Gli altoforni spenti e l’Ilva si consuma

Tutta la favola ursiana si è disintegrata al primo incidente (del tutto prevedibile) avvenuto in fabbrica, e adesso di miliardi ne servono 7, mentre lo stato ha già bruciato altri 400 milioni di prestito ponte. Lunedì un nuovo incontro, stavolta al ministero del Lavoro

Nonostante la narrazione del ministro Urso, che fino a una settimana fa si vantava di aver salvato Ilva espropriandola ad ArcelorMittal, la situazione è precipitata, tantoché il sottosegretario Mantovano aprendo il tavolo con i metalmeccanici a Palazzo Chigi ha ammesso come quello di ieri fosse l’incontro più difficile da inizio governo. Tutta la favola ursiana si è disintegrata al primo incidente avvenuto in fabbrica che ha portato al sequestro senza facoltà d’uso di uno dei due altoforni in funzione. Incidente del tutto prevedibile, data l’obsolescenza degli impianti. Il ministro ha scaricato alla procura di Taranto (mai innocente) il suo fallimento, ma la vendita messa in scena da Urso non è mai stata concreta. A bando concluso e vinto da Baku Steel, non si conoscono né l’offerta economica né il piano industriale.

Né si può credere che chi ha partecipato a una gara per l’acquisizione di una fabbrica sapendo che da oltre 10 anni è sotto sequestro – e da allora in mano a magistrati, enti locali e al governo che l’ha espropriata agli ultimi acquirenti che ci avevano investito 4 miliardi – si spaventi di un ennesimo sequestro. Adesso di miliardi ne servono 7, mentre lo stato ha già bruciato altri 400 milioni di prestito ponte. Ora tutti chiedono la nazionalizzazione: sindacati, Salvini ed Emiliano (che vuole fare entrare nel cda l’Acquedotto Pugliese). L’incontro di ieri si è interrotto e riparte lunedì, ma da Palazzo Chigi si sposta al ministero del Lavoro: sul tavolo aumento della cassa integrazione straordinaria, scivoli pensionistici, e leggi speciali per ammortizzatori sociali. Finirà così.

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