Qualcuno ha inviato messaggi di testo e fatto telefonate a diversi funzionari repubblicani e dirigenti aziendali di rilievo spacciandosi per Susie Wiles. I precedenti e le falle nella sicurezza dell’Amministrazione americana
Nelle ultime settimane qualcuno ha inviato messaggi di testo e fatto telefonate a diversi funzionari repubblicani e dirigenti aziendali di rilievo spacciandosi per il capo dello staff del presidente Trump, Susie Wiles. L’Fbi e la Casa Bianca stanno cercando di capire chi c’è dietro l’operazione e qual è l’obiettivo, ma il Bureau sembrerebbe escludere che sia coinvolta una nazione straniera. Wiles ha esortato i suoi contatti a ignorare i messaggi e si è scusata per l’inconveniente. Tuttavia, alcune delle persone contattate hanno interagito con il sosia prima di rendersi conto dell’inganno. Le chiamate e i messaggi di testo non provenivano dal numero di cellulare di Wiles, considerata la più stretta consigliera di Trump, ma la voce sembrava proprio la sua: dall’Amministrazione ipotizzano che sia stata utilizzata l’intelligenza artificiale per riprodurla. Il telefono al quale sarebbero stati sottratti i contatti è il cellulare personale della capo staff, non quello governativo. Alcune persone che hanno ricevuto i messaggi hanno spiegato al Wsj che nel testo c’erano richieste che inizialmente hanno ritenuto ufficiali. Per esempio, l’hacker ha chiesto a un parlamentare di stilare una lista di persone che avrebbero potuto ottenere la grazia dal presidente. Qualcuno ha iniziato a insospettirsi quando l’imitatore ha iniziato a porre domande su Trump a cui Wiles avrebbe dovuto conoscere le risposte e, in un caso, quando ha chiesto un trasferimento di denaro. In molti casi la “finta” Wiles faceva errori di grammatica e i messaggi di testo erano più formali del modo in cui lei comunica di solito.
I precedenti e le falle nella sicurezza
Susie Wiles ha gestito la campagna elettorale di Trump prima di diventare capo dello staff, la prima donna a ricoprire questo incarico, e vanta una solida rete di contatti negli ambienti repubblicani, sia a Washington che in Florida, dove ha trascorso anni come mediatrice. La “signorina di ghiaccio”, come viene chiamata, ha saputo trasformare l’universo “disfunzionale” di Trump in un quadro organizzato, come ha scritto Politico. Non è la prima volta che Wiles ha il sospetto di essere vittima di hackeraggio. Il Wsj ricorda come già durante la campagna presidenziale dello scorso anno, agenti iraniani avevano violato l’account di posta elettronica di Wiles ed erano stati in grado di accedere alle informazioni sull’allora candidato vicepresidente JD Vance.
Ma nell’Amministrazione sembra esserci qualche falla per quanto riguarda il rapporto tra la sicurezza e la tecnologia. Poco più di due mesi fa un altro scandalo aveva coinvolto il direttore della rivista The Atlantic, Jeffrey Goldberg, che era stato aggiunto per sbaglio a una chat su Signal nella quale alti funzionari della Casa Bianca (tra i quali il vicepresidente JD Vance, il consigliere della Sicurezza nazionale Mike Waltz e il segretario alla Difesa Pete Hegseth) discutevano piani di guerra contro gli Houthi in Yemen.
In seguito Reuters ha svelato che a inizio maggio un hacker ha violato il servizio di comunicazione utilizzato da Mike Waltz, intercettando numerosi messaggi inviati da alcuni funzionari americani, di cui non è stata svelata l’identità. Reuters ha identificato più di 60 utenti governativi unici della piattaforma di messaggistica TeleMessage nella cache di dati trapelati forniti da Distributed Denial of Secrets, un’organizzazione no-profit americana che archivia dati e documenti hackerati d’interesse pubblico.