“Il nulla di Meloni sulla politica economica. Dica qualcosa, anche di destra”. Intervista a Calenda

Il leader di Azione attacca il governo dall’Assemblea di Confindustria: “Mi sono rotto i coglioni, a Palazzo Chigi ignorano le nostre proposte. Urso? Una disgrazia pegiore dei dazi”. Ma sul campo larghissimo frena: “No a livello nazionale. Con il Pd e il M5s per Gaza? Vediamo”

“Sulla politica economica Meloni dica qualcosa, anche di destra se vuole, ma la dica”. Carlo Calenda, ospite anche lui ieri all’assemblea generale di Confindustria a Bologna, reinterpreta una celebre citazione di Nanni Moretti per incalzare la premier sulle ricette economiche che, sostiene, mancano ancora all’Italia. “Sembrava il giorno della marmotta: la relazione di Orsini era praticamente identica a quella dello scorso anno perché sul tema della politica industriale Meloni non ha fatto nulla. Anche oggi ha ripetuto cose come ‘bisogna fare’, ‘dovremmo fare’, ‘occorre fare’. Ma sono due anni che queste cose vanno affrontate, il governo che fa?”. A indignare il leader di Azione è in particolare il capitolo energia, un punto su cui ha calcato molto anche il presidente di Confindustria Orsini e che Calenda ritiene abbia svolto un ruolo cruciale negli ormai 26 mesi consecutivi di calo della produzione industriale italiana.



“E’ chiaro – dice Calenda – che contribuisca anche il ciclo economico, ma se la crescita è in media e la produzione industriale si riduce più di altrove significa che c’è un problema. Per affrontarlo bisogna fare un confronto con i fattori industriali degli altri paesi. Ci si rende subito conto che, ad esempio, in Spagna il costo dell’energia è di 40 euro al megawattora, mentre qui siamo a 140. Meloni chiede di proporle soluzioni, eppure noi le abbiamo mandato un provvedimento dettagliatissimo senza mai ricevere risposta, sapete perché?”. No, perché? “Non può affrontare la questione perché sconta le rendite improprie dei produttori di fotovoltaico e idroelettrico che sono molto vicini alla Lega. Per abbassare il costo basterebbe disaccoppiare il prezzo del gas da quello di fonti rinnovabili e idroelettrico. Meloni vuole rinnovare le concessione dell’idroelettrico senza gara? Allora, visto che queste aziende arrivano al break-even (il punto in cui i costi eguagliano i ricavi, ndr) a 20 euro a megawattora, dovrebbe chiedergli di vendere a 50, facendo come in Francia, e cioè portando fuori borsa un pezzo del mercato dell’energia con contratti di lungo periodo. Continuare con i sussidi non serve a niente”. Non è che è innervosito perché il governo non vi ascolta? “Di più – replica Calenda – lo scriva pure: mi sono rotto i coglioni. L’atteggiamento di Azione è sempre stato costruttivo, ma a Palazzo Chigi delle nostre proposte se ne fregano. Eppure farebbero bene ad ascoltarci. Ieri Orsini ha lanciato un allarme”. Ovvero? “Il presidente di Confindustria ha spiegato come mai nonostante il calo della produzione industriale l’occupazione non crolli: il 67 per cento delle imprese pur dovendo licenziare, non lo fa per paura di non ritrovare le stesse figure, ma quanto potrà durare questo comportamento?”.

Parte delle difficoltà Calenda le imputa al ministro delle Imprese Adolfo Urso. “E’ una disgrazia, come le cavallette”, dice. “La sua sola presenza al ministero è un danno comparabile a quello dei dazi: con Impresa 5.0 ha messo oltre sei miliardi su un provvedimento che non funziona, ma che deve rimanere solo per salvare la sua faccia. E’ totalmente inadeguato: diceva che avremmo prodotto un milione di vetture e invece siamo sotto 500 mila, diceva che sull’Ilva era tutto a posto e invece era un bluff clamoroso. In un mondo normale Meloni lo avrebbe già mandato a casa”. A proposito di Ilva, come finirà? “L’Ilva – risponde Calenda – è chiusa. L’ho dichiarato il giorno in cui i 5 stelle, il Pd e Iv hanno fatto saltare l’accordo con Mittal. Ora l’unica soluzione sarebbe la nazionalizzazione, scegliendo i migliori manager del mondo. Ma da un lato questo governo che decide solo per appartenenza politica non può farlo, dall’altro in un mondo globalizzato non puoi competere con i grandi colossi come Mittal o Nippon Steal con un solo impianto. Infine la chiusura va bene a tutti: alla regione, al comune, alla magistratura e persino ai sindacati. Finirà che butteremo altri miliardi invano e poi serviranno 15 anni per fare la bonifica”.



Passiamo alla politica. A Genova vince il campo extralarge anche con Azione. Adesso vi chiedono di aderire anche a livello nazionale, è quella, dicono, l’unica strada per battere Meloni. Calenda sospira: “Io rispetto gli elettori e sono convinto che questo paese non si salva col campo largo: una cosa è votare in una città con una bravissima candidata, parlando di sviluppo urbano e illuminazione, un’altra stare insieme a livello nazionale con una visione di politica estera, di politica energetica e del mercato del lavoro completamente differenti. Noi stiamo lavorando con gli altri gruppi del centro liberale per costruire una federazione che si presenti alle politiche come terzo polo, e nonostante l’espressioni porti una certa sfiga su questo non arretriamo. Speriamo invece che FI e un pezzo del Pd riformista possano seguirci”. Intanto è FI che vuole convincere voi a sostenere una candidatura civica a destra per il comune di Milano. “Se il campo largo candida Majorino e il centrodestra il bravissimo rettore del Politecnico io non ho problemi a sostenere quest’ultimo. Spero però che, dato che sono all’opposizione, sia da quella parte che si riescano a trovare dei nomi di persone preparate. Comunque ripeto: solo candidature presentabili. Fico in Campania, ad esempio, non lo è”.



Il campo largo intanto si prepara a manifestare per Gaza. L’appuntamento è a Roma il 7 giugno, Azione ci sarà? “Ne ho parlato questa mattina con Schlein: io sono pronto ad andare in piazza, a patto però che la piattaforma della manifestazione recepisca il problema dell’antisemitismo e gli organizzatori garantiscano che non ci saranno bandiere di Hamas, né persone che urlano‘morte agli ebrei’“.

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