Democrazia non è buon governo, è autogoverno. Quando il centro vitale non riesce a produrre leader forti, i demagoghi colmano il vuoto
“Perché i buoni continuano a perdere?”, si chiede Walter Russell Mead sul Wall Street Journal. “Questa era la domanda che tormentava il vostro editorialista di Global View la scorsa settimana al Copenhagen Democracy Summit. L’incontro annuale è stato avviato nel 2018 da Anders Fogh Rasmussen, ex primo ministro danese e segretario generale della Nato. Il Democracy Summit rappresenta quello che un tempo veniva definito il centro vitale della politica occidentale. Per molti partecipanti al summit, compresi i danesi furiosi per le richieste di Donald Trump sulla Groenlandia, i grandi pericoli globali per la democrazia sono Trump, Xi Jinping e Putin.
Molti piangevano la sconfitta di Kamala Harris alle elezioni del 2024. La verità è che il centro vitale è in difficoltà in Europa e negli Stati Uniti da circa un decennio, e durante questo periodo la democrazia è in ritirata in tutto il mondo. Joe Biden ha descritto la politica globale come una lotta tra democrazie e autocrazie. Ha lasciato l’incarico con i suoi nemici in marcia. A tratti, il Democracy Summit di quest’anno è sembrato ispirato e pieno di speranza. Il discorso di Rasmussen, in cui ha chiesto che la spesa per la difesa europea raggiunga il 4 per cento o più del prodotto interno lordo, è stato mirato e chiaro. Ma questi momenti salienti non sono riusciti a nascondere le debolezze interne dei sostenitori della democrazia nel mondo. Troppi di loro definiscono un’elezione democratica come quella in cui vincono le persone giuste. Una vittoria di un partito che vuole reprimere gli immigrati clandestini? Un fallimento della democrazia. Una vittoria di un partito che si rifiuta di rielaborare la società in base alle preferenze di persone che si sentono nate in corpi del sesso sbagliato? Un punto per l’autoritarismo. Una vittoria di un partito che rifiuta i mandati sull’energia verde perché troppo costosi e impraticabili? Un attacco a tutto ciò che è democrazia. La polizia dovrebbe indagare sui cittadini che pubblicano tweet ‘antidemocratici’ sulle persone trans o sull’immigrazione. Non importa se queste idee siano popolari. Più un’idea ‘antidemocratica’ diventa popolare, più è necessario reprimere i suoi sostenitori.
Questo approccio è una follia: un disastro assoluto e totale per la causa democratica. La democrazia è una tigre, non un micio. Non si tratta di imporre le preferenze culturali e politiche delle classi professionali istruite al resto della società. La democrazia riguarda l’autogoverno, non il buon governo. Alexis de Tocqueville lo capì molto meglio della maggior parte dei sedicenti sostenitori e difensori della democrazia contemporanei. Vedeva la democrazia come una forza torrenziale che rovesciava le gerarchie e gli stili di vita tradizionali. Era potente sia per il bene che per il male. Le società democratiche richiedono leader che comprendano le realtà del loro tempo e che sappiano ispirare i loro concittadini a sostenere le politiche di cui i loro paesi hanno bisogno. Quando il centro vitale non riesce a produrre leader forti, i demagoghi si precipitano a colmare il vuoto. In tempi come questi, con le nubi della guerra che si addensano all’estero e i cambiamenti economici e sociali che agitano le acque in patria, conformismo, senilità e mediocrità non bastano”.
(Traduzione di Giulio Meotti)