La capitale libica si trasforma in un campo di battaglia per una notte, ridisegnando la mappa del potere nell’ovest del paese. Il premier ora punta a prendere Mitiga
Martedì mattina, Tripoli si è risvegliata con l’illusione di avere anch’essa un “uomo forte”, un po’ come lo è Haftar per Benghazi, un leader in grado di amministrare la sicurezza e l’economia dell’ovest della Libia. Il premier Abdelhamid Dabaiba, dato per finito più e più volte negli ultimi mesi, ha usato il pugno duro per dimostrare di avere la risolutezza necessaria a governare una città divisa fra gruppi criminali e milizie. Nella notte, la capitale libica si è trasformata in un campo di battaglia, dopo che per tutto il giorno convogli armati si erano spostati da Misurata, il feudo di Dabaiba, a Tripoli. Poi, in serata, Abdel Ghani al Kikli, meglio noto come “Ghnewa”, è stato ucciso a sud della capitale, nel campo militare di Tekbali. La ricostruzione ufficiale parla di un incontro finito male, una riunione di alto livello che vedeva la partecipazione dei tre “emissari” di Dabaiba, Emad Trabelsi, ministro dell’Interno, Abdul Salam al Zoubi, viceministro della Difesa e comandante della Brigata 111, e Mahmoud Hamza, capo della Brigata 444. Come in una resa dei conti tra gang rivali, da un alterco si sarebbe passati rapidamente allo scontro armato e quindi all’uccisione di Ghnewa e della sua scorta. L’omicidio del comandante dello Stability Support Apparatus, un ombrello di milizie che fino a ieri era considerato il vero padrone di Tripoli, ha dato inizio ai combattimenti.
Mentre le ambasciate straniere consigliavano ai propri connazionali di restare al sicuro in casa, l’aeroporto di Mitiga è stato evacuato e gli aerei civili sono decollati rapidamente, uno dopo l’altro, per mettersi in sicurezza a Misurata. Le brigate fedeli a Dabaiba, la 444 e la 111 – entrambe addestrate e armate dai turchi – hanno costretto alla fuga gli uomini di Ghnewa e quelli dell’Agenzia per la sicurezza interna, i servizi segreti diventati diretta emanazione del capo milizia ucciso. Sembra che il loro comandante, Lotfi al Harari, accusato di svariati crimini contro l’umanità, sia ora in arresto a Zintan, la città del ministro Trabelsi, uno degli artefici della manovra militare ordinata da Dabaiba. Le brigate governative hanno preso il controllo del quartier generale dello Stability Support Apparatus e del carcere di Abu Salim, il luogo dei massacri e delle torture ai danni dei migranti gestito da Ghnewa, che tra le sue fonti di reddito aveva anche le estorsioni imposte alle famiglie dei detenuti in cambio della loro libertà.
La dinamica dell’uccisione di Ghnewa somiglia più a quella di un’imboscata ordita da Dabaiba che a una trattativa finita male. Wolfram Lacher, esperto di Libia del German Institute for International and Security Affairs, racconta al Foglio come gli attriti tra i due continuassero da mesi. “Dabaiba ha pianificato la resa dei conti da tempo, come dimostra il rafforzamento delle sue forze attorno alla capitale che andava avanti da settimane. Con il cambio alla guida della Banca centrale lo scorso ottobre, Ghnewa era diventato troppo potente, capace di influenzare un’istituzione chiave”, spiega Lacher. Ora che è morto, Dabaiba ha un ostacolo in meno per prendere il controllo dell’istituto e cercare una soluzione alla crisi economica della Libia. La spesa pubblica fuori controllo per la scelleratezza con cui la classe politica corrotta ha gestito per anni i proventi del greggio è il principale problema del paese, afflitto anche dall’inflazione e dalla crisi valutaria. Tra gli innegabili vantaggi che il premier potrebbe avere d’ora in avanti c’è la possibilità di decidere il nuovo presidente della National Oil Corporation (Noc) “mediando solamente con gli Haftar a est, senza dovere consultare prima Ghnewa”, aggiunge Lacher. “Ma è presto per cantare vittoria. Non è detto che ora le cose si risolvano con più facilità – avverte una fonte diplomatica dalla Libia – per quanto sia innegabile che oggi il premier è più forte di quanto non lo fosse fino a ieri”.
Sul piano della sicurezza Dabaiba potrebbe trarre i benefici maggiori. La riconquista del quartiere di Abu Salim, il quartier generale di Ghnewa, riporta nelle mani del governo il controllo del territorio di quasi tutta Tripoli. Quasi, perché resta ancora sospesa la questione di Mitiga, dove si trova l’aeroporto che è gestito dalla Rada, le forze che fanno capo ad Abdul Rauf Kara, da cui dipende a sua volta la Polizia giudiziaria, ormai ben nota anche in Italia per le vicissitudini recenti del suo comandante, Osama Njeem Almasri. Finora gli uomini della Rada sono rimasti al loro posto, ma è probabile che Dabaiba decida di occuparsi anche di loro, perché sono l’unica forza armata che gli impedisce di prendere il controllo di tutta Tripoli.
L’Europa intanto osserva da spettatrice interessata gli ultimi sviluppi. Un Dabaiba più forte, soprattutto nel momento in cui era considerato più debole che mai, fa piacere a Bruxelles e a Roma, che guardano a quel che sarà del controllo delle rotte migratorie. “Se dopo Tripoli il governo decidesse ora di lanciare un’offensiva analoga anche più a ovest, a Zawiya che è il punto di partenza di gran parte dei barconi, significherebbe smantellare le reti dei trafficanti”, si augura una fonte diplomatica occidentale. “Alla fine, è ciò che davvero interessa all’Europa”.