La recensione del libro di Umberto Piersanti edito da Marcos y Marcos, 240 pp., 19 euro
“L’isola tra le selve” è il titolo metaforico che denota ampiamente la poesia di Umberto Piersanti, raccolta in questa preziosa antologia che ne racconta un sessantennio in cui i cambiamenti di contenuti e di cifra stilistica vengono finalmente messi in luce. Per mezzo della fruttuosa e importante cura di Massimo Raffaeli e dell’autore stesso, l’antologia si propone infatti di dare una visione d’insieme della produzione in versi del poeta urbinate, vera e propria “Opera/Mondo” (come la definisce lo stesso Raffaeli nella prefazione al volume), in ragione della moltitudine di tematiche “universali” che pervadono questo enorme affresco compositivo sviluppatosi dagli anni sessanta sino a oggi.
Piersanti, estraneo alle avanguardie che spinsero i poeti alla sperimentazione, riflette su quei nodi archetipali che fanno parte da sempre della vita umana, inserendoli nel suo vissuto personale e situandoli attraverso dei riferimenti spazio-temporali ben precisi: la memoria, il tempo che viene esperito in maniera diversa da quello a cui siamo abituati, il rapporto con la Natura e, nello specifico, con il paesaggio del Montefeltro, il dolore delle vicende umane che giungono a bruciapelo e cambiano il corso della vita, modificandola ma senza mai indebolirne il soffio vitale, quell’élan che la caratterizza dal di dentro. Ed è questo slancio ad essere percepibile all’interno di un affresco di personaggi e figure che si evolve radicalmente raccolta dopo raccolta e che, specialmente a partire dalla trilogia einaudiana (I luoghi persi, Nel tempo che precede, L’albero delle nebbie, pubblicati tra il 1994 e il 2008), è riuscito a far ancorare il mondo interiore di Piersanti all’interno della poesia italiana contemporanea, costituendo il fiore all’occhiello per i poeti e gli studiosi di oggi.
Da La breve stagione (1967) alla più recente silloge Campi d’ostinato amore (2020), il poeta urbinate ha cantato la vastità delle vicende umane senza fermarsi ad una descrizione di ciò che sentiva, ma facendole entrare all’interno di un discorso civile che gli ha permesso di diventare un fervido testimone di una civiltà in corso di sparizione, nonché di un mondo che non era solito trascurare la memoria per potersi innalzare dalle tragedie della Storia. L’isola del titolo diventa allora l’approdo ultimo per poter sfuggire alle plaghe del tempo che tutto consuma e che porta via con sé gli anni della giovinezza, alla stregua dell’Itaca omerica che il poeta sembra molto avere a cuore, ma a cui spesso pare difficile poter ritornare: “Itaca è là / così vera / e presente, / […] un’isola nel mezzo / di fitte selve, / forse impossibili / da solcare”.
Umberto Piersanti
L’isola tra le selve
Marcos y Marcos, 240 pp., 19 euro