confusa, fatta male e ideologica”. Che forse questa sentenza può mettere in discussione
Assolto perché il fatto non sussiste, nello stesso giorno in cui la Camera ha approvato il decreto Sicurezza del governo Meloni. Che tra le altre cose mette fuori legge le infiorescenze della canapa e la filiera che la produce e la trasforma. E’ la storia paradossale di Luca Marola, imprenditore e attivista radicale di Parma, il primo in Italia a fondare un’azienda grossista di cannabis light. “Dopo tre anni di inchiesta e tre di processo la sentenza è stata un grande sollievo, ma ora è tutto di nuovo illegale. Non ho avuto neppure un giorno di gloria”, scherza rispondendo al Foglio.
Nel 2019 la procura di Parma ha avviato un’inchiesta contro di lui con l’accusa di cessione e vendita di stupefacenti. Praticamente spaccio. Per questo il procuratore capo Alfonso D’Avino aveva chiesto una pena di quattro anni e dieci mesi, oltre a una multa di 55 mila euro. Il presupposto, lo stesso su cui si basa oggi la norma del decreto Sicurezza, è che non fosse legale commercializzare i fiori di canapa industriale perché equiparabili a una droga. “E’ giusto che una procura si intestardisca su un’opinione sgangherata e minoritaria, producendo settemila pagine di inchiesta di fronte alle quali un giudice ha semplicemente detto: il fatto non sussiste. Davvero si possono spendere così i soldi pubblici, provocare danni a persone e imprese con intercettazioni e sequestri?”, si chiede oggi Marola. All’epoca la sua EasyJoint esisteva da due anni e contava su un fatturato di circa un milione di euro all’anno, aveva 12 dipendenti diretti più un indotto di una cinquantina di persone. Il primo sequestro della procura ha svuotato il magazzino di 650 chili di cannabis, per un valore di circa 2 milioni di euro.
In Italia l’azienda è stata un’esperienza pioneristica. Oggi la filiera conta duemila imprese agricole e circa mille commerciali, tra una decina di grossisti e molti negozi di vendita al dettaglio, oltre a trentamila lavoratori, secondo i dati dell’associazione Imprenditori canapa Italia. Per questo settore il decreto Sicurezza rappresenta una mannaia. “E’ una norma confusa, fatta male e ideologica. Non si può mettere l’infiorescenza di canapa, che non ha capacità psicotropa, nella stessa tabella delle droghe”, dice Marola, forte della sentenza che lo scagiona dall’accusa di cessione e vendita di stupefacenti.
Dal punto di vista giuridico, il processo a EasyJoint rappresenta un precedente importante per la canapa industriale in Italia, la cui produzione e trasformazione è stata finora normata da una legge del 2016 su cui sono intervenute diverse sentenze e pronunce della Cassazione. Ora le motivazioni della sentenza che assolve Marola potrebbero fornire elementi giuridici a coloro che puntano a disinnescare la norma del governo Meloni. “La struttura dell’accusa è identica alla struttura del decreto Sicurezza”, dice il fondatore di EasyJoint. “Per questo quando arriveranno le motivazioni della sentenza sarà interessante capire se ci sono strumenti giuridici che potranno essere usati per smantellare il decreto Sicurezza. Siamo pronti a rimetterci all’opera”.