I danni dei subappalti, la battaglia per la trasparenza, i rischi del dopo Pnrr: l’anno visto dall’Anac

Il presidente dell’Autorità anticorruzione Busìa: la rapidità degli appalti non è tutto. Incognite sui lavori pubblici del dopo-Pnrr

Una complicata “trasparenza algoritmica”, come branca emergente della trasparenza amministrativa, per prendere le misure dall’interno all’Intelligenza artificiale, che già abita largamente le procedure degli appalti pubblici. La delusione per una crescita limitata al 2 per cento dei bandi di gara con clausola che dovrebbe favorire l’inserimento delle donne e la parità di genere negli acquisti dello stato (nonostante il Pnrr). Le difese schierate verso un subappalto che da sempre è guardato con sospetto in Italia ma che oggi più che mai diventa il regno dell’informalità.

Un subappalto pervasivo, a cascata, senza più limiti, che rischia di destrutturare ulteriormente settori economici già provati e di danneggiare le Pmi che dovrebbero beneficiarne. Infine, l’eterna battaglia per la trasparenza che in questo momento non gode certo di buona salute se il 98 per cento del numero degli appalti viene assegnato con affidamento diretto senza gara. Sono le quattro novità più significative per il mercato italiano degli appalti emerse dalla Relazione annuale che il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione (Anac), Giuseppe Busìa, ha tenuto ieri alla Camera.

Nonostante il rafforzamento delle reti internazionali con organismi gemelli e il rapporto di ferro dell’Anac con la commissione Ue, la Relazione di Busìa tiene conto di un contesto difficile: la corruzione rialza la testa (nelle classifiche di Transparency International l’Italia perde due punti e dieci posizioni), mentre i giganti economici internazionali orientano a piacimento l’opinione pubblica e si avvicinano al fenomeno estremo della “cattura dello stato”. Busìa si sforza di vedere allora il lato positivo, per esempio sulla vicenda americana. Se in materia di difese anticorruzione e di trasparenza sono “preoccupanti i passi indietro della nuova Amministrazione statunitense, che auspichiamo temporanei”, per l’Unione europea diventano addirittura un “regalo” perché garantiscono “una finestra di opportunità per conquistare un ruolo di leadership globale, essenziale per favorire lo sviluppo e l’attrazione degli investimenti”. Sempre che – sia chiaro – la Ue tenga la barra dritta e approvi rapidamente la direttiva sulla corruzione.

Sul fronte italiano c’è la soddisfazione per aver scavallato con una buona performance complessiva l’anno della digitalizzazione degli appalti, anche se “c’è ancora tanta strada da fare”. Ma in fondo l’unico dato strategico che il presidente Anac può davvero vantare è la riduzione del numero delle stazioni appaltanti da 26 mila a 5 mila: un tipico problema italiano in via di soluzione. Più ombre che luci, per il resto, in un mercato dei lavori pubblici che si appresta a entrare nel tunnel buio e incerto del dopo-Pnrr: le nuove procedure sono ammontate nel 2024 a 270 miliardi di euro per lavori, servizi e forniture, con una riduzione del 38,9 per cento rispetto al 2023. Combinato con la perdita verticale di trasparenza, il dato porta a una previsione non certo rosea per i prossimi anni: il rischio è l’espulsione dal mercato o la marginalizzazione di una grande quantità di imprese e la penalizzazione di quelle migliori.


In questo Busìa la pensa esattamente come la presidente dell’Associazione nazionale dei costruttori (Ance), Federica Brancaccio, in un asse della trasparenza che però si rivela ancora fragile rispetto alla determinazione del ministro Salvini di favorire, con il codice appalti, assegnazioni senza gara formale e fuori di un mercato effettivamente concorrenziale. “La rapidità degli affidamenti non è il parametro fondamentale su cui misurare il buon andamento del mercato”, ripete Busìa.

Niente sconti neanche sul Pnrr. “Preoccupa – dice il presidente Anac – l’affidamento della spesa, in alcuni settori ancora inferiore al 30 per cento delle risorse destinate”. Per uscirne vivi, la cosa migliore è “la creazione di un collegamento tra il Pnrr e gli altri finanziamenti europei e nazionali, affinché i progetti più strategici possano proseguire, soprattutto nei settori dove si registrano i maggiori ritardi”. Anche sul recente correttivo al codice degli appalti, Busìa ringrazia il governo per le sue proposte che sono state accolte ma quelle che non sono state accolte sono anche di più. Oltre allo scontro sulla trasparenza del mercato, spiccano il mancato inserimento dell’obbligo per le imprese di dichiarare il titolare effettivo dell’azienda dietro le schermature formali e la mancata reintroduzione delle verifiche preventive per gli affidamenti in house alle società pubbliche.

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