È il giorno dopo – dopo il question time alla Camera in cui la segretaria del Pd Elly Schlein ha parlato di Sanità e il leader del M5s Giuseppe Conte di politica estera, chiedendo a tutti di alzarsi in piedi per Gaza e dicendo cose che la segretaria del Pd non dirà mai (perché non le pensa o perché non è il caso), ben sapendo però che Schlein spesso non parla di quello di cui parlerebbe volentieri, pur di tenere in piedi l’alleanza con il M5s.
Ed ecco che oggi 15 maggio l’occasione del recupero sul lato estero si è presentata per la segretaria del Pd sotto forma di partecipazione alla presentazione del libro del deputato dem Enzo Amendola, già ministro per le Politiche Europee. Titolo: “L’Imam deve morire” (ed.Mondadori), romanzo che racconta la vera vicenda di Musa al -Sadr, imam degli sciiti libanesi scomparso come Aldo Moro nel 1978.
E dunque: Schlein gioca in casa, ché sono presenti in sala molti esponenti dem, in primis la capogruppo alla Camera Chiara Braga, e poi, tra gli altri, gli ex ministri Peppe Provenzano e Andrea Orlando e i deputati Matteo Orfini e Arturo Scotto, oltre ad alcuni parlamentari della minoranza interna pd. Ma il teatro è amico: accanto ad Amendola, a rispondere alle domande della giornalista di Skytg24 Giovanna Pancheri, non c’è infatti soltanto Schlein, ma anche Andrea Riccardi, fondatore della comunità di Sant’Egidio, pacifista e, per sua definizione, pacificatore. Aleggia tuttavia il fantasma dell’ex premier Paolo Gentiloni (ospite previsto a una delle prossime presentazioni del libro di Amendola in quel di Milano) e aleggia anche il fantasma del “nessun dorma, l’immobilismo non è un’opzione” pronunciato a Coimbra dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e dall’ex premier Mario Draghi su difesa europea e dazi.
E insomma si capisce che Schlein ha voglia di parlare di Gaza. Ci sono parlamentari dem in viaggio per Rafah, dice, mentre dal palco si ricorda che Walter Veltroni ha proposto una manifestazione con un post su Instagram: “Ma perché diavolo non si promuove una manifestazione con centinaia di migliaia di persone contro il massacro che Nethanyau sta compiendo a Gaza, contro il terrorismo, per due popoli e due stati? Muoiono a decine di migliaia, nell’incredibile silenzio del mondo”, ha scritto il padre fondatore del Pd. Schlein parla, sì, della voglia di mobilitazione, ma più che soffermarsi sull’idea di Veltroni, preferisce rammentare agli astanti che Pd, Avs e M5s hanno già presentato una mozione “di opposizione a Netanyahu”, e annuisce mentre Riccardi parla di pace e mentre la platea applaude chi cita il board del Financial Times che accusa di colpevole silenzio l’occidente su Gaza.
“Fa male, a una europeista come me, che l’Europa non sia stata capace di dotarsi di una voce comune”, dice la segretaria pd, “arrabbiata”, così si descrive, sia per le assenze della Ue in Medio Oriente (“la pace non si fa da sola”) sia per quelle della premier Giorgia Meloni a Kiev.
Altro che Meloni pontiera, è il concetto: “Meloni ha fatto male a non andare a Kiev”, dice la segretaria dem, ricordando la famosa foto di Draghi con Macron e Scholz: “Stesso treno, più o meno stessa foto, però non c’era più l’Italia, c’era il Regno Unito: e non solo gli altri leader si sono visti per parlare di cessate del fuoco e di un percorso verso una pace giusta, ma anche di capire a quali condizioni.
C’è stata la telefonata con Trump, e Meloni non c’era. L’Europa c’era, l’Italia in panchina”. E anche se l’Ucraina fa capolino, il discorso punta di nuovo a Gaza: no al “ripiegamento”, ripete Schlein, no alla politica europea “ombelicale”, “riportiamo al centro il multilateralismo. Stavolta è Riccardi ad annuire e la platea ad applaudire. E chissà se il fratello-coltello del campo largo di nome Conte, là fuori, si è messo di nuovo in ascolto.