Il capo del Cremlino usa le passioni del presidente americano, ossessionato dagli annunci, gli affari e la fretta. Passi indietro della Casa Bianca e le tempistiche sballate di Washignton e Mosca
Il professore di Studi strategici, Phillips O’Brien, ha titolato l’ultima sua newsletter sul momento houthi di Trump con la Russia e l’Ucraina. O’Brien si riferisce alla dichiarazione di vittoria del presidente americano contro il gruppo yemenita che dal 7 ottobre del 2023, per sostenere Hamas, ha dichiarato guerra a Israele e al commercio internazionale, lanciando missili contro i mercantili che transitano nel Mar Rosso e contro lo stato ebraico. L’Amministrazione americana ha iniziato una campagna militare contro gli houthi che si è rivelata ben poco efficiente. Alla fine dei bombardamenti, dopo una cifra considerevole di denaro usato per gli attacchi, Trump ha detto che gli houthi si erano arresi, ma il gruppo ha smentito il presidente americano nel giro di poche ore, precisando di aver sospeso gli attacchi nel Mar Rosso ma non la guerra contro Israele. Scrive O’Brien che Trump ha dichiarato una vittoria inesistente, senza neppure sincerarsi di aver messo al riparo dagli attacchi l’alleato israeliano. Per il presidente americano gli annunci contano più dei risultati e anche lunedì, dopo la chiamata con Vladimir Putin, ha annunciato l’inizio di negoziati “immediati” di cui il capo del Cremlino non ha mai parlato. Il segretario di stato americano Marco Rubio ieri ha ritenuto necessario precisare che Trump, durante la telefonata con Putin, non ha fatto concessioni alla Russia. Poi è toccato al portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, chiarire alcuni punti della telefonata. In primo luogo ha detto che non esiste una cornice temporale per far partire i negoziati, smentendo i colloqui “immediati” di cui aveva parlato Trump, esultando. Poi Peskov ha mostrato il nuovo approccio russo nei confronti degli Stati Uniti, sottolineando che gli americani sono percepiti dal Cremlino come attori neutrali. E’ un cambiamento di percezione molto pesante, un sovvertimento storico e diplomatico. Peskov ha parlato di neutralità, pronunciando la parola in modo leggero, ma sapeva bene che tipo di messaggio stava mandando agli ucraini.
Il ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, ha detto che Mosca sta giocando al gatto con il topo. Il Cremlino ha fatto sapere di essere pronto per i colloqui e attende la risposta di Kyiv. Zelensky invece ieri è stato impegnato in una serie di conversazioni con leader internazionali, ha parlato anche con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, perché sa che potrebbe di nuovo trovarsi sotto le accuse americane di non voler trattare la fine della guerra oppure di doversi preparare a un eventuale disimpegno degli Stati Uniti. Zelensky era convinto di essere riuscito a mostrare a Trump l’imbroglio di Putin, che parla di pace mentre guadagna più tempo per la guerra, invece ancora una volta la Casa Bianca ha mostrato di essere pronta ad ascoltare e poi a credere alle promesse del capo del Cremlino. Lunedì Trump ha detto che Russia e Ucraina devono parlare tra di loro, secondo diversi osservatori questa è stata la prima ammissione che gli Stati Uniti sono pronti al passo indietro. Kyiv teme che la Casa Bianca si allontani, per Putin invece la stanchezza americana può essere un’occasione. In un mondo spaventato dall’imprevedibilità di Donald Trump, la Russia ha puntato tutto sulla prevedibilità del presidente americano e finora non ha sbagliato. Uno dei primi funzionari molto vicini al Cremlino a reagire alla telefonata è stato Kirill Dmitriev, il capo del Fondo russo per gli investimenti all’estero. Su X Dmitriev ha scritto che la conversazione tra i due leader era andata molto bene e che Stati Uniti e Russia saranno “ottimi partner nella cooperazione economica e negli investimenti” a vantaggio dei loro paesi e del mondo. A Trump piace sentire parlare di investimenti, nel suo resoconto sulla telefonata ha scritto che la Russia non vede l’ora di fare grandi affari con gli americani, e crede che con il principio degli affari sempre e comunque sia possibile conquistare anche il presidente russo. Putin ha capito la sensibilità di Trump, ma per lui la guerra va ben oltre le possibili relazioni economiche: non lo interessano gli affari con la Casa Bianca, vuole i territori di Kyiv, costi quel che costi.
Lo stesso principio degli affari ha guidato Trump nella sua visita in medio oriente la scorsa settimana e con Israele, come con l’Ucraina, la Casa Bianca sembra pronta al passo indietro. Sempre per affari, Trump ha dato il via libera per i negoziati sul nucleare con la Repubblica islamica dell’Iran, per i quali ha pronunciato una lunga serie di dichiarazioni ottimiste. Ieri la Guida suprema Ali Khamenei ha frenato l’entusiasmo trumpiano dicendo che i colloqui con gli Stati Uniti “non vanno da nessuna parte”.