Il ministro degli Esteri di Putin ha chiarito che dal 2014 il governo di Kyiv ha “sistematicamente sradicato la lingua, la cultura e le tradizioni russe, compresa l’ortodossia canonica”
Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha chiuso alla possibilità che gli eventuali negoziati tra Mosca e Kyiv possano tenersi in Vaticano: “Irrealistico e poco elegante. Siamo un paese ortodosso”. Non che ci volesse un aruspice per comprendere l’infattibilità del piano annunciato con un po’ troppa enfasi nei giorni scorsi: stante l’unione sacra fra trono e altare all’ombra del Cremlino, sarebbe risultato quantomeno originale che Vladimir Putin acconsentisse a mandare una delegazione di rango al tavolo delle trattative guidate dal Papa di Roma, per di più un americano. Kirill, il Patriarca che paradossalmente è sempre stato considerato il più moderato dell’alto clero moscovita, non avrebbe potuto contrastare la rivolta dei monasteri dove vige la regola che per la santa Russia si deve fare tutto e nulla si deve concedere al Papa “eretico”.
Sarebbe stato sorprendente che, fallito il vertice di Istanbul con Recep Tayyip Erdogan (l’unico che parla con Putin) a fare da gran cerimoniere, potesse avere successo un summit romano che prevedesse il coinvolgimento di Washington, dell’Italia e di qualche altro paese non meglio specificato. Il tutto sotto l’egida della Chiesa cattolica a fare da arbitro tra paesi che cattolici, nella loro maggioranza, non sono. Che possa esserci un avvicinamento fra le Parti sul piano religioso è infatti da escludere: semmai, la situazione si sta facendo più delicata, dopo l’allarme che proprio Lavrov – subito seguìto da Kirill – ha lanciato su una presunta discriminazione degli ortodossi fedeli al Patriarcato moscovita in Ucraina. Il Patriarca ha anche esortato la comunità internazionale a combattere e a denunciare quella che lui ritiene essere una violazione “della libertà religiosa”. Il ministro degli Esteri di Putin ha chiarito che dal 2014 il governo di Kyiv ha “sistematicamente sradicato la lingua, la cultura e le tradizioni russe, compresa l’ortodossia canonica”. Lavrov ha anche deprecato il “sequestro di chiese, atti vandalici e attacchi al clero e ai parrocchiani”. Nessuna menzione al fatto che molti sacerdoti un tempo fedeli si rifiutano di menzionare il Patriarca nelle liturgie, dopo l’invasione di tre anni fa.
Quel che sia Lavrov sia Kirill si sono dimenticati di dire, tra le altre cose, è che nei territori ucraini occupati dalle forze di Mosca è presente solo la Chiesa ortodossa russa. Null’altro. Tutti questi elementi riportano la situazione al solito punto di partenza: il Papa è disponibile a ospitare a casa sua i negoziati – perché dovrebbe non esserlo? – l’Ucraina è entusiasta delle parole spese da Leone XIV fin dal giorno della sua elezione, la Russia (come sempre) tace o prende tempo. Nulla è cambiato e nulla, almeno nel breve termine, è destinato a cambiare. Qualcuno, oltretevere, tira un sospiro di sollievo: troppo alto il rischio di vedere la Santa Sede usata per meri interessi politici di parte.