L’astensione sul trattato pandemico dell’Oms mette l’Italia nell’angolo sbagliato

Mentre il mondo compie un passo storico verso una gestione più equa delle emergenze sanitarie, l’Italia si sfila dal consenso internazionale con motivazioni inconsistenti, ritrovandosi in compagnia di paesi ostili come Russia e Slovacchia alla cooperazione multilaterale e lontana dalle ragioni di chi davvero chiede giustizia globale

Come tutti ormai sanno, l’Italia si è astenuta dal voto che ha consentito di approvare, con 124 pareri favorevoli, il nuovo trattato pandemico dell’Oms, frutto di anni di intenso lavoro iniziato sulla spinta dei problemi emersi con l’ultima pandemia.

Si è già abbondantemente discusso dell’infondatezza pretestuosa delle argomentazioni addotte dall’Italia per difendere questa scelta, basate su una presunta quanto ridicola difesa sovranista dell’autonomia decisionale in caso di emergenza pandemica – presunta e ridicola non foss’altro perché non vi sono pericoli in tal senso, a fronte delle garanzie fornite dalle stesse clausole del documento approvato. Ma quali sono le obiezioni che hanno portato Bulgaria, Egitto, Iran, Israele, Giamaica, Olanda, Paraguay, Polonia, Russia e Slovacchia ad astenersi, come ha fatto il nostro? Come riportato sul sito delle Nazioni Unite, subito dopo il voto è stata data in assemblea la possibilità di esporre le proprie motivazioni ai delegati di questi paesi.

Come risulta dal sito citato, il nostro paese risulta avere espresso posizioni identiche alla Russia, i cui delegati hanno reiterato le assurdità circa la difesa della sovranità nazionale messa a rischio dal trattato, e alla Slovacchia, il cui primo ministro russofilo, antivaccinista e sovranista Fico aveva già preventivamente espresso considerazioni simili e anzi aveva invocato il voto che ha portato all’approvazione, proprio nella speranza di far emergere un maggior disaccordo sul testo.

Per quel che riguarda la Polonia, la ragione addotta per l’astensione è stata di tipo giuridico: i delegati di quel paese hanno avanzato l’obiezione che, prima della firma del trattato, la Polonia ha necessità di “procedure nazionali” che portino poi alla sua firma. Nella sua vaghezza, questa argomentazione sembra null’altro che una prosecuzione dei tentativi di rinvio che da sempre i polacchi hanno già implementato in passato, come già accaduto ad esempio nel 2024. L’Egitto, invece, sembra essere stato contrariato da quello che ha definito un “comportamento opaco” di alcuni altri paesi; in questo caso, sembrerebbe un comportamento dovuto a qualche ripicca di cui è difficile conoscere il motivo.

Il rappresentante dell’Iran ha affermato che “le preoccupazioni principali dei paesi in via di sviluppo non sono state affrontate” e che il suo governo si rammaricava della “mancanza di impegni vincolanti sull’accesso libero e equo alle contromisure mediche, al trasferimento di tecnologia e know-how, e del continuo silenzio sull’impatto negativo delle misure coercitive unilaterali sui sistemi sanitari”.. Osservazioni simili a quelle del rappresentante iraniano sono state addotte come motivo per la mancata adesione da parte della Bulgaria e del Paraguay. Siccome le motivazioni per l’astensione date da questi tre paesi, fra quelle sin qui trapelate, sono le uniche che entrano nel merito della discussione, vale la pena di dedicarvi un po’ di tempo in più. Di fatto, sebbene l’adozione dell’accordo sia stata salutata come un passo importante ovunque nel mondo – tranne in qualche angolo retrogrado come il nostro – questo è solo l’inizio del processo.

Il passo successivo è mettere in pratica l’accordo, avviando un processo per elaborare e negoziare un sistema di accesso e condivisione dei dati sui patogeni emergenti e dei benefici farmacologici che da questa condivisione derivano (Pabs) attraverso un Gruppo di lavoro intergovernativo. Il principio è il seguente: per evitare quel che è più volte accaduto, cioè che i paesi meno sviluppati ove spesso iniziano le pandemie, con un notevole sforzo (considerato anche lo stato delle loro economie) si sacrifichino e creano e mantengano infrastrutture per il controllo epidemiologico e la condivisione rapida dei dati, trovandosi poi fra gli ultimi quando è il momento di raccogliere i frutti di quei dati in termini di vaccini e farmaci a causa della loro debolezza economica, per evitare questo, dicevo, si è preso l’impegno di sviluppare una serie di regole che consentano proprio a quei paesi di essere fra i primi a beneficiare dei ritorni della ricerca cui hanno fornito contributi così indispensabili.

Il risultato del processo di elaborazione di queste regole dovrà essere preso in esame all’Assemblea Mondiale della Sanità nel prossimo anno; una volta che l’Assemblea avrà adottato l’allegato PABS che le contiene, l’accordo sulle pandemie dell’Oms sarà aperto alla firma e all’esame della ratifica, anche da parte degli organi legislativi nazionali) inclusi quelli dei paesi che ora si sono astenuti). Con 60 ratifiche, l’accordo entrerà in vigore.

Bulgaria, Iran e Paraguay avrebbero voluto che già nell’accordo appena approvato queste regole fossero ben definite e meglio individuate; contestano, cioè, il pericolo di aver votato una scatola vuota, che potrà poi di fatto essere riempita di impegni per i paesi del mondo meno sviluppato, in quanto spesso sedi di primo sviluppo di potenziali pandemie, senza che a questi seguano delle adeguate compensazioni una volta identificati i rimedi grazie ai dati e agli sforzi fatti da tali paesi. Non si fidano, insomma, delle parole attuali, ma avrebbero voluto vedere impegni più precisi e più avanzati; di fatto, la loro è un’astensione per aver avuto davanti un testo meno avanzato di quanto si sperasse.

D’altronde, questo dei Pabs è stato proprio uno dei punti la cui discussione si è maggiormente protratta ed ha portato a un maggior ritardo nell’adozione di un qualunque piano pandemico (cosa che avrebbe dovuto avvenire già a inizio del 2024); è quindi abbastanza comprensibile che, una volta verificata un’ampia convergenza su molteplici altri punti, si sia per così dire voluti “portare a casa” il risultato, approfittando dello sbaglio strategico della Slovacchia che aveva richiesto il voto sul documento, per evidenziare contrasti (che per fortuna non ci sono stati).

L’ottimo è nemico del bene; e oggi abbiamo per la prima volta un’espressione chiara della concordia su moltissime cose da fare, messa nera su bianco. E questo nonostante il bugiardo in capo alla sanità degli Usa, Robert Kennedy jr., abbia voluto metter becco, comunque, a modo suo sulla questione, con un intervento degno di nota soprattutto perché arrivato prima del voto, nonostante gli Stati Uniti abbiano avviato il processo di uscita dall’Oms, e non abbiano quindi preso parte al voto. In un video indirizzato all’Assemblea, Kennedy ha criticato aspramente l’Oms, accusando l’agenzia delle Nazioni Unite di aver “reso le cose ancora peggiori con l’accordo sulla pandemia, che sclerotizzerà tutte le disfunzioni della risposta pandemica dell’Oms… noi non parteciperemo a tutto questo”.

È davvero patetico che, nel voto immediatamente seguito a una tale invettiva, noi ci sia trovati con la Russia e la Slovacchia dalla stessa parte di chi non ha vergogna di aggredire un’agenzia che, come la democrazia, è la peggiore possibile, eccetto rispetto a ogni altra alternativa.

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