“Il reato di femminicidio è un’operazione di marketing”. Le critiche di 80 giuriste

“Il nostro ordinamento già prevede l’ergastolo per chi uccide una donna”, dice la prof. Ilaria Merenda, tra le promotrici di un appello contro l’introduzione del reato di femminicidio. “Questa misura è una sorta di ansiolitico sociale. Abbandoniamo l’idea che il diritto penale serva a educare”

Il reato di femminicidio? “Il nostro ordinamento già prevede l’ergastolo per chi uccide una donna. Siamo di fronte all’ennesimo uso simbolico del diritto penale, a un’operazione di marketing senza alcuna efficacia concreta”. Lo dice al Foglio Ilaria Merenda, docente di Diritto penale all’università Roma Tre, tra le promotrici di un appello contro l’introduzione del reato di femminicidio (proposta dal governo) sottoscritto da 80 giuriste di tutta Italia. “La nostra preoccupazione è che questo intervento sposti l’attenzione sui veri ambiti nei quali il legislatore dovrebbe intervenire, che riguardano soprattutto la formazione e la prevenzione”.

“Da recenti episodi di cronaca, per esempio il caso Turetta, emerge che già oggi i soggetti che compiono femminicidi possono essere condannati all’ergastolo. Questo dimostra che dal punto di vista normativo non ci sono vuoti di tutela”, sottolinea Merenda. “Grazie alle modifiche normative intervenute negli ultimi anni, infatti, la disciplina già coglie lo specifico disvalore della condotta, consentendo di applicare la pena dell’ergastolo all’uccisione di una donna per motivi di genere. L’introduzione di un reato autonomo per il femminicidio, punito con l’ergastolo, come proposto dal ddl governativo, assume quindi una valenza meramente simbolica”, aggiunge.

“Abbiamo persino letto dei parallelismi tra il femminicidio e il reato di associazione mafiosa. C’è chi ha sostenuto che il 416 bis venne introdotto perché c’era un vuoto normativo e lo stesso andrebbe fatto per il femminicidio. Ma sono fenomeni totalmente diversi. Quando è stato introdotto il 416 bis non c’erano norme che si occupavano delle associazioni mafiose. Invece oggi il nostro sistema già prevede la pena dell’ergastolo per chi commette il reato di femminicidio”, ribadisce la professoressa Merenda.

Nel documento sottoscritto da 80 giuriste si evidenzia anche lo scarso effetto di deterrenza della minaccia dell’ergastolo, come emerge dall’esperienza di diversi stati sudamericani, che hanno incriminato il reato di femminicidio in presenza di un numero elevatissimo di donne assassinate. “Un soggetto che arriva a commettere un reato così grave difficilmente può essere in qualche modo disincentivato dalla commissione del reato perché anziché essere soggetto a una pena di 21 anni avrà la pena dell’ergastolo. Parliamo di tipologie di reato che hanno a che vedere con dinamiche complesse e motivazioni di carattere affettivo e soprattutto culturali così radicate da rendere inefficace la mera minaccia della pena”, spiega Merenda.

Il reato di femminicidio proposto dal ddl governativo risulta peraltro essere molto discutibile sotto il profilo della tipizzazione e determinatezza penale.

Insomma, quella del governo “rischia di essere un’operazione di marketing. Si introduce un reato spot non necessario. Una sorta di ansiolitico sociale: la collettività ha l’impressione che il governo si stia occupando di questo fenomeno, ma non è così. Questo ddl non prevede alcun investimento sul piano finanziario, che è ciò che servirebbe per aiutare i centri antiviolenza e per promuovere attività di formazione”.

Bisognerebbe abbandonare l’idea che il diritto penale serva a educare”, aggiunge la giurista. “Il diritto penale serve a tutelare i beni giuridici e abbiamo una tutela adeguata del diritto alla vita, inclusa quella delle donne. Per educare servono altri strumenti. Una società che delega al diritto penale l’educazione dei propri cittadini è una società che ha fallito”.

Da qui nasce l’appello delle giuriste contro il reato di femminicidio: “Siamo allarmate rispetto a un atteggiamento del governo che sa un po’ di presa in giro. Con il nostro intervento non intendiamo contrapporci a iniziative di contrasto alla violenza contro le donne, né sminuire la rilevanza del problema. Vorremmo sollecitare, invece, una riflessione più ampia e articolata sul tema”, conclude Merenda.

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  • Ermes Antonucci
  • Classe 1991, abruzzese d’origine e romano d’adozione. E’ giornalista di cronaca giudiziaria e studioso della magistratura. Ha scritto “I dannati della gogna” (Liberilibri, 2021) e “La repubblica giudiziaria” (Marsilio, 2023). Su Twitter è @ErmesAntonucci. Per segnalazioni: [email protected]

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