Kyiv e non solo. Nei primi cinque mesi di tsunami trumpiano l’Europa ha fatto tutto quello che era nelle sue disponibilità per provare ad arginare il trumpismo nella sua variante più pericolosa: quella che ha tentato di abbattere la resistenza eroica del popolo ucraino
Quando si parla di Trump, lo sappiamo, cercare dei punti fermi, delle stelle fisse con le quali orientarsi, non è facile, a volte appare impossibile, e non appena si ha l’impressione di aver afferrato qualcosa di stabile quella certezza passa dallo stato solido allo stato liquido e sfugge via dalle mani come lo slime tra le dita dei bambini. Eppure, nei primi quattro mesi di presidenza trumpiana, due punti fermi, due elementi di ordine nel disordine globale, sono emersi, e sono quelli che permettono di dire, in modo forse spericolato, che persino nel mondo trumpiano esistono delle forme possibili seppur primitive di piccoli check and balance. La prima forma di bilanciamento delle pazzie trumpiane coincide con il profilo del mercato, delle borse, di Wall Street. Trump ha scelto di fare del business personale il suo principale faro con cui orientare la politica estera del proprio paese, Make Affair Great Again, e per quanto ci possa essere qualcuno nel mondo Maga a cui possa far comodo giocare con un’oscillazione delle borse impetuosa oltre un certo limite Trump non è riuscito ad andare. E ogni volta che le borse hanno punito l’agenda trumpiana il presidente qualche passo indietro ha scelto di farlo (vedi i dazi).
Il secondo elemento cruciale, e poco esplorato, nella geografia dei check and balance del trumpismo è uno strumento, per così dire, di bilanciamento politico. E al centro di questa storia vi è quell’insieme di paesi gentilmente definito da Trump come un insieme di allegri parassiti: l’Europa. Seppur con difficoltà, con divisioni, con contraddizioni, nei primi cinque mesi di tsunami trumpiano l’Europa non ha fatto solo tutto ciò che era nelle sue disponibilità per cercare di prendere sul serio la minaccia trumpiana. Ha fatto anche altro. Ha fatto tutto quello che era nelle sue disponibilità per provare ad arginare il trumpismo nella sua variante più pericolosa, quella cioè che ha tentato di abbattere la resistenza eroica del popolo ucraino.
Tre mesi fa, prima dall’agguato alla Casa Bianca, Trump definiva Zelensky un dittatore. Tre mesi dopo, Trump – ricordando da lontano il Paolo Villaggio di “Fantozzi contro tutti” mentre aprendo i cassetti di casa colmi di sfilatini scopriva il flirt della moglie con il fornaio vicino di casa – di fronte ai continui bombardamenti di Putin e ai continui giri di parole con cui il presidente russo cerca di comprare gratuitamente tempo per colpire l’Ucraina eccolo qui di fronte a noi che arriva finalmente a insultare Putin, chiamandolo pazzo, “crazy”, senza capire che in verità Putin non è pazzo ma è lucido, coerente, spietato, come lo sono i criminali di guerra. E il disorientamento di Trump, formidabile, ci permette di ricordare quanto sia stato importante negli ultimi mesi aver avuto un’Europa decisa a prendere le difese dell’Ucraina in tutti i modi possibili: abbracciando politicamente Zelensky dopo il duello alla Casa Bianca, lavorando per il riarmo dell’Europa dopo le minacce di disimpegno americano, mettendo a segno nuove sanzioni contro la Russia, muovendosi in modo creativo per garantire a colpi di volenterosi un sostegno all’Ucraina. L’Europa, da sola, non basta per proteggere l’Ucraina, è naturale, ma senza l’Europa, un’Europa allargata al Regno Unito, di fronte a un Trump ostaggio del trollaggio di Putin, l’Ucraina in questi mesi sarebbe stata persa, e non sarebbe arrivata al punto in cui si trova oggi: con un Trump che nell’attesa di capire in che modo Putin lo prenderà ancora una volta in giro è a un passo dall’autorizzare con Gran Bretagna, Francia e Germania l’eliminazione, così dicono fonti governative tedesche, delle restanti restrizioni esistenti sulla gittata delle armi fornite all’Ucraina. La bontà verso i malvagi è crudeltà verso gli innocenti, diceva Winston Churchill. Valeva, prima della Seconda guerra mondiale, parlando di Hitler. Vale, dopo tre anni di invasione dell’Ucraina, parlando di Putin. Viva l’Europa dei volenterosi, formidabile check and balance contro l’irresponsabilità di una follia chiamata trumpismo.