I due consigli di Messina a Orcel per non ingolfare il risiko bancario

Per il ceo di Intesa Sanpaolo serve evitare sovrapposizioni di operazioni e non parlare solo con i propri azionisti ma anche cercare un dialogo a più ampio spettro, anche con il governo

“Se Unicredit decidesse di scalare Generali? La prima cosa che farei è chiamare Orcel per dirgli di fermarsi. Unicredit ha già contemporaneamente due operazioni in corso. Poi, certo, se ne abbandonasse qualcuna potrebbe essere ragionevole immaginare di costruire un percorso diverso”. Il ceo di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, offre consigli al collega di Unicredit, Andrea Orcel, che potrebbe rispondergli stamattina dallo stesso palco del consiglio nazionale della Federazione dei bancari (Fabi) guidato da Lando Maria Sileoni. E quello che potrebbe emergere è che si sono create due visioni diverse del processo che sta cambiando l’assetto delle banche e della finanza italiana: la prima, quella di Orcel, che tende ad abbattere gli ostacoli per affermare, anche per via giudiziaria, una strategia di crescita per linee esterne che consente a una banca come la sua di assicurarsi un futuro competitivo in Italia e in Europa. La seconda, quella di Messina, che predilige un percorso più soft che non manchi di creare consenso anche a livello politico, ammettendo che il golden power fa parte di un “nuovo mondo” mentre quando Intesa Sanpaolo ha rilevato Ubi Banca, e prima ancora le banche venete, c’era un altro contesto.

Quest’anno, il consueto evento della Fabi che si svolge a Milano si è trasformato in una sorte di “conclave” aperto sul risiko bancario: presenti oltre duemila delegati dell’associazione sindacale e tutti i vertici degli istituti coinvolti nelle operazioni in corso che coinvolgono 103 mila dipendenti. I suggerimenti che Messina ha rivolto al numero uno di Unicredit sono due. Il primo è evitare sovrapposizioni di operazioni – l’esatto opposto di quello che fa Orcel che tende a giocare su più tavoli – poiché l’attuale confusione comincia a essere notata anche fuori dell’Italia. Aprire un nuovo fronte su Trieste o anche su Mediobanca potrebbe aumentare un caos che, oltretutto, sta avendo l’effetto di generare una crescita anomala delle quotazioni azionarie delle banche coinvolte con rischi per i risparmiatori (a sua madre, per esempio, Messina ha dichiarato che non consiglierebbe di acquistare azioni del settore in questo momento).

Il secondo consiglio a Orcel è sul golden power esercitato dal governo sull’affare Unicredit-Bpm, che ha chiamato in causa anche la Consob di Paolo Savona con la minaccia di dimissioni di quest’ultimo. Per il numero uno di Intesa non è questione che sia giusto o meno, ma di prendere atto che “siamo entrati in un mondo nuovo in cui la sicurezza nazionale è un tema di cui bisogna tenere conto”. Che cosa vuol dire? Il ceo di Intesa Sanpaolo lo ha spiegato in modo più esteso in un commento a margine: vuol dire, questo in sintesi il suo pensiero, che quando si fa un’operazione bancaria non si deve parlare solo con i propri azionisti ma cercare un dialogo a più ampio spettro, anche con il governo. Insomma, in Italia, e a livello europeo, è avvenuto un cambio di contesto e andrebbe colto quello che è lo spirito del tempo. Una sorta di realpolitik bancaria che aiuterebbe ad evitare risvolti traumatici così come sta avvenendo. “Avere con una quota di mercato rilevante – ha spiegato riferendosi ad eventuali iniziative del gruppo Intesa Sanpaolo – comporta che determinate operazioni non verrebbero autorizzate e quindi è inutile forzare la mano”. Meglio stare fuori dal risiko. “Sia che si tratti di questioni antitrust, sia che si tratti di sicurezza nazionale, se tu vai troppo a forzare la mano, alla fine determini delle condizioni di incertezza che poi vanno a danni di tutti”.

Chissà se Orcel condivide tanta saggezza visto che la sua ops sulla banca milanese rischia di finire in un contenzioso davanti al Tar del Lazio al quale, peraltro, si è rivolta anche Banco Bpm. La banca milanese si sta continuando a difendere con le unghie e con i denti dalla “presa” di Unicredit il che rende questa operazione forse la più ostile che si sia mai verificata in Italia, ma, interpellato su sul terzo polo con Montepaschi, nel caso Unicredit dovesse ritirarsi, l’ad Giuseppe Castagna ha detto che è “improponibile”. La pensa diversamente Luigi Lovaglio, ad di Montepaschi, secondo il quale l’aggregazione con Mediobanca, se andasse in porto, potrebbe essere “la premessa per una più grande”. Messaggi tra banchieri, più o meno espliciti, che tengono alta la tensione della Borsa. Ma Messina lancia un avvertimento: “Attenzione a famiglie e piccoli risparmiatori”. Per dire che forse, si, il risiko ha generato una bolla finanziaria.

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