Il presidente dell’istituzione accademica: “I partiti vadano nel dettaglio delle proposte. L’emendamento della maggioranza sul contratto unico è un’ottima notizia per i nostri ragazzi. Il piano per attrarre cervelli in fuga dagli Usa? Serve un approccio europeo non provinciale”
“E’ un’ottima notizia, che accogliamo con grande soddisfazione”. Il presidente dell’Accademia Nazionale dei Lincei Roberto Antonelli era stato tra coloro che avevano chiesto, con una lettera indirizzata alle forze politiche, una correzione alle storture del contratto unico di ricerca. Ieri questa correzione è arrivata: l’emendamento Occhiuto-Cattaneo in discussione al Senato, che introduce forme contrattuali più flessibili attorno al contratto nazionale, con la creazione di due nuove figure (incarichi di ricerca e post-doc), è stato infine approvato in commissione Cultura. “Abbiamo molto insistito perché l’iter si completasse, per questo siamo soddisfatti. Il nostro era un appello rivolto a tutte le forze politiche, ma alcuni hanno preferito fare battaglie strumentali, non pensando agli interessi del paese e della comunità scientifica”, ragiona Antonelli parlando col Foglio. Un passaggio fondamentale perché, come avevano notato gli accademici in quella lettera indirizzata al Parlamento, e firmata anche dal premio Nobel Giorgio Parisi, un mancato intervento normativo avrebbe tenuto i ricercatori italiani lontani dalle borse europee Marie Sklodowska-Curie, per cui nel 2025 la Commissione europea è intenzionata a spendere 1,2 miliardi di euro. “Una norma che riguarda anche altre questioni a livello europeo. E che ci permetterà di aprire meglio le porte ai ricercatori in fuga dagli Stati Uniti, per ragioni politiche e istituzionali”, ragiona ancora Antonelli, professore emerito di Filologia romanza all’Università La Sapienza di Roma. Il ministro Bernini l’ha definita “una risposta attesa dalla comunità scientifica”. Tanto che anche la Crui ha espresso “piena soddisfazione”.
Eppure ancora ieri, all’esterno di Palazzo Madama, ci sono state contestazioni contro l’approvazione dell’emendamento Occhiuto. Il Pd ha detto che con l’intervento normativo “si sancisce il ritorno ad un sistema imperniato sullo sfruttamento dei ricercatori”, annunciando un’opposizione “ancora più dura”. E nei giorni scorsi Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil, sul Manifesto aveva già anticipato la volontà di procedere con “nuovi esposti di reversal” contro la norma in discussione. Il segno che sindacati e partiti di minoranza hanno preferito fare opposizione fine a se stessa invece che ascoltare le richieste del mondo accademico? “Sono perfettamente d’accordo”, risponde Antonelli. “Io distinguerei tra i sindacati, che perseguono e rappresentano legittimi interessi di categorie specifiche. E i partiti, che pur essendo di parte dovrebbero avere la capacità di fare gli interessi di tutti, del paese. Noi dal punto di vista scientifico andiamo a toccare questioni che interessano la politica, ma lo facciamo sempre con un rigore scientifico, partendo dai dati e procedendo per tentativi, per approssimazione. A me – prosegue Antonelli – a volte sembra che le forze politiche non facciano lo sforzo di entrare nel merito di ciò di cui si parla. E invece su questioni come la ricerca non si possono tenere in ostaggio i ricercatori solo per fare delle battaglie politiche. Il nostro era un sostegno all’emendamento, ma avremmo sostenuto anche una proposta delle altre forze politiche, qualora fosse arrivata o arrivasse in futuro”.
Lo sblocco dei fondi delle borse Marie Sklodowska-Curie, peraltro, rilancia anche la questione del piano europeo per attrarre cervelli in fuga dai campus americani. Qualche settimana fa il presidente francese Macron ha presentato il piano francese, indispettendo il governo italiano, che preferirebbe una regia europea. Che idea si è fatto? “I singoli paesi da soli non hanno le risorse per competere con il sistema della ricerca mondiale. Penso, per fare un altro esempio, al settore dell’intelligenza artificiale, per cui noi abbiamo chiesto la creazione di un grande centro di ricerca a livello europeo”, risponde il presidente dell’Accademia dei Lincei. “Proprio per questo abbiamo rivolto un appello alle principali istituzioni accademiche dei paesi europei, che ci hanno già dato la loro disponibilità a collaborare. Non mi pongo un problema di primato nazionale, se si va in quella direzione si sposa un approccio provinciale di natura sovranista. E invece qualora ci fossero singole iniziative, vanno messe a sistema a livello europeo. E’ l’unico modo per non essere condannati, in futuro, a scontare una posizioni di subalternità con le altre grandi potenze mondiali”.