L’ad di Unicredit apre a una riflessione su Banco Bpm e il golden power: tempi stretti e tensioni con il governo, ma la banca non molla. In ballo anche il nodo Commerzbank e il pressing di Bruxelles sulle regole europee
Le spaghettate a base di cacio e pepe a casa di Carlo Messina e una certa consuetudine con le telefonate (“Con Carlo ci sentiamo spesso”) devono avere prodotto qualche effetto se l’ad di Unicredit, Andrea Orcel, appare propenso ad accettare l’idea che la sua strategia di crescita su più fronti deve misurarsi con il fatto che la sensibilità dei governi a queste operazioni sta aumentando in tutta Europa anche in barba al progetto dell’unione bancaria.
“L’ops su Banco Bpm potrebbe decadere”, ha ammesso il banchiere durante la seconda giornata dei lavori del consiglio nazionale della Fabi, anche se quando ha parlato non sapeva che il Tar del Lazio ha fissato già per il 4 giugno la prima udienza per esaminare il ricorso di Unicredit contro i paletti posti dal governo, cosa che ha riacceso la speranza che una sentenza (favorevole) possa arrivare in tempo utile per mandare in porto l’offerta. Il giorno precedente, il ceo di Intesa Sanpaolo era intervenuto proprio sul tema golden power dicendo che fa parte di un “mondo nuovo” in cui la tutela del risparmio è avvertito dai governi come un tema di interesse nazionale. Orcel ha mostrato di cogliere il messaggio: “Nell’Unione europea l’influenza degli stati nelle acquisizioni è diventata molto significativa. Succede in Italia, ma anche in Spagna, Germania, Ungheria, ovunque ci siano operazioni”, ha sottolineato. Forse anche per questa ragione ha escluso l’ipotesi di una scalata al gruppo Generali, di cui detiene una quota di oltre il 6 per cento.
E rispondendo a una domanda del Foglio su una possibile interesse per Banca Generali, su cui Mediobanca ha lanciato un’ops offrendo in cambio la sua quota nel Leone, ha escluso anche questa eventualità per mancanza di sinergie con Unicredit ma aggiungendo che Banca Generali rappresenta per il Leone “un importante canale di distribuzione” e, quindi, il suo parere di banchiere è che non dovrebbe essere ceduta. Orcel ha tutta l’attenzione concentrata su Banco Bpm, il progetto che ritiene industrialmente valido per Unicredit. Se anche i tempi del Tar fossero inconciliabili con la chiusura dell’offerta, Orcel non sembra intenzionato a gettare la spugna. Sarebbe poco coerente con il suo stile dinamico e forse anche deludente per gli azionisti di Unicredit che si attendono una crescita dimensionale della banca oltre che i dividendi (il gap con Intesa Sanpaolo, in termini di quote di mercato, è ancora molto elevato). Quello che si capisce è che ai piani alti dell’istituto di Gae Aulenti si è aperta una riflessione su come rimodulare alcune mosse adattandole a un contesto che è cambiato. Vale per l’Italia come per la Germania dove Orcel attende “i tempi giusti” per parlare con il governo federale di Commerzbank. “Il fatto che siamo persone perbene ed educate non toglie il fatto che abbiamo il 30 per cento”, ha rimarcato il numero uno di Unicredit riferendosi al fatto di non avere ancora lanciato un’opa pur avendo raggiunto la soglia di capitale che glielo consentirebbe. Per capire come “Orcel 2” pensa di muoversi in futuro bisogna seguire il filo del ragionamento sull’operazione Banco Bpm. “Il nostro ricorso al Tar è una questione di chiarezza, non è una questione di combattimento”, dice apparendo come chi porge un ramoscello d’ulivo al governo: “Siamo tutti d’accordo sugli obiettivi del golden power: il sostegno dell’economia, della piccola e media impresa, la tutela del risparmio delle famiglie”. Il problema è però sulle motivazioni del golden power: “Se le prescrizioni con gli stessi obiettivi fossero scritte diversamente, per noi non ci sarebbero problemi”, sottolinea. Parole che sembrano puntare a creare una breccia nel muro che oggi divide Unicredit dal palazzo dell’esecutivo, dove la decisione della Consob di allungare di trenta giorni l’offerta su Bpm è stata presa piuttosto male. Ma dall’altro lato suonano come la ferma volontà di arrivare a definire in che modo le operazioni bancarie devono avvenire in questo paese. Se il tentativo di conquista della banca di Piazza Meda dovesse rivelarsi impraticabile, una pronuncia anche tardiva del Tar (se favorevole) servirebbe ad Orcel per mettere un punto fermo sulla questione golden power che è arrivata all’attenzione di Bruxelles. L’Unione europea sta indagando sull’utilizzo di questo strumento da parte dell’Italia tramite sia la Commissione per i servizi finanziari sia la Dg Competition, soprattutto in relazione al concetto di interesse nazionale. Una volta terminato l’iter, l’Ue dovrà decidere se avviare o meno una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia. Un contesto di regole più chiaro, comunque, permetterebbe a Unicredit (e a qualsiasi altra banca) di sapere se potrà promuovere una nuova offerta su Bpm (eventualità che il banchiere dice essere “prematura” anche se non la esclude) o eventuali altre operazioni in Italia.