Mentre l’Europa cerca una strategia comune per rafforzare la propria sovranità spaziale, l’Italia oscilla tra l’alleanza industriale con i partner europei e la fascinazione (non troppo nascosta) per Elon Musk e la sua Starlink, generando confusione su priorità, alleanze e sicurezza delle comunicazioni strategiche
In Italia è una settimana di politiche spaziali: ieri il ministro del Made in Italy Adolfo Urso ha accompagnato il commissario dell’Ue per la Difesa e lo Spazio, Andrius Kubilius, in tre dei luoghi più strategici per le politiche spaziali italiane ed europee e per il futuro satellitare d’Europa: prima una visita al centro romano di integrazione satelliti di Thales Alenia Space, la joint venture tra la francese Thales (67 per cento) e l’italiana Leonardo (33 per cento), poi il Centro Spaziale del Fucino di Telespazio (la cui proprietà è invertita: Leonardo ne ha il 67 per cento e Thales il 33), infine lo stabilimento Avio di Colleferro, dove si produce il lanciatore europeo Vega-CC. Domani poi sarà la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola a visitare, tra le altre cose, l’Aerospace district di Torino.
Nonostante la diplomazia europea, le dichiarazioni e i convegni sulla strategicità della dimensione spaziale, sembra tutt’oggi ben poco chiara la direzione che il governo Meloni vuole prendere per mettere in sicurezza le comunicazioni strategiche, e soprattutto a chi affidarsi. A fronte di un impegno già esistente di aziende italiane con altre aziende europee per rafforzare la capacità produttiva satellitare europea, il governo italiano sul tema dei satelliti per le comunicazioni sembra voler continuare ad avere una corsia preferenziale con Starlink di Elon Musk, o almeno l’impressione è che non si voglia urtare la sensibilità dell’imprenditore di SpaceX più vicino al presidente americano Donald Trump. Di Starlink si parla continuamente: qualche giorno fa, a Trento, è stato il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini a parlare di nuovo di Starlink: “E’ in corso una sperimentazione di alcune settimane, per il funzionamento del wifi sull’Alta velocità. Uno dei soggetti interessati a questo intervento per risolvere il problema della cattiva connessione sui treni è Starlink di Elon Musk, ma ce ne sono due”. L’altra azienda di cui Salvini evita di menzionare il nome è Eutelsat OneWeb, colosso franco-britannico che attualmente è l’unica alternativa a Starlink ma di cui, per ora, il governo italiano non parla esplicitamente. Dalla sede centrale di Parigi una fonte dice al Foglio: “Sono molti anni che lavoriamo in Italia, con Telecom, Sky Italia, abbiamo una presenza significativa e parliamo continuamente con i rappresentanti del governo italiano”, eppure Salvini preferisce menzionare l’azienda americana piuttosto che il consorzio che fa capo all’unico realistico concorrente di Starlink, cioè Eutelsat. “Non sappiamo se sia per un’agenda pro-Musk o anti-Eutelsat”, dice la fonte, “non abbiamo idea del motivo, ma è piuttosto frustrante”. Il colosso franco-britannico ha meno satelliti in orbita bassa, ma ha anche una governance completamente diversa rispetto a Starlink, il cui potere è concentrato nelle mani di Musk: “Non potremmo decidere autonomamente di staccare il servizio a qualcuno, per esempio”. Tecnicamente quella franco-britannica è un’azienda con una struttura più solida, con un bacino più grande di quello di SpaceX in regioni come l’Africa, anche se con un modello di business diverso (non si rivolge ai singoli utenti ma alle aziende e alle istituzioni) e sta continuando a crescere. Per fare un esempio significativo, qualche mese fa Taiwan si è rivolta a Eutelsat per garantire le comunicazioni satellitari strategiche in caso d’emergenza, come un’invasione da parte della Repubblica popolare cinese. Resta il problema di una costellazione non ancora in grado di garantire una copertura globale, che potrebbe non arrivare prima del 2030.
C’è poi molta confusione sul servizio che andrebbe richiesto ai provider satellitari. Salvini parlava di connettività per gli utenti sui treni ad alta velocità: non esattamente una comunicazione strategica da mettere in sicurezza. Il mese scorso, dopo alcune indiscrezioni su un potenziale contratto da 1,5 miliardi del governo italiano con Starlink per le comunicazioni governative e della Difesa, il ministro Guido Crosetto aveva detto che le trattative erano state “messe in pausa” in attesa di un’attenzione più tecnica, e meno politica, alla possibilità di adottare il sistema di Musk. L’altro ieri ha iniziato a circolare la notizia di una valutazione tecnica per l’introduzione del sistema di comunicazione satellitare sugli F-35: “Un conto sono i passeggeri di un treno a cui si offre la possibilità di avere internet” – oppure, per esempio, i marinai di un veliero in missione a cui fa bene poter comunicare con le famiglie – “un conto sono le comunicazioni su un caccia militare”, dice una fonte militare al Foglio. “Vero è che l’Aeronautica degli Stati Uniti usa già i satelliti di Musk. Forse con il Gcap” – il consorzio fra Regno Unito, Italia e Giappone per la creazione di aerei da combattimento di sesta generazione entro il 2035 – “qualcosa cambierà, o almeno le aziende interessate accelereranno”. Fino a sei mesi fa l’attenzione su questi temi nella politica europea era molto più bassa, dice una fonte di Eutelsat al Foglio, “ora l’Europa sa che ha bisogno di una sovranità spaziale”. Non per forza più sicura o più potente, ma, soprattutto sul lungo periodo, libera dalle ingerenze di Trump e di Musk.