La seconda rivoluzione romena contro Simion. Parla Niculescu

Bucarest respinge il sovranismo di Simion con un’affluenza record e una mobilitazione trasversale: un voto che, secondo uno dei volti della rivoluzione del 1989, segna una nuova lezione democratica al mondo

La Romania ha dato per la seconda volta nella sua storia una lezione al mondo. La prima volta, nel 1989, con la rivoluzione contro il totalitarismo comunista. Adesso con questa rivoluzione del voto che ha dimostrato come il trumpismo e il sovranismo possono essere fermati”. Della rivoluzione del 1989 Adrian Niculescu fu un volto in Italia quando, allora in esilio, collaboratore di Radio Free Europe e docente alla Cattolica di Milano, fu chiamato in Rai per commentare in diretta la caduta di Ceausescu. Fondatore e vicepresidente dell’Istituto nazionale per la Memoria dell’esilio rumeno e docente di Storia alla scuola di Scienze politiche e Amministrazione di Bucarest, anche stavolta Niculescu è stato in prima linea contro George Simion. Al Foglio confessa che dopo avere visto i dati del primo turno non aveva troppa fiducia che potesse essere sconfitto al ballottaggio. Per questo, dopo che il primo ministro Marcel Ciolacu aveva dato le dimissioni in seguito al risultato del 4 maggio, aveva lanciato un appello alle forze politiche euro-atlantiche, chiedendo loro di formare un nuovo governo in Parlamento prima del 18 maggio, in modo da poter limitare in modo efficace un eventuale Simion presidente. “Non mi hanno dato retta, ma per fortuna non c’è stato bisogno!”, dice Niculescu.

C’è stato per fortuna un sussulto che nessuno si aspettava. Simion aveva avuto al primo turno il 40,96 per cento, e lo appoggiava Victor Ponta, con il 13,04. Per di più, eravamo inondati da informazioni sulla diaspora che avrebbe votato in massa per Simion, ed effettivamente lo hanno fatto al 55,86 per cento. Tagliandosi da soli il ramo si cui stanno seduti, perché immaginiamo che succederebbe loro se la Romania uscisse dalla Ue. Ma sono andati a votare oltre due milioni di elettori in più, e Dan ha vinto. In Romania in genere c’è una affluenza bassa. I rumeni sono pigri. ‘Cosa vuoi che cambi?’, dicono. Ma stavolta hanno capito che poteva cambiare in peggio, e sono andati al voto”. C’era pure il Partito social democratico di Ciolacu che non aveva dato indicazioni per il ballottaggio. “Ma i dati dimostrano che invece nelle roccaforti socialdemocratiche hanno votato Dan”, spiega Niculescu. Invece gli ungheresi avevano annunciato da subito barricate contro Simion, al punto da protestare contro un possibile endorsement di Orbán. “E nella regione ungherese hanno infatti votato per Dan al 92 per cento”.

Unico membro del Consiglio nazionale del Partito social democratico a chiedere un voto a favore di Dan è stata la senatrice Victoria Stoiciu, che conferma al Foglio: “Simion è stato sconfitto dalla mobilitazione. La partecipazione è stata molto più alta al ballottaggio che al primo turno, e il 65 per cento di chi si era astenuto al primo turno ed è andato a votare al secondo ha scelto Dan”. Un divario talmente alto, aggiunge, che “Simion, dopo aver iniziato in un primo momento a rivendicare la vittoria, denunciando brogli e proclamandosi presidente, ha poi riconosciuto la sconfitta”. Ma come mai questo voto della diaspora? Secondo Stoiciu, “il suo profilo somiglia di più al profilo degli elettori di Simion nel paese, per età e livello educativo. Simion è votato soprattutto da gente che ha la sola istruzione primaria, dai 30 ai 55 anni”. Niculescu ci mostra il berrettino stile Maga trumpiano dei sostenitori di Simion, con la scritta “Pleava Societății”. “Letteralmente, significa ‘pula della società’”, ci spiega. La scoria, la feccia. “Simion si compiace di rappresentare gente che si considera emarginata, e costretta a emigrare dai potenti. Ma la Romania ai tempi di Ceausescu aveva un reddito pro capite di 11 dollari, nel 2007, quando siamo entrati nell’Ue, lo stipendio medio era di 77 dollari. Adesso è 1.050. C’è ancora molto da fare, ma figuriamoci se uscendo dall’Europa non torniamo a livelli da 77 dollari!”, dice Niculescu. “Ovviamente, questo tipo di campagna non ha mancato di prendere risvolti antisemiti. A parte le solite sparate anti-Soros, hanno fatto circolare immagini di Dan con la kippah. Definito jidan, in senso spregiativo. E Dan non è ebreo: aveva semplicemente partecipato a un evento in sinagoga, dove gli ospiti si coprono la testa”.

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