Libertà religiosa, giustizia e verità. Leone archivia l’èra della diplomazia frenetica

Il discorso del Pontefice al Corpo diplomatico tenuto ieri mattina riveste un’importanza capitale per capire come si orienterà la diplomazia del pontificato, almeno nelle sue prime fasi. Intanto, il Papa ha sottolineato che lui agirà “tramite il costante e paziente lavoro della Segreteria di stato”

Roma. Non avrà l’effetto emozionale del giovanpaolino “non abbiate paura” scandito domenica scorsa al Regina Coeli, ma il discorso di Leone XIV al Corpo diplomatico tenuto ieri mattina riveste un’importanza capitale per capire come si orienterà la diplomazia del pontificato, almeno nelle sue prime fasi. Intanto, il Papa ha sottolineato che lui agirà “tramite il costante e paziente lavoro della Segreteria di stato”, cosa non affatto scontata dopo dodici anni in cui Francesco ha sovente agito lui in prima persona nel determinare le linee d’azione politica, costringendo la diplomazia a inseguire e uniformarsi, a spiegare e dare una cornice di normalità ai gesti di Jorge Mario Bergoglio. Ora si cambia. E lo si fa tenendo presente “tre parole-chiave che costituiscono i pilastri dell’azione missionaria della Chiesa e del lavoro della diplomazia della Santa Sede”, ha detto Leone XIV. Innanzitutto, la pace: “Troppe volte la consideriamo una parola ‘negativa’, ossia come mera assenza di guerra e di conflitto, poiché la contrapposizione è parte della natura umana e ci accompagna sempre, spingendoci troppo spesso a vivere in un costante ‘stato di conflitto’: in casa, al lavoro, nella società. La pace allora sembra una semplice tregua, un momento di riposo tra una contesa e l’altra, poiché, per quanto ci si sforzi, le tensioni sono sempre presenti, un po’ come la brace che cova sotto la cenere, pronta a riaccendersi in ogni momento”.

Il Papa ha detto di ritenere fondamentale il dialogo interreligioso, ma è necessario “il pieno rispetto della libertà religiosa in ogni paese, poiché l’esperienza religiosa è una dimensione fondamentale della persona umana, tralasciando la quale è difficile, se non impossibile, compiere quella purificazione del cuore necessaria per costruire relazioni di pace”. La seconda parola è giustizia: “Perseguire la pace esige di praticare la giustizia. Nel cambiamento d’epoca che stiamo vivendo, la Santa Sede non può esimersi dal far sentire la propria voce dinanzi ai numerosi squilibri e alle ingiustizie che conducono, tra l’altro, a condizioni indegne di lavoro e a società sempre più frammentate e conflittuali”. Ancora, “è compito di chi ha responsabilità di governo adoperarsi per costruire società civili armoniche e pacificate. Ciò può essere fatto anzitutto investendo sulla famiglia, fondata sull’unione stabile tra uomo e donna, ‘società piccola ma vera, e anteriore a ogni civile società’. Inoltre, nessuno può esimersi dal favorire contesti in cui sia tutelata la dignità di ogni persona, specialmente di quelle più fragili e indifese, dal nascituro all’anziano, dal malato al disoccupato, sia esso cittadino o immigrato”. Infine, ed è qui la novità – o meglio, la riscoperta – l’uso della parola “verità”: “Non si possono costruire relazioni veramente pacifiche, anche in seno alla Comunità internazionale, senza verità. Laddove le parole assumono connotati ambigui e ambivalenti e il mondo virtuale, con la sua mutata percezione del reale, prende il sopravvento senza controllo, è arduo costruire rapporti autentici, poiché vengono meno le premesse oggettive e reali della comunicazione. Da parte sua – ha detto il Papa – la Chiesa non può mai esimersi dal dire la verità sull’uomo e sul mondo, ricorrendo quando necessario anche a un linguaggio schietto, che può suscitare qualche iniziale incomprensione, La verità però non è mai disgiunta dalla carità, che alla radice ha sempre la preoccupazione per la vita e il bene di ogni uomo e donna. D’altronde, nella prospettiva cristiana, la verità non è l’affermazione di principi astratti e disincarnati, ma l’incontro con la persona stessa di Cristo, che vive nella comunità dei credenti. Così la verità non ci allontana, anzi ci consente di affrontare con miglior vigore le sfide del nostro tempo, come le migrazioni, l’uso etico dell’intelligenza artificiale e la salvaguardia della nostra amata Terra. Sono sfide che richiedono l’impegno e la collaborazione di tutti, poiché nessuno può pensare di affrontarle da solo”. A poco più di una settimana dall’elezione, Leone XIV rispolvera la “diplomazia della verità” cardine dell’azione del pontificato di Benedetto XVI: dialogo sì, sempre e con tutti. Ma con paletti ben chiari e princìpi ben saldi.

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  • Matteo Matzuzzi
  • Friulsardo, è nato nel 1986. Laureato in politica internazionale e diplomazia a Padova con tesi su turchi e americani, è stato arbitro di calcio. Al Foglio dal 2011, si occupa di Chiesa, Papi, religioni e libri. Scrittore prediletto: Joseph Roth (ma va bene qualunque cosa relativa alla finis Austriae). È caporedattore dal 2020.

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