Da Genova a Ravenna. I deficit della destra nelle città sono lo specchio delle sue difficoltà. Il centrosinistra si rafforza. Ma il consolidamento del ruolo di guida di Schlein è una buona notizia per chi sogna un’alternativa? Analisi
Il risultato delle amministrative è indiscutibilmente un successo per il centrosinistra, che conferma le amministrazioni uscenti e riconquista quelle che storicamente di sinistra erano state acquisite dal centrodestra, come Genova. D’altra parte la prevalenza del centrosinistra nelle città è un dato permanente, anche in regioni con una maggioranza di centrodestra le città principali hanno un sindaco di segno opposto, a Roma come a Milano, a Torino e a Napoli come, oggi, anche a Genova.
Un po’ confuse le situazioni al sud, dove a Matera e a Taranto si trovano ai primi posti liste civiche (ma sostanzialmente di centrosinistra), il che comunque non cambia, anzi rafforza il senso generale del voto. Si tratta di una sostanziale conferma della prevalenza del centrosinistra nelle città, il che permette a Elly Schlein di insistere nella sua previsione, in realtà poco suffragata dai fatti, dell’imminenza di elezioni parlamentari anticipate. Elly Schlein può comunque vantare un successo, il che rafforza la sua leadership nel Partito democratico. Questo è un primo dato che merita un approfondimento: il consolidamento del ruolo di guida della Schlein è una buona notizia per le possibilità di affermazione generale di un’alternativa al centrodestra?
La politica della Schlein punta a massimizzare l’effetto di una posizione di opposizione, il che è naturale, mentre non contiene alcuno sforzo per la costruzione di un programma concordato che dia all’opposizione, larga quanto si vuole, di diventare una alternativa. Questo può avere e ha avuto effetti positivi nel consentire alleanze locali, ma non è un tema che può essere trascurato troppo a lungo, specialmente se si crede davvero che siano vicine consultazioni nazionali. Il fatto è che un Pd a guida Schlein tende a mettere tra parentesi la tradizione riformista della sinistra italiana (praticata anche dal Psi che pure la negava dal punto di vista ideologico) a vantaggio di un massimalismo movimentista che ottiene successi di piazza ma raramente li converte poi in corrispondenti successi nelle urne, secondo il vecchio adagio “piazze piene urne vuote”. Quando saranno disponibili dati disaggregati si potrà ragionare sui risultati ottenuti dalle singole componenti delle coalizioni di centrodestra e di centrosinistra.
Per il centrodestra naturalmente si pone il problema di una mancata penetrazione nell’elettorato dei maggiori centri urbani, che segnala la difficoltà a dare rappresentanza a ceti intellettuali, più presenti in queste realtà, e a indicare obiettivi di modernizzazione convincenti in centri dove la prospettiva del cambiamento è particolarmente presente. Non è solo una questione “sociale” al contrario, cioè del fatto che ora sono i ceti popolari più svantaggiati il serbatoio elettorale del centrodestra, ma anche di una questione politico-culturale. Chi governa deve confrontarsi con la quotidianità e soprattutto tenere a galla la barca in un mare difficile da gestire, immersi in diverse situazioni dense di rischi e di incognite. Non si può però rinunciare a svolgere un ragionamento, meglio se costruito su analisi e ricerche adeguate, sulle prospettive globali di trasformazione, particolarmente sentite dai ceti urbani. Se Leone XIV, non la Silicon Valley, intravede nell’affermazione dell’intelligenza artificiale i prodromi di una nuova rivoluzione industriale, vuole dire che le prospettive di trasformazione anche radicale non sono argomenti da romanzi di fantascienza. Mentre si governa l’oggi, il che naturalmente è assai impegnativo, bisogna anche guardare al futuro, senza reazioni ultradifensive e conservatrici di ciò che non potrà essere conservato, ma con la volontà di cogliere le opportunità e di scongiurare i pericoli. Naturalmente si tratta di un problema generale della politica, ma non solo italiana. Sarebbe bene che il centrodestra partisse da una riflessione sulla incapacità di intercettare gli umori delle popolazioni urbane che emerge anche dai dati elettorali di ieri, per porsi il problema della lettura della modernità, tema sul quale appare abbastanza arretrato.