Nell’ultimo mese il tycoon è scomparso dai post e dalle email di Trump e dei repubblicani. Il gelo (senza battibecchi) con i trumpiani
“Farò sempre meno in futuro, credo di aver fatto abbastanza”, ha detto ieri Elon Musk in un’intervista a Bloomberg News durante l’Economic Forum del Qatar, collegato in video. “Se vedo una ragione per continuare a spendere nella politica, lo farò, ma oggi non ne vedo la ragione”. L’uomo più ricco del mondo si riferiva, in questa dichiarazione, alle spese per la politica, ed essendo stato lui il più grande finanziatore di tutto il ciclo elettorale del 2024 – a sostegno di Donald Trump – il suo passo indietro non è cosa da poco, in particolare per lo stesso presidente degli Stati Uniti e il Partito repubblicano. Musk ha anche detto di voler continuare a guidare Tesla, la compagnia di auto elettriche che ha registrato un calo significativo quest’anno, dopo il primo anno di calo nel 2024 in dieci anni. Poiché il tycoon è stato ricompensato da Trump per la sua generosità con la guida di un finto ministero, il dipartimento per l’Efficienza dello stato, il Doge, questo suo doppio ruolo, cioè tagliare posti di lavoro dell’amministrazione pubblica mentre guida le sue aziende globali, è diventato materia di analisi e di scrutinio.
Musk ha detto che la situazione di Tesla sta migliorando, il mercato europeo è il più debole ma gli altri no, c’è stata una campagna della sinistra contro l’azienda, “violenta e massiccia”, i manifestanti “sono dalla parte sbagliata della storia, e questa è una cosa maligna da fare, bisogna fare qualcosa, alcuni andranno in prigione, se lo meritano”, ma i compratori di destra sono aumentati e compensano i facinorosi. Il titolo in Borsa ha subito avuto un balzo verso l’alto, che poi si è assestato, ma queste oscillazioni sono ancora piccole per recuperare il 14 per cento del valore perduto nel 2025. Musk non ha intenzione di lasciare l’azienda – come si è vociferato dopo che un giudice del Delaware ha per due volte bocciato le decisioni del board di Tesla sui pagamenti decisi nel 2018 per Musk dicendo che l’imprenditore influenza in modo improprio lo stesso board – e anzi sembra semmai intenzionato a ridurre il suo coinvolgimento nella politica.
In realtà lo ha già ridotto. Politico ha studiato i post pubblici e le email di fundraising di Trump e dei trumpiani e ha rilevato che Musk “è praticamente scomparso”. Il presidente, che citava Musk con grande frequenza, non ha postato nulla su di lui nell’ultimo mese; anche i repubblicani al Congresso che usavano Musk come se fosse una bacchetta magica non ne parlano più, soprattutto nelle comunicazioni in cui organizzano la raccolta fondi. “Il monopolio di Musk nel discorso pubblico – scrive Politico – nell’informazione e sui social media sembra essersi spezzato, in gran parte a causa del fatto che Trump e i repubblicani hanno smesso di parlare di lui”. La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, interpellata da Politico su questo silenzio, non ha citato direttamente Musk: “La missione del Doge, che è quella di tagliare sprechi, imbrogli e abusi, continuerà; i dipendenti del Doge continueranno a lavorare con il governo del presidente Trump per rendere la macchina pubblica più efficiente”. Sembra che anche Leavitt, di solito brutalmente esplicita, abbia il mandato di non parlare troppo di Musk. Alcuni repubblicani pensano addirittura che la presenza di Musk sia diventata un problema: è successo in particolare dopo le elezioni in Wisconsin per un giudice della Corte suprema dello stato, quando il tycoon ha tenuto comizi, ha promesso premi in denaro a chi si iscriveva nei registri per votare, ha speso milioni di dollari e il suo candidato ha perso. Tutti i tagli fatti dal Doge – caotici, a volte irresponsabili, il più delle volte ideologici – hanno poi fatto piombare la popolarità di Musk, anche tra gli elettori che soltanto sette mesi fa hanno votato per Trump. Frank Luntz, che gestisce i più importanti focus group per il Partito repubblicano, ha spiegato che gli elettori sono contenti dei tagli agli sprechi, “ma non amano il modo con cui sono stati fatti: la missione di Musk è certamente utile, ma i suoi toni no”.
Il silenzio su Musk è cominciato con l’introduzione da parte dell’Amministrazione Trump dei dazi globali, una decisione che allo stesso tycoon è costata cara. Si sono moltiplicate le dichiarazioni di Musk sul suo voler tornare a occuparsi dei suoi affari, pur senza porre fine all’attività del Doge (che ha un mandato di due anni), ma sempre in un modo ambiguo e comunque mai ostile nei confronti dello stesso Trump. Secondo molte fonti non c’è stato nessuno scontro tra i due, non si è consumato il loro rapporto, anche se il presidente è molto sensibile al fatto che il suo miliardario di riferimento non sia più un re Mida in termini elettorali. Più che altro, Musk sta approfittando del fatto di essere nel cuore del governo per fare nuovi accordi: fa politica estera, ma per se stesso, e forse di essere citato nei post dei trumpiani non ne ha poi tanto bisogno.