Dal killer degli israeliani al sicario di Rushdie, se i nostri slogan sono gli stessi dell’Iran

Dall’omicidio dei due funzionari israeliani a Washington all’attentato messo in atto dal fanatico che ha pugnalato Salman Rushdie, le stesse parole d’ordine uniscono woke e jihad

“Elias Rodriguez è stato radicalizzato in America da gruppi radicali che credono che uccidere gli ebrei li renda persone moralmente valide” scrive Douglas Murray sul New York Post. Il riferimento è all’assassino di Yaron Lischinsky, 28 anni, e Sarah Milgrim, 26 anni, la coppia di funzionari israeliani che stavano per fidanzarsi e uccisi la scorsa settimana fuori dal Museo ebraico di Washington. Hadi Matar, condannato a 25 anni di carcere per aver tentato di uccidere Salman Rushdie, afferma di aver agito da solo nel pugnalare l’autore dei “Versetti Satanici” quindici volte sul palco a New York. Ma le sue dichiarazioni suggeriscono che fosse motivato da un odio per la libertà di parola condiviso da molti tra i woke occidentali. Quando si tratta di credere che le persone debbano essere punite per aver usato parole “insultanti”, e in particolare per aver criticato l’islam, Matar non è il solo. E parla come l’ala armata della cultura della cancellazione occidentale. Prima di essere condannato la scorsa settimana, Matar si è alzato in piedi e ha rilasciato una dichiarazione rivelatrice alla corte. Matar ha affermato di sostenere la libertà di parola, ma anche di credere che c’è una “differenza tra attaccare cose sacre e la libertà di parola”. Ha affermato di apprezzare il rispetto, ma “Rushdie vuole mancare di rispetto agli altri. Vuole essere un bullo, vuole intimidire gli altri. Non sono d’accordo”.



Suona familiare. “Credo nella libertà di parola, ma…”. Siamo al crocevia della cancel culture, fisica e intellettuale: uno studente occidentale radicalizzato dalla propaganda islamista nelle università e un islamista libanese radicalizzato dal discorso occidentale a favore della censura. E l’unica cosa che Matar ha detto durante tutto il suo processo, con parole rivolte ai media che lo guardavano entrare in aula, è stata sempre “Free Free Palestine”, la stessa cosa che ha urlato Rodriguez mentre la polizia lo ammanettava. A conferma di questa alleanza innaturale, poco dopo che Matar è stato condannato per aver tentato di uccidere Rushdie, studenti in California hanno spinto Rushdie a ritirarsi dal suo discorso programmato alla cerimonia di laurea del Claremont McKenna College. Il suo crimine? “Criticare i sostenitori della Palestina”. Intanto la Free Press pubblica un’inchiesta di Jay Solomon, il reporter che ha seguito il processo Matar. Intervista il padre del sicario, che gli dice: “L’Iran lo ha radicalizzato”. “Il nostro caro fratello Elias Rodriguez, che ha ucciso due israeliani negli Stati Uniti”, ha scritto il quotidiano Kayhan, organo della Repubblica islamica. Il direttore, Hossein Shariatmadari, ferocemente antiamericano, ha chiesto: “Ci sono notizie del nostro caro fratello Elias Rodriguez, che ha mandato all’inferno due animali selvatici sionisti a Washington con un proiettile?”. Il National Council of Resistance of Iran, gruppo di dissidenti anti Teheran, ha realizzato un dossier sui legami fra l’Iran e le organizzazioni in cui militava Rodriguez, ma manca la pistola fumante. Intanto anche Vatan-e-Emrooz, il giornale delle Guardie della Rivoluzione, ha glorificato gli omicidi dei due israeliani. E anche la tv iraniana ha celebrato Rodriguez, definito il “Sinwar americano” per aver mandato “due cani sionisti all’inferno”.



Un anno fa il leader supremo del regime iraniano Ali Khamenei ha scritto una lettera rivolta agli studenti universitari americani come Rodriguez, e forse non solo a loro, considerati da Khamenei come i preziosi alleati nel “ramo del fronte della resistenza”. Khamenei aveva già denunciato l’“islamofobia” nella sua prima lettera ai giovani occidentali dopo l’attacco a Charlie Hebdo per condannare l’“islamofobia”. Due giovani, uno di Chicago e l’altro del New Jersey, sono passati all’azione. Burattini, consapevoli o meno, degli ayatollah e dei loro complici.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.

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