Diciassette stati membri chiedono di rivedere l’accordo di associazione con Israele per le violazioni dei diritti umani a Gaza. La presidente della Commissione prende tempo, ma le pressioni aumentano
Bruxelles. Cedere alla pressione degli stati membri che chiedono di sospendere l’accordo di associazione con Israele per le violazioni dei diritti umani a Gaza e in Cisgiordania? Oppure usare le procedure e il tempo per proteggere il governo di Benjamin Netanyahu nella speranza che l’afflusso di aiuti umanitari riprenda in modo costante nella Striscia? La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, sembra intenzionata a frenare la revisione dell’articolo 2 dell’accordo di associazione Ue-Israele, decisa dall’Alto rappresentante, Kaja Kallas, dopo che 17 stati membri hanno sostenuto la proposta dei Paesi Bassi. La portavoce di von der Leyen ieri non ha voluto dire se la presidente sostiene la decisione. “Ora abbiamo una revisione prevista sulla base dell’articolo 2 dell’accordo. Analizzeremo la situazione in termini di rispetto dei diritti umani. Non c’è una posizione da prendere su questo”, ha detto la portavoce di von der Leyen. Sarà la Commissione, non il Servizio di azione esterna guidato da Kallas, a procedere alla revisione e a giungere a una conclusione. Sarà dunque von der Leyen a dover prendere la decisione se proporre o meno agli stati membri la sospensione dell’Accordo di associazione, che regola anche i rapporti commerciali tra Ue e Israele.
La presidente della Commissione era stata fra i primi leader a recarsi in Israele all’indomani dell’attacco di Hamas del 7 ottobre del 2023. Ma il suo lungo silenzio sulla guerra lanciata da Benjamin Netanyahu a Gaza e sulla situazione umanitaria nella Striscia è stato oggetto di forti critiche e accuse di doppio standard. Nonostante recentemente abbia invocato la soluzione dei due stati e la necessità di far passare gli aiuti umanitari, stati membri e Parlamento europeo sono sempre più duri nei confronti di Ursula von der Leyen.
Martedì nella plenaria del Parlamento europeo, è stata la leader del gruppo socialista, Iratxe García Pérez, a lanciarsi in una dura requisitoria contro le posizioni della presidente della Commissione su quanto sta facendo Israele a Gaza. “Com’è possibile che la signora von der Leyen non abbia mai condannato con chiarezza e fermezza questi crimini? Come può la presidente della Commissione tacere di fronte a un progetto di sterminio e pulizia etnica?”. Lo stesso giorno, sempre al Parlamento europeo, la presidente della Slovenia, Nataša Pirc Musar, ha ricevuto un lungo applauso dopo aver denunciato un genocidio sotto gli occhi dell’Ue. “Gli eventi in medio oriente mi tengono sveglia la notte (…) Dall’altra parte del Mediterraneo stiamo guardando a un genocidio, stiamo zitti e non diciamo niente di fronte a quel genocidio”, ha detto Musar. Il problema per von der Leyen non sono i discorsi di questo o quel leader, ma lo spostamento degli equilibri interni al Consiglio, dove siedono i rappresentanti degli stati membri. Difficilmente la presidente della Commissione può permettersi di rimanere immobile se diciassette stati membri le chiedono di muoversi.
Ursula von der Leyen nel 2024 aveva rifiutato di rispondere alla richiesta di Spagna e Irlanda di rivedere l’accordo di associazione con Israele per le violazioni dei diritti umani a Gaza. Aveva anche ostacolato le iniziative in questo senso del predecessore di Kallas come Alto rappresentante, lo spagnolo Josep Borrell. All’epoca non c’era una maggioranza di stati membri a favore. Questa volta sono diciassette, (si sono aggiunti alcuni grandi come Francia e Polonia), un numero sufficiente a raggiungere la maggioranza qualificata dentro il Consiglio. La proposta è stata presentata dai Paesi Bassi, che in passato avevano difeso Israele. Germania, Italia, Repubblica ceca e Ungheria sono contrari. Ma l’Austria, che fa parte del gruppo di paesi più vicini a Israele, si è astenuta. “La decisione di Benjamin Netanyahu di riprendere la guerra dopo la tregua e dieci settimane di aiuti umanitari tagliati hanno provocato uno choc anche tra alcuni dei paesi più filo israeliani”, spiega un diplomatico europeo. Non è solo von der Leyen a doversi preoccupare. Netanyahu sta perdendo alcuni dei suoi alleati nell’Ue.