Il partigiano Savona, minaccia le dimissioni da Consob, diventa eroe Pd, e apre la rumba del successore

Dopo la delibera Consob su Unicredit-Bpm, il presidente parla di passo indietro “se non sono gradito al governo”. Al suo posto una rosa di nomi d’area FdI: Gabriella Alemanno, Federico Cornelli, Gaetano Caputi, Renato Loiero

Roma. Rischia di fare da spalla a Elio Germano. A 88 anni, Paolo Savona passa all’opposizione. Minaccia di lasciare la guida Consob, perché “se il governo non mi gradisce, io posso lasciare”, dichiara che “su Unicredit, Consob ha applicato la legge”. Resta il padre del pensiero “no euro”, il maestro di tutti gli spostati, quelli di “torniamo alla lira”, ma ora lo difende il Pd, il partito degli europeisti per natura. Si sta forse per liberare, in anticipo, un’altra chiesa di stato. In due anni e mezzo hanno lasciato direttori generali del Mef, il ragioniere, e tra il 2026 e 2027 scadono le “San Pietro” della Repubblica: Anac, Agcom, Antitrust, l’Autorità garante per la Privacy. E Consob. Il mandato di Savona si conclude l’8 marzo del 2026, ma l’offeso ora è lui, perché esponenti del governo, il presidente della Commissione Finanze, Marco Osnato, di FdI, contestano il suo voto decisivo. E’ della Consob la delibera che ha sospeso per trenta giorni l’ops di Unicredit su Banco Bpm, trenta giorni che permettono all’ad di Unicredit, Andrea Orcel, di impugnare il golden power del governo, di sfidarlo. Dice Osnato al Foglio che “è difficile pensare che la collegialità della Consob, peraltro espressasi a maggioranza, sia più virtuosa della collegialità del Consiglio dei Ministri”. Volete quindi cacciare Savona? “Non sarà certo un singolo parlamentare come me a potere o volere interrompere la brillante e sempre crescente carriera del prof. Savona”. Perché lo attaccate? “Se Savona è sicuro del suo operato, non si preoccupi di immaginari fastidi e lasci che la politica commenti, tra l’altro senza adombrare richieste di dimissioni di alcuno”. Per Savona la decisione Consob è stata collegiale, ed è vero ma la commissione, composta da cinque membri, si è spaccata. Due hanno votato per la sospensione (Carlo Comporti e Chiara Mosca) altri due hanno votato per non concederla (Gabriella Alemanno e Federico Cornelli) e Savona ha spostato la bilancia. I nomi d’area che possono sostituirlo sono quattro: Gabriella Alemanno, Federico Cornelli, Gaetano Caputi, Renato Loiero, i volenterosi per il Meloni 2032.



Quando al governo hanno ascoltato le parole di Savona, al Festival dell’Economia di Trento, il “suo me ne vado, se non gradito”, la prima reazione è stata: “Voleva Bankitalia, non l’ha avuta e non gli è passata. Cerca un altro incarico”. La seconda reazione: “I nomi per sostituirlo li abbiamo”. Sono passati due anni e mezzo, da inizio governo, e la mappa dell’alta burocrazia si è colorata di blu Meloni. Dimissioni spontanee (l’ultima è quella del dg delle Partecipate Mef, Marcello Sala) sostituzioni con ricompense (la presidenza di Fincantieri per Biagio Mazzotta, ex Ragioniere di stato) hanno permesso al governo di insediare i “leali”, di formare le seconde linee che per volontà di Fazzolari devono arrivare pronte a sostituire le prime per quello che viene già chiamato “il secondo giro” Meloni.

In Consob la scelta naturale è Gabriella Alemanno, un’altra è Cornelli (entrambi sono stati indicati dall’attuale governo) ma Meloni potrebbe decidere di nominare uno tra Renato Loiero, il suo consigliere economico, o Gaetano Caputi, il capo di gabinetto che si sta occupando di risiko bancario. Non è andata come si scriveva: l’alta burocrazia alla fine non si è ribellata, chi è stato accompagnato alla porta ha negoziato le uscite. Al Mef, Francesco Soro, romano, ha preso il posto di Marcello Sala, milanese, che si è spostato a Nexi. Daria Perrotta, il cigno di stato, la nuova ragioniera, sta per avvicinarsi al suo primo anno di mandato, senza che la struttura l’abbia respinta. Per completare il blu Meloni, mancano le authority, dove si rimane per sette anni, come i capi di stato, a eccezione di Anac, sei. La prima che scade, il 9 agosto, 2025 è Arera, Autorità per l’energia, presieduta da Stefano Besseghini. Al suo posto dovrebbe essere scelto Paolo Arrigoni, leghista, presidente di Gse (Gestore dei Servizi energetici). Un governo di centrodestra può trovarsi nella condizione di indicare, per la prima volta, il nuovo presidente dell’Anac, il sostutito di Giuseppe Busia, voce critica contro le politiche di governo. Il suo mandato scade l’11 settembre 2026. L’altro che scade, sempre nel 2026, il 6 maggio, è quello di Roberto Rustichelli che guida l’Antitrust. Era il 2019 quando Paolo Savona, il riferimento del governo gialloverde, un’orgia di populismo, ministro degli Affari Europei, veniva nominato da Giuseppe Conte alla Consob. Veniva ricompensato, per non aver ottenuto il ministero dell’Economia (per il veto di Mattarella) ma veniva anche accusato dal Pd di “essere incompatibile con la Consob” perché pensionato. Sono passati sei anni e Giancarlo Giorgetti, sottosegretario di quel governo gialloverde, il governo del “piano B”, l’uscita dall’euro (l’autore della teoria era Savona) è più europeista del Pd mentre il Pd, con il suo responsabile economico, Antonio Misiani, offre solidarietà a Savona: “Le parole del presidente ci preoccupano molto”. Dopo sei anni si capisce che aveva ragione questo indomabile pensionato di 88 anni: “Tutti noi abbiamo un piano B”. Quello di Giorgetti era fare il ministro al posto di Savona e quello di Savona è fare adesso l’anti Giorgetti.

Di più su questi argomenti:

  • Carmelo Caruso
  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio

Leave a comment

Your email address will not be published.