“Schlein ha vinto le comunali, ma a livello nazionale non è la leader giusta”. Parla Paolo Pombeni

Il direttore della rivista Il Mulino analizza l’esito delle elezioni amministrative: “Lo schema del campo larghissimo non funziona a livello nazionale. E la segretaria del Pd sembra non capire ancora l’importanza del centro”

“Viviamo in un’epoca in cui il messaggio è l’immagine: indubbiamente l’immagine di oggi, quella di questa tornata di elezioni amministrative, ci rappresenta che il centrosinistra ha vinto. E’ probabile che anche alle prossime elezioni regionali vedremo una fotografia simile, eppure – dice al Foglio Paolo Pombeni, storico e direttore della rivista il Mulino – non sono convinto che questo sia un antipasto della vittoria delle sinistre alle prossime politiche, né che Elly Schlein sia la persona più adatta per costruire una coalizione vincente”. Quando questo giornale va in stampa il campo largo sembra aver vinto al primo turno a Genova (strappando la città al centrodestra) e a Ravenna ed è nettamente avanti anche a Taranto e Matera. Insomma, sembra, almeno all’apparenza, una vittoria netta. Un preludio, chissà, del successo alle prossime elezioni regionali nelle Marche e in Campania, vero antipasto della vittoria alle elezioni politiche nel 2027.

Ma Pombeni invita alla calma e svela quello che potrebbe essere solo un miraggio: “Quello che succede a livello locale, molto difficilmente potrà tradursi sul piano nazionale”. Il direttore del Mulino espone dunque quella che crede sia la meccanica che regola ultimamente le elezioni amministrative. “La vera domanda da farsi – dice – è quale centrosinistra ha vinto: lo chiamano campo larghissimo e io mi permetterei di dire che è un campo sin troppo largo. Anche queste elezioni confermano quello che avevamo già visto in passato: coalizioni obbligate, perché ormai se vuoi pesare in caso di vittoria ti devi coalizzare. Non è una coalizione su un progetto ma su un risultato. Così dappertutto poi diventa difficile governare. Guardate ad esempio cosa succede a Roma con il sindaco Roberto Gualtieri che ha un pezzo consistente della sua coalizione contrario ai suoi due grandi progetti: il termovalorizzatore e lo stadio della Roma. In questo modo le amministrazioni comunali fanno poco, e il risultato è che vota sempre meno gente perché la percezione è sempre di più quella che chiunque vinca, in fondo, per l’uomo comune non cambi molto”. E però in effetti così si vince. “Senz’altro – dice Pombeni – ma per fare cosa? Anche perché se a livello comunale le differenze fra le varie componenti del campo larghissimo si possono sfumare, quanto più si sale, quanto più queste divergenze diventeranno difficili da occultare: magari per le regionali si riuscirà a costruire un’altra grande ammucchiata, ma per le politiche ne siamo così convinti?”.

Ma a livello nazionale Elly Schlein – che con la vittoria di ieri si candida a essere la leader della coalizione – conta di avere un posizionamento più chiaramente di sinistra, a prescindere da chi poi starà nel suo campo. “La preponderanza del centrosinistra in tutti i grandi centri – risponde Pombeni – è data dalla presenza di forze centriste, che non sono soltanto i piccoli partiti centristi, ma sono anche l’area riformista del Pd. E’ quella che sposta i voti rispetto al centrodestra. A livello nazionale, non so quanto Schlein possa essere la persona giusta per fare questa operazione, o anche solo per capirla, perché a tuttoggi sembra che sia convinta che l’operazione vincente sia invece quella di puntare sui ‘duri e puri’”. Duri e puri ma con una componente di centro che l’appoggia, con un centro diviso in mille rivoli e quindi, in fondo, incapace di contare elettoralmente rispetto ai due poli. Questo la segretaria sembra invece immaginarlo eccome. “E’ una scommessa”, riconosce Pombeni. “Ma se da un lato quest’area di centro riesce a mantenersi un minimo compatta e a non perdersi in personalismi e dall’altro lato riesce a espandersi un po’ verso l’area del non voto, temo che il calcolo della segretaria sia sbagliato. Certo, se invece c’è una dispersione di quel voto e le elezioni diventano uno scontro tra fazioni, e allora vincerà la fazione più larga”. Quindi quella di Schlein è una scommessa sul non voto? “In un certo senso sì. Su quello e sul fatto che l’area centrista sia disposta, diciamo così, ad arrendersi senza combattere”.

Leave a comment

Your email address will not be published.