Con il crollo delle nascite, i brand della prima infanzia puntano su anziani e pet

L’inverno demografico fa sprofondare le vendite di culle, giocattoli e carrozzine. Società e sindacati valutano di riconvertire i propri impianti e aprirsi a nuovi mercati, ma la concorrenza cinese mette paura. Voci dal settore

Meno nascite, meno passeggini. Il fenomeno delle culle vuote si riflette sui bilanci delle imprese che fabbricano prodotti per neonati e bambini, un tempo fiore all’occhiello del tessuto industriale italiano e oggi drammaticamente esposte all’inverno demografico. Nell’ultimo bilancio demografico di maggio, l’Istat conta una popolazione di poco meno di 59 milioni di individui, con un saldo naturale (la differenza tra nati e deceduti) perennemente negativo. Nel 2024 ci sono stati circa 370 mila nuovi nati: in diminuzione di circa 10mila unità rispetto all’anno precedente e circa un terzo in meno rispetto ai picchi registrati negli anni ’70 -’80, quando le nascite erano abbondantemente al di sopra del mezzo milione (nel 1971 i nuovi nati erano stati 911mila; 628 mila nel 1981).

In quegli anni, l’Italia primeggiava nel settore della prima infanzia. La provincia di Bergamo era ricca di fabbriche specializzate nella produzione di prodotti per bambini, dice al Foglio Vincenzo Zammito, sindacalista della Fim-Cisl Bergamo: “Il distretto dava lavoro a centinaia di dipendenti, ma negli anni tutte queste società sono scomparse. Sono rimaste solo la Cam e Foppapedretti”. Quest’ultima, storicamente nota per culle e seggioloni in legno, negli anni ’90 vendeva circa 100.000 seggioloni e 80.000 lettini per bambini all’anno. “Oggi se vendiamo 30.000 lettini per bambini è un anno d’oro”, ha detto il presidente Luciano Bonetti a Reuters. Ad Arcore, a pochi chilometri di distanza, si trova la sede della Peg Pérego. Pur essendo un marchio storico del comparto della prima infanzia, da circa sei anni la società fa stabilmente ricorso agli ammortizzatori sociali. Di recente ha annunciato il taglio di 53 dipendenti su 111, disponendo anche incentivi all’esodo.

Da Arcore a Como, anche Chicco non se la passa bene. Nel 2023 il gruppo che lo gestisce, Artsana, ha annunciato 90 esuberi nello stabilimento di Verolanuova, pari a circa la metà dei 184 dipendenti, a causa del calo della natalità e delle incertezze di mercato legate al conflitto tra Russia e Ucraina. Nel complesso, tra natalità bassa e concorrenza spietata della Cina, “il settore perde circa il 3 per cento ogni anno”, ci spiega Gianfranco Ranieri, presidente di Assogiocattoli, che rappresenta diversi produttori di articoli per bambini.

Mentre i prodotti per la prima infanzia vendono sempre meno, quelli per gli animali vanno alla grande. In Italia la pet economy ha superato i 3 miliardi di euro solamente per quanto riguarda il comparto food, mentre la vendita di accessori nella grande distribuzione vale 83,7 milioni di euro, nonostante una flessione del 2,6 per cento del fatturato. Al contrario di quanto avviene per le culle, la popolazione di animali di compagnia è rimasta stabile dall’anno scorso: pari a quasi 65 milioni di esemplari, di cui 20 rappresentata da cani e gatti.

Il mercato del pet si mostra solido e robusto, quasi quanto quello legato al mondo della terza età, anche detto silver economy. La domanda certamente non manca. Tra il 2004 e il 2024 i residenti di 65 anni e più sono aumentati di oltre 3 milioni, e oggi ammontano a 14 milioni 358 mila. Di conseguenza, stima Confindustria, il valore della spesa prodotta da questa fascia d’età è di circa 200 miliardi di euro, quasi un quinto dell’intero ammontare dei consumi delle famiglie residenti. Entro i prossimi cinque anni potrebbe salire fino al 25 per cento del totale, per poi toccare il 30 per cento entro il 2050.

Un mercato florido e con ampi margini di crescita, tanto da ingolosire qualche grande nome del settore della prima infanzia. Lo ha confermato il presidente di Foppapedretti a Reuters, dicendo che l’azienda starebbe considerando di diversificare la propria produzione includendo anche poltrone reclinabili per gli anziani. Lo sta valutando anche Cam, storico produttore di articoli per l’infanzia con stabilimenti a Telgate e Grumello del Monte, in provincia di Bergamo. “Stiamo cercando di capire come riconvertire la nostra produzione, per utilizzare una capacità produttiva che oggi non sta lavorando a pieno regime”, spiegano dall’azienda al Foglio. L’idea è stata accolta bene dai sindacati: “Lo abbiamo suggerito anche noi. Il nostro interesse è mantenere la piena occupazione e farla crescere”, ci dice Zammito, che però avverte: “I prodotti per la terza età e i pet subiscono una forte concorrenza da parte della Cina”. Per questo si considerano alternative. “Un’altra opzione sarebbe proporci come produttori per marchi terzi nel comparto medicale, ma anche in altri settori”, proseguono da Cam.

L’idea di puntare su anziani e animali da compagnia, però, non convince tutti. “È una boutade, un’idea simpatica ma scarsamente realizzabile – ci dice il numero uno di Assogiocattoli – Le riconversioni industriali necessitano di grossi capitali, e il nostro settore è composto in gran parte da piccole e medie imprese: al momento non è qualcosa di economicamente sostenibile”.

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